13/09/2012 12:25 CEST - Personaggi

Le sette meraviglie di Mosquito

TENNIS - Il torneo di Valencia sarà l'ultimo di Juan Carlos Ferrero. Mosquito lascia con un trionfo al Roland Garros, quattro Masters Series e la Davis vinta nel 2000 quasi da solo. Ecco le sette partite che ne hanno segnato la carriera. Federico Romagnoli

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Ferrero
Ferrero

Ahi ahi Mosquito, ci siamo appena ripresi per il ritiro di A-Rod e ci tramortisci così?

Ebbene sì, dal torneo di Valencia calerà il sipario sulla carriera di Juan Carlos Ferrero. Ora che la generazione intercorsa fra l’impero di Sampras e quello di Federer perde inesorabilmente un pezzo dopo l’altro, finalmente tutti si accorgono di quanto valesse.

Il salto logico che vorrebbe Hewitt, Roddick, Safin e Ferrero piccoli tappabuchi che hanno approfittato di un periodo di vuoto non è dimostrabile in alcun modo, anzi: e se quel vuoto l’avessero provocato loro? Se Sampras fosse decaduto e Federer non fosse esploso prima proprio a causa della presenza di così tanti talenti in contemporanea?

A rompere l’incantesimo di Sampras fu proprio Safin: dopo essere stato severamente sconfitto a Flushing Meadows nel 2000 Pistol Pete non vinse più alcun titolo per due anni. L’anno dopo a disintegrarlo in finale fu Hewitt, e non può valere la scusa che non fosse più il Sampras di un tempo, visto che a New York rimase competitivo fino alla fine.

E che dire di Federer? Prima di decriptare il gioco di Hewitt ci perse sette volte su nove (tutte nel periodo del cosiddetto interregno, 2000-2003); con Ferrero è riuscito a distaccarsi negli head-to-head solo nel 2005; con Safin perse a Melbourne nel 2005 all’apice della forma: solo con Roddick ha avuto vita relativamente facile, non perché Andy fosse più scarso degli altri ovviamente, ma per lo stile di gioco che si incastrava alla perfezione col suo.

Insomma per quanto siano stati chi martoriato dagli infortuni (Ferrero), chi poco avvezzo al sacrificio (Safin), chi incostante nel rendimento (Hewitt), chi sfortunato nel beccarsi un campione il cui gioco gli neutralizzava ogni punto di forza (Roddick), i signori in questione hanno tutti dato il proprio contributo alla storia del tennis. Una generazione di gloriosi sfigati se vogliamo, ma brillanti come pochi, e nel periodo al vertice ossi duri per chiunque, probabilmente con poco da invidiare anche ai Fab Four attuali. Il problema è che quell’apice non è durato abbastanza da permettere alla loro considerazione di raggiungere livelli da leggenda, benché tutti e quattro vantino multiple finali di Slam, numerosi tornei di peso nel proprio curriculum e almeno tre anni passati in top-5.

Fra questi signori, per Juan Carlos Ferrero il dramma è doppio, trattandosi di quello meno celebrato. Hewitt è stato l’ultimo grande australiano, Safin l’ultimo grande russo, Roddick l’ultimo grande americano. Ferrero l’ultimo grande… ops! Ferrero il poveraccio che ha avuto come successore il più forte terraiolo di sempre e arci-rivale di Federer.

Eppure nelle stagioni dal 2000 al 2003 si è tolto non poche soddisfazioni: due finali al Roland-Garros (di cui una vinta), una finale a Flushing Meadows, quattro Masters Series, e una coppa Davis portata a casa quasi da solo nel 2000 (sarà parte della squadra vincente anche nel 2004 e nel 2009, senza però giocare la finale).
Nel 2007 e nel 2009 ricordiamo due grandi performance a Wimbledon, quando ormai fuori dalla top-20, senza più la forma fisica di un tempo e incapace di competere nei grandi tornei su quella che era stata la sua superficie preferita (la terra battuta), seppe riadattare il proprio gioco e affinare ulteriormente la capacità di cercare gli angoli più arditi, che lo ha comunque sempre contraddistinto, in particolare col dritto. Raggiunse i quarti di finale, un risultato sfuggitogli anche quando era all’apice, e per fermarlo dovettero scendere in campo rispettivamente Federer e Murray.

Riguardo al numero 3 di fine stagione ottenuto del 2003: se la somma dei frazionamenti dei vari punteggi lo piazzò dietro a Roddick e Federer, va però precisato che in termini di risultati importanti fu probabilmente il più continuo dei tre. Roddick ebbe due Masters Series e una finale di Slam, Federer la Masters Cup e una finale di Slam, Ferrero due Masters Series e due finali di Slam. Come dice Rino Tommasi, “il computer ha i numeri ma a volte non sa interpretarli”, e nel caso specifico non sono pochi gli studiosi/nerd del tennis che considerano Ferrero il numero 1 de facto del 2003. Poi quello ufficiale rimane Roddick e nessuno glielo toglie, ma tant’è…

Di seguito le sette partite (le vittorie più belle e la sconfitta più gloriosa) che a detta di chi scrive ne hanno maggiormente segnato la carriera.

