17/10/2012 11:22 CEST - Tournament of Champions

"Masters" di Sofia: perché le regole non valgono per tutte?

TENNIS - Al "Master B" partecipano le giocatrici con la più alta classifica ad aver vinto un torneo International. Ma hanno assegnato wild card a Kirilenko e Pironkova, che non hanno questo requisito. Alessandro Mastroluca

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Tsvetana Pironkova (Photo by Elsa/Getty Images)
Tsvetana Pironkova (Photo by Elsa/Getty Images)

Quanto è credibile un torneo in cui il 25% dei partecipanti è invitato dagli organizzatori? Quanto è credibile un torneo in cui i criteri di ammissione non valgono per tutti? Può un torneo così, con due wild card in tabellone su otto al via, in cui le regole si piegano al campanilismo, dare punti per la classifica?

Tre domande, queste, che nascono dalla wild card concessa a Tsvetana Pironkova per il Tournament of Champions, quello che con meno pomposità passa per “Masters B”. Da quest'anno il torneo cambierà formula, dall'eliminazione diretta al round robin, come per le WTA Finals di Istanbul, e si sposterà da Bali a Sofia.

La ratio della wild card è chiara: si gioca in Bulgaria, Pironkova è bulgara, di Plovdiv, l'ex Filippopoli, la “Firenze bulgara” con il centro storico ottocentesco e il Foro romano elegantemente decorato che compare tra i monumenti simbolo scelti per rappresentare la nazione nel video promozionale dell'evento. L'equazione si risolve presto. Non è certo la prima volta che gli organizzatori, anche per attirare più pubblico, concedono un invito alla star di casa. Se il Tournament of Champions fosse un torneo “come gli altri”, nessuno si scandalizzerebbe. Se questo fosse un torneo come gli altri, questo articolo non avrebbe ragion d'essere.

Ma il Tournament of Champions non è un torneo come gli altri. Non solo perché, come detto, su otto tenniste al via, sei si qualificano per merito e due entrano per inviti (un quarto, decisamente troppo). Ma soprattutto perché, nei meriti per qualificarsi non c'è solo il criterio del ranking. Il Tournament of Champions è, infatti, il torneo con le migliori giocatrici ad aver vinto un titolo International. È la “Coppa delle Coppe” del tennis, per entrare devi aver vinto qualcosa in stagione. E Pironkova non ha vinto un titolo International quest'anno. Non l'ha vinto nemmeno in passato. Non ha proprio mai vinto un titolo WTA.

Neanche l'altra wild card, Maria Kirilenko, reduce da una stagione eccellente in cui ha raggiunto il suo best ranking di n.12 poco più di un mese fa, ha vinto un torneo International quest'anno. Non sarebbe stato meglio, allora, per la credibilità del torneo, invitare giocatrici che rispettano gli stessi criteri delle altre ma non hanno la classifica per entrare direttamente in tabellone?

Perché Kirilenko sì e Hantuchova no? Perché Pironkova e Barthel no? E Schiavone no? Non è un discorso di classifica, non è un discorso di livello di gioco. Kirilenko ha sicuramente fatto più e meglio di Barthel, Hantuchova e Schiavone, che dopo la vittoria a Strasburgo ha collezionato quasi solo delusioni e ha vinto solo una partita dopo le Olimpiadi, finendo con la “stesa” presa a Mosca da Urszula Radwanska. Ma Hantuchova, Barthel, Schiavone ma anche Su-Wei o Zheng Jie (se non dovessero entrare in tabellone) hanno vinto tornei International come Wozniacki, Kanepi, Vinci e Petrova, che sono già qualificate. E si vedono scavalcate da due giocatrici per diverse ragioni privilegiate, cui è concesso di giocare anche se non hanno i requisiti richiesti alle altre.

Già negli anni Ottanta esisteva un Tournament of Champions. Era uno dei tornei del WCT, il circuito professionistico parallelo creato da Lamar Hunt e nato nel 1971 con gli Handsome Eight (Dennis Ralston, John Newcombe, Tony Roche, Cliff Drysdale, Earl Buchholz, Niki Pilić, Roger Taylor e Pierre Barthès). A fine anno, i giocatori che avevano ottenuto i migliori risultati nei tornei WCT, che aveva anche una sua ufficiosa classifica parallela, entravano nelle WCT Finals a Dallas.

L'ultima edizione, non ufficiale, l'equivalente di un'esibizione, si è giocata nel 1990 (quando già il WCT Tour era sparito ed era nato l'ATP Tour): l'ha vinta Lendl su Krickstein a Forest Hills. Il Tournament of Champions della WTA è un torneo ufficiale, che dà anche punti per il ranking. E la troppa discrezionalità per gli organizzatori lo mantiene ancora un po' troppo vicino al torneo a inviti. In un momento in cui la WTA sta cercando di aumentare il valore del brand e rinegoziare i diritti tv, una scelta di credibilità non potrebbe che far bene.

Per salvaguardare gli interessi degli organizzatori e insieme mantenere il valore dell'evento e dei tornei International nel loro insieme, senza gli effetti negativi dell'immagine attuale di doppiopesismo, si potrebbe attuare lo stesso metodo delle WCT Finals. Un metodo sperimentato, per esempio, per la prima edizione delle Challenger Finals: creare una classifica parallela che tenga conto solo dei punti nei tornei rilevanti per la qualificazione (in questo caso i tornei International), e magari che li conti tutti e non solo i migliori come fatto per il “Master dei Challenger”. A quel punto entrerebbero direttamente le prime sei di questa classifica virtuale, a patto di non essere già qualificate per i Championships, e nessuno potrebbe dire nulla se venisse invitata una giocatrice di casa che non ha la classifica per entrare direttamente in tabellone.

Alessandro Mastroluca

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