19/09/2012 18:27 CEST - L'approfondimento - 47 commenti

Le regole sono uguali per tutti?

TENNIS -Torna per tre mesi, nei Challenger, l'abolizione del let al servizio. Un esperimento tentato più volte dal 1968 e bocciato da tutti i tennisti. Le regole però si piegano al business. Anche se i top player hanno qualche tutela in più. Alessandro Mastroluca

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Per tre mesi nei Challenger non ci sarà il let al servizio
Per tre mesi nei Challenger non ci sarà il let al servizio

"Net!" il grido si alza spesso, nel corso dei nostri dilettevoli incontri di club. E significa che una palla ha toccato la rete, sulla battuta. E quindi, se è ricaduta nel rettangolo di servizio avverso, ed è buona, va rigiocata, secondo l'articolo 14 del regolamento della Federazione Internazionale.

C’è in corso uno studio per eliminare l'antica regola, costringere il ribattitore a giocare comunque, quando la palla sfiora il nastro. Questa decisione, pensano alcuni, abbrevierà, almeno un poco, i tempi di gioco, se è vero che, in un match di cinque set, si contano mediamente da 20 a 30 let. (...)

Cito al riguardo una frase di tale Frank Lowe, direttore del gruppo omonimo e di Octagon. "Il futuro dello sport dipende dal consumatore che guarda il tennis in televisione, perchè è questo che porta la sponsorizzazione nel gioco, e che porta il denaro.... e dunque penso che sia la complessità della struttura del gioco che lo ha frenato, e spero che ci saranno cambiamenti".

Così scriveva Gianni Clerici, su Repubblica, nel 1998. Dopo 14 anni la proposta, che allora non ha avuto seguito, è stata approvata. È il primo frutto del nuovo Competition Commitee, il nuovo comitato composto da sei membri voluto dal presidente e CEO dell’ATP Brad Drewett. Ne fanno parte Sergio Palmieri, direttore degli Internazionali d'Italia dal 2003, e Graham Pierce, ex direttore del 250 di Auckland e membro del Board dei direttori ATP dal 2000 al 2010, in rappresentanza del Tournament Council; Lorne Abony, CEO e presidente della Mood Media Corporation, e Weller Evans, che ha lavorato per l'ATP negli ultimi 25 anni prima di andare in pensione nel 2006, scelti dal Player Council; Richard Krajicek, come rappresentante dello stesso Drewett, e Gayle David Bradshaw, vice presidente esecutivo per le Regole e la Competizione, in qualità di presidente.

Il progresso sportivo, dunque, passa sempre più per il privilegio delle esigenze della televisione a pagamento rispetto ai tempi e alle regole dello sport. Sono sempre più le seconde a doversi piegare di fronte ai lucrosi benefici garantiti dalle pay-tv.

La regola del “let”, che l’All England Lawn Tennis Club ha formulato nel 1880, sei anni dopo che il maggiore Walter Clopton Lingfield aveva brevettato lo “Sphairistike”, versione primigenia del lawn tennis, nasce per una ragione molto semplice. La rete, allora, era tenuta tesa con marchingegni molto meno efficaci di oggi e quando la palla toccava il nastro, ben più arricciato di adesso, la palla ricadeva nell’erba molle.

Già nel 1968 il World Championship Tennis, circuito professionistico gestito da Dave Dixon e poi da Lamar Hunt, ha sperimentato l’abolizione del let. Ma l’esperimento non è piaciuto ai giocatori, su tutti gli “Handsome Eight” John Newcombe, Tony Roche, Nikola Pilić, Roger Taylor, Pierre Barthès, Earl "Butch" Buchholz, Cliff Drysdale e Dennis Ralston.

Nel 1992 l’abolizione del let è stata nuovamente discussa ai Lipton International Players Championships, il torneo di Miami, e nuovamente bocciata dai giocatori. Riproposta ancora nel 1993 al torneo di doppio over-35 agli Us Open, ha ricevuto un’accoglienza tutt’altro che entusiastica dai campioni del passato.

L’ITF, però, non recede dalle sue intenzioni e studia più a fondo la questione. Analizza 715 partite in due anni, tra il 1996 e il 1998, e conclude che l’impatto dei servizi ripetuti perché toccano il nastro sulla durata di un match è decisamente marginale: la media è di 4.1 let a partita.

Sperimenta ancora l’abolizione di questa regola nei tie delle serie inferiori di Coppa Davis (gruppi III e IV) e discute la sua possibile introduzione a luglio 1998, nel meeting annuale in Irlanda. Ma Pat Rafter minaccia di guidare un boicottaggio agli Australian Open del 1999 e la regola non viene introdotta a livello di tennis professionistico.