Coppa Davis 2000 (Finale), J.C. Ferrero b Lleyton Hewitt: 6-2, 7-6(5), 4-6, 6-4
Tre ore e tre quarti di battaglia alla presenza di re Juan Carlos I, fu la prima vittoria “peso massimo” nella carriera di Ferrero e portò alla Spagna la sua prima insalatiera. In quella stagione Ferrero vinse tutti e cinque i match giocati in Davis.

Roma 2001 (Finale), J.C. Ferrero b Gustavo Kuerten: 3-6, 6-1, 2-6, 6-4, 6-2
Il primo Masters Series in carriera arrivò agli Internazionali d’Italia, con una vittoria su Guga, all’epoca numero 1 del mondo. Ferrero si aggiudicò il match con grande autorità: giunti agli ultimi game Kuerten era visibilmente provato e, tradito da qualche gratuito di troppo, dovette arrendersi alla freschezza atletica di Mosquito, che perse solo un paio di punti al servizio in tutto il quinto set. Kuerten avrà la sua vendetta un mese più tardi, quando eliminerà lo spagnolo in semifinale al Roland-Garros, in tre set netti.

Masters Cup 2002 (Finale), Lleyton Hewitt b J.C. Ferrero: 7-5, 7-5, 2-6, 2-6, 6-4
Per Ferrero rimane probabilmente LA sconfitta. Certo quella in finale a Flushing Meadows nel 2003, per mano di Andy Roddick, ebbe una risonanza maggiore, ma fu troppo netta per poterla considerare epica. Qui invece gli ingredienti ci sono tutti: i due primi set persi per un soffio, una rimonta furiosa, e l’avversario che risorge proprio sul più bello, a un passo dal trionfo (uhm: vi ricorda mica qualcosa?). Ferrero non avrà più una simile occasione e il Masters di fine anno rimarrà un miraggio.

Roland-Garros 2003 (Quarti), J.C. Ferrero b Fernando González: 6-1, 3-6, 6-1, 5-7, 6-4
Fu la partita più importante nella corsa per la vittoria del Roland-Garros 2003, il suo unico Slam. Cronache e punteggio testimoniano di un González falloso e assente nel primo e nel terzo set, ma battagliero, feroce di dritto e quanto mai alla ricerca del vincente nei rimanenti. Ne fuoriuscì uno dei match su terra battuta più divertenti dell’epoca, fra due giocatori estrosi e dal gioco tutt’altro che di rimessa. Bellissimo l’abbraccio finale, con Mano de Piedra che sussurra nell’orecchio dell’amico qualcosa che deve aver suonato come “e ora vai a prenderti il titolo”.

Detto fatto: in semifinale J.C. sconfigge in tre set quell’Albert Costa che l’anno precedente gli ha negato il trofeo, e in finale lascia appena sei game all’impotente Martin Verkerk (che pure vi era giunto con pieno merito, battendo Moyà e Coria).

US Open 2003 (Semifinale), J.C. Ferrero b Andre Agassi: 6-4, 6-3, 3-6, 6-4
Ferrero fu più che un semplice terraiolo, e questa vittoria su Agassi – che nel 2003 sul cemento era ancora potentissimo – ne è testimonianza. Al termine del torneo Mosquito si ritrovò in vetta alla classifica ATP, dove rimase per otto settimane, prima di cedere lo scettro a Roddick.

Madrid Indoor 2003 (Semifinale), J.C. Ferrero b Roger Federer: 6-4, 4-6, 6-4
Il Masters di Madrid, all’epoca su cemento indoor, è l’unico titolo vinto da Ferrero durante la permanenza al numero 1, ma fuga ogni dubbio circa la sua pericolosità su ogni superficie. A farne le spese, oltre al Nicolás Massú incontrato in finale, un Roger Federer fresco della vittoria a Wimbledon e di lì a poco conquistatore della Masters Cup.

Wimbledon 2009 (Round 3). J.C. Ferrero b Fernando González: 4-6, 7-5, 6-4, 4-6, 6-4
Dopo Madrid 2003 Ferrero non vince più nulla per sei anni. Nel 2004 una serie di infortuni lo sbalza fuori dalla top-30 e da quel momento non torna più fra i più forti del mondo se non per qualche sprazzo isolato. Il più fulgido dei quali è Wimbledon 2009, quando da Wild Card sconfigge due top-10 di seguito (González e Gilles Simon). Sei anni dopo Parigi, Juan Carlos e Fernando sono di nuovo a darsi battaglia al quinto set: al termine dell’incontro il pubblico tributa a entrambi una standing ovation. Così come gliela tributano oggi tutti coloro che hanno amato quella generazione di sbandati. Ciao Mosquito, ci mancherai!

Federico Romagnoli

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