02/10/2012 17:31 CEST - Approfondimento

Molto rumore per... un bel pugno di dollari

TENNIS - Dopo le proteste dei giocatori, cresce il montepremi degli Australian Open. 30 milioni di dollari per lo Slam più ricco di sempre. Come indicava Federer a inizio anno, l'aumento sarà destinato a chi esce nella prima settimana. Alessandro Mastroluca 

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AUSTRALIAN OPEN
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E' tutta una questione di soldi” diceva Michael Douglas nei panni di Gordon Gekko, il protagonista di Wall Street. “Tutto il resto è conversazione”. A giudicare dagli sviluppi recenti, quando i tennisti si sono riuniti alla vigilia degli Us Open per discutere della redistribuzione dei proventi negli Slam, non stavano affatto conversando.

I giocatori vogliono una fetta maggiore della torta. Al momento, infatti, gli organizzatori degli Slam destinano al prize money una percentuale che oscilla intorno al 15% dei ricavi (si arriva al 30% negli altri tornei Atp). “Senza di noi questi tornei non guadagnerebbero così tanto, quindi abbiamo diritto a più soldi, a montepremi più elevati” dicono i giocatori, soprattutto quelli di seconda fascia, fuori dalla top-10.

“Il talento dovrebbe essere pagato per primo, invece pagano tutto il resto e a noi lasciano praticamente quello che resta” ha dichiarato Ivan Ljubicic, ex presidente del Players Council, dopo aver abbandonato l'attività agonistica. “Ringraziamo gli Slam per quello che reinvestono nei programmi per i giovani e così via, ma non riesco a capire perché a un giocatore, che so, argentino debba interessare cosa ricavi un giovane australiano da Tennis Australia”.

L'Atp ha smentito le voci secondo cui in quella riunione obbligatoria di agosto si sia parlato anche di boicottare gli Australian Open. Gli organizzatori, comunque, hanno annunciato che faranno dell'edizione 2013 lo Slam più ricco di sempre. Per la prima volta il montepremi complessivo supererà i 30 milioni di dollari (31.1) con un incremento di 4.15 milioni rispetto all'anno scorso. Quest'anno il prize money totale a Wimbledon è stato di 26 milioni, agli Us Open di 25.5, al Roland Garros di 24.1.

“Vogliamo essere sicuri che gli Australian Open continuino a dare un contributo decisivo per il benessere dei tennisti professionisti” ha detto Steve Wood, CEO di Tennis Australia. “Cercheremo l'aiuto dei giocatori per una distribuzione più equa del montepremi: definiremo i dettagli quando saremo più vicini all'inizio del torneo”.

L'anno scorso, gli Australian Open hanno pagato 21.600 dollari una sconfitta al primo turno. Successivamente Roland Garros, Wimbledon e Us Open hanno aumentato il prize money per chi esce subito rispettivamente del 20, del 26 e del 21 per cento arrivando a riconoscere circa 23 mila dollari.

Partecipazione e distribuzione
Già a Dubai, quest'anno, Roger Federer sottolineava l'importanza di aumentare i prize money per chi esce nei primi turni: “Stiamo facendo il possibile per decurtare in parte i premi delle ultime fasi dei tornei in favore di chi perde ai primi turni. Non sarà facile mettere d’accordo giocatori ed organizzatori perché quest’ultimi puntano molto sulle semifinali e le finali”. Anche perché lasciare un grande incentivo per la vittoria finale contribuisce ad aumentare l'impegno complessivo dei giocatori e di conseguenza l'equilibrio competitivo del torneo. “Vorremmo cercare di ridurre il gap che esiste tra i top players ed i giocatori più bassi in classifica” aggiungeva il presidente del Players Council dell'Atp.

Non era d'accordo Ljubicic. “Deve essere il Tour dei vincenti, non quello dei perdenti. Non puoi alzare il prize money di un primo turno a 30 mila dollari, non è così che dovrebbe andare. Chi vince, guadagna. C’è chi si lamenta, ok, ma andasse là fuori ad allenarsi e migliorare per vincere quei soldi. Sull’assegno non c’è scritto “per Roger Federer”, c’è scritto “per il vincitore”.

E il vincitore deve essere premiato come merita perché si vedano partite tirate e di qualità. In più, se da un lato è giusto aumentare i guadagni per chi esce ai primi turni, che così può coprire più facilmente le spese per mantenersi sul circuito, dall'altro non bisogna ridurre troppo l'utilità marginale di una vittoria. Se, ad esempio, il montepremi per il secondo turno è di poco superiore rispetto a quello per il primo turno, un giocatore sfavorito potrebbe non impegnarsi al massimo sapendo di avere comunque poche chance di vittoria. Un'elevata utilità marginale, invece, mantiene l'impegno elevato per tutti con beneficio per tutti i soggetti coinvolti, compresi i tifosi sugli spalti, gli spettatori alla tv e gli organizzatori.

Disuguaglianza e disequilibrio competitivo
I prize money degli Slam sono solo una parte del problema. “che riguarda tutto lo sport” ha commentato il direttore degli Australian Open Craig Tiley, “perché ai livelli più bassi i montepremi non sono cambiati in 25 anni e non va bene”.

L'entità della disuguaglianza emerge da uno studio di Usa Today pubblicato lo scorso marzo che si riferisce al periodo 1990-2011: dal 2007 al 2011 Federer, Nadal e Djokovic (che hanno monopolizzato le prime tre posizioni) hanno accumulato tra il 20 e il 26% del prize money totale della stagione per i primi 100 giocatori del mondo. Dal 1990 il prize money è salito da 33.8 milioni di dollari a 80.1 milioni (+137%). Quello dei Challenger, però, è solo raddoppiato, dai 4.9 del 1990 ai 10.2 del 2011, in calo rispetto ai 12.3 del 2008.


 

Alessandro Mastroluca

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