Negli Usa, però, si applica negli incontri di Division I dei campionati universitari NCAA (dal 1999), per evitare che i giocatori alla risposta possano “barare” e chiamare un let falso nei momenti di difficoltà, e nel World Team Tennis. In questa manifestazione, se un servizio tocca il nastro e ricade nel quadrato di battuta durante un match di doppio, può essere ribattuto da entrambi i giocatori alla risposta. Il commissioner del WTT Ilana Kloss, che sostiene questa regola, si chiede: “Perché quello che vale durante lo scambio non deve valere per il servizio?”.

Proviamo a girare la domanda: perché si vuole cambiare? “Perché, anche se non ridurrà materialmente la lunghezza di un match, crediamo dovrebbe avere un impatto positivo sul flusso, sull’andamento della partita” dice Drewett.

Negli anni, però, i tennisti hanno dato pareri diversi e molto negativi a questa idea, come ricorda Paul Fein nel suo Tennis confidential. “E’ una follia solo considerarne l’abolizione” per Tony Trabert, per Becker “non è saggio”, per Steffi Graf semplicemente “stupido”, per Andre Agassi “togliere il let darebbe ancora più vantaggio a chi serve forte”.

Drewett, però, vuole altri pareri. La sperimentazione partirà nei tornei Challenger. “E’ un buon modo per testare l’iniziativa in un ambiente competitivo e ottenere feedback da giocatori e pubblico prima di decidere se adottare questa novità a tutti i livelli”.

Non è la prima volta che nello sport le innovazioni regolamentari vengono fatte provare nelle competizioni o nelle serie minori, come se gli attori principali debbano godere di una tutela in più, debbano essere protetti dalle eventuali conseguenze negative dei cambiamenti o semplicemente dal rischio di doversi abituare a novità a rapida obsolescenza.

Anche l’ultima grande rivoluzione regolamentare, il tiebreak, è figlia di un percorso a più velocità. James Van Alen aveva già tentato di velocizzare le partite con il cosiddetto Van Alen Streamlined Scoring System (VASSS): set a 21 punti, come nel ping-pong, con turni di servizio da cinque punti. In via sperimentale, il VASSS è stato applicato agli United States Pro Championship, a Cleveland, nel 1955 e 1956. Pancho Gonzalez vince la prima finale in cinque set su Pancho Segura: il match dura solo 47 minuti. Ma al pubblico la formula non piace e dal 1957 si torna al punteggio tradizionale.

Un nuovo impeto alla velocizzazione del gioco arriva dopo la finale di Wimbledon del 1969: Pancho Gonzales batte Charlie Pasarell 22–24, 1–6, 16–14, 6–3, 11–9 in 5 ore e 12 minuti salvando sette match point e rimontando due volte da 0-40 nel quinto set. Già dal 1965 Van Alen sponsorizzava il “Casino Pro Championship” per promuovere la sua idea: metteva in palio 10 mila dollari e chiamava i migliori professionisti dell’epoca tra cui Laver, Hoad e Rosewall.

La prima formula del tie-break era la “sudden death: nove punti, vince chi arriva a cinque. Uno dei primi tornei a usarla è il Pennsylvania Grass a Haverford. Al secondo turno il pakistano Haroon Rahim vince quella che può essere considerata la partita più equilibrata di sempre contro Tom Gorman: 6-7 (3-5), 7-6 (5-1), 7-6 (5-4). Nessuno perde mai il servizio e nel terzo set Gorman si trova avanti 4-1 nel tiebreak ma si fa rimontare e chiude mettendo a rete la risposta su una seconda dell’avversario.

Nel 1970 gli Us Open sono il primo Slam che adotta la sudden death, seguiti da Australian Open (dal 1971) e Roland Garros (dal 1973). Nel 1975 lo slam statunitense adotta la formula attuale del tiebreak. Per segnalare la novità, fino al 1976 veniva alzata una bandiera rossa sul campo su cui si stava giocando un tiebreak, così da attirare nuovi spettatori sugli spalti.

Nei primi anni i giocatori si sono lamentati della novità agli Us Open. Ma il direttore di allora, Bill Talbert, spegne le critiche con la domanda che racchiude la filosofia alla base del modello di sviluppo del tennis da allora a oggi. “I giocatori sentiranno anche un po’ più di pressione. Ma ai tifosi piacerà molto. Avete mai visto un giocatore comprare un biglietto?”.

Alessandro Mastroluca

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