20/10/2012 11:06 CEST - Personaggi

Matteo Fago, il tennista a chilometri zero

TENNIS - Viene dalla provincia. Non ha avuto sponsor milionari alle spalle ma in serie A domenica scorsa ha rischiato di battere Flavio Cipolla. La storia di Matteo Fago, tennista laureato negli Usa e allievo di Stefano Pescosolido. Claudio Giuliani


 

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Matteo Fago
Matteo Fago

Ceprano è una piccola cittadina nella parte bassa del Lazio, profonda provincia di Frosinone che conta neanche diecimila abitanti. Sorge a due passi da Arce, comune notevolmente più piccolo ma famoso nel mondo tennistico per aver dato i natali a Stefano Pescosolido, ex davisman e tennista di valore negli anni ’90. Da qui, da questo piccolo paese, parte la storia di Matteo Fago, tennista che domenica scorsa ha ceduto solamente al terzo set a Flavio Cipolla nel primo match di serie A a squadre difendendo i colori del tennis club Parioli di Roma. I crampi lo hanno costretto a terminare il terzo set praticamente da fermo, dopo essere stato in vantaggio. Aveva di fronte un top 100, lui che da poco è tornato alle competizioni Itf lontano dai riflettori di Cipolla e compagni. Matteo ha una storia particolare alle spalle non essendo un prodotto tennistico di accademia o coach vari, ma soprattutto non essendo costata la sua formazione tennistica migliaia di euro alla sua famiglia. Un’atleta a “km zero” potremmo definirlo, lui tornato da poco in Italia dopo l’esperienza del college americano con i Volts del Tennessee, college dove ha conseguito una laurea in economia.

Matteo, classe 1987, inizia a giocare a tennis molto presto. Suo papà gioca a tennis, un quarta categoria dai colpi molto puliti mentre suo zio Ivano è classificato in serie C, un lottatore indomito che ancora oggi passati i 50 gareggia e trionfa nelle categorie over nel Lazio. I genitori lavorano e Matteo nel pomeriggio è “parcheggiato” assieme al fratello più grande Raffaele, tennista anch’egli, presso i campi rossi della Vignola di Ceprano di proprietà Pietro Federici. Questi è un’istituzione per i tennisti del circondario considerato il rifornimento assolutamente al top del suo negozio, dove campeggia in bella mostra la foto di Stefano Pescosolido intento a colpire un diritto in quel di Wimbledon. Foto ovviamente autografata con dedica.

Matteo vaga per il circolo senza mai separarsi da una Head Prestige rossa piatto 600 dismessa da chissà chi - non proprio il massimo per iniziare a giocare in età under - cercando qualcuno che lo faccia palleggiare. È ancora molto piccolo e allora quando la gente lo scansa non gli resta che il muro. Per qualche anno vive all’ombra del fratello, altro talento dai connotati tennistici strani (gioca il diritto a due mani e il rovescio a una) che si metterà in luce in tutte le categorie under salvo poi lasciare preferendo l’università allo sport. Mentre Raffaele comincia a farsi un nome nel Lazio, arrivando a vincere anche il prestigioso Lemon Bowl categoria under 18, Matteo cresce. Siamo a fine anni ’90. A Frosinone, nonostante ci siano diversi maestri nazionali, si insegna ancora il diritto con la continental quando oramai il tennis è cambiato da un pezzo. La soluzione c’è: è Roma.

Un paio di volte a settimana un altro paio di giocatori frusinati vengono accompagnati dal volenteroso genitore di turno alla volta di Roma, presso il circolo Lanciani dove c’è il maestro Lucchetti. Arturo, papà di Matteo, appena può e c’è posto inserisce Matteo in questa carovana. Lucchetti capisce subito che il ragazzo ha stoffa e quindi di lì a tesserarlo ce ne corre poco. Matteo è under 14. Fino ai 16 anni la sua vita è questa. Frequenta da studente diligente il liceo scientifico e gioca a tennis quando rimane tempo andando al Lanciani un paio di pomeriggi a settimana. “Giocavo per passione – dice – finché un’estate non ho fatto risultati importanti”. Succede infatti che riesce a qualificarsi nel 2003 ai campionati nazionali under 16 dove, giusto per dire, in tabellone c’è anche Fognini. Supera molti turni, batte diverse teste di serie prima di arrendersi completando un’avventura portata a termine grazie all’aiuto di due suoi tifosi di Ripi, paese limitrofo, che lo accompagnano e lo sostentano per il periodo necessario, un lasso di tempo che durava ogni giorno di più in seguito alle vittorie di Matteo che non ha neanche i completi da tennis necessari per tutti i match vinti.

Nel frattempo Pescosolido aveva annunciato il suo ritiro, era ancora numero 100 del mondo ma aveva deciso di chiudere a fine anno con l’agonismo. L’ex campione forma allora un gruppetto di giovani under al Parioli da allenare. Fago viene scelto e inizia quindi a fare tennis in maniera più seria. Ha 17 anni e inizia a vincere tornei open (disputati da sempre assieme agli under), scalando la sua classifica nazionale (è stato 2.2 ma con i punti per 2.1 per diversi anni) fino a cogliere il suo primo punto ATP. “Ero al torneo di Avezzano, lo ricordo benissimo. Era un 10 mila. Una partita durissima vinta 7-6 al terzo per il primo punto Atp conquistato. Entrai in classifica mondiale, certo in posizione altissima quanto si vuole, ma per me ha rappresentato una grande soddisfazione, l’inizio di un qualcosa che ancora non riuscivo a cogliere”. Matteo continua a fare tornei ma mai senza esagerare visto che non ci sono sponsor dietro di lui né tantomeno aiuti della Federazione. Arriva quindi la chiamata dall’America.

“Appena cominciai a salire in graduatoria mondiale (attorno alla 900 posizione il suo best ranking ndR) mi arrivò la proposta dall’America, università del Tennessee. Non ho dato molto peso all’inizio all’idea ma poi, anche con Stefano che appoggiava la cosa. pian piano decisi di andare. Mi pagarono viaggio e spese per sostenere tre giorni di provino. Vidi il college, conobbi lo staff e gli allenatori. Mi trovai bene e sostenni anche due esami, di inglese e di matematica, necessari per l’ammissione. Li superai e quindi poco dopo iniziai la scuola di economia”. Gioca ovviamente a tennis nella squadra del college dove dà un grande contributo. “Eravamo in prima divisione, noi Volts. La nostra squadra era molto buona, eravamo una fra le migliori d’America tanto che siamo stati anche al primo posto della classifica per diverso tempo. Abbiamo vinto la nostra conference per due anni di fila, stabilendo un record per il nostro college. Inoltre abbiamo sfiorato la vittoria assoluta, avendo perso la finale nazionale”. (Tra l’altro uno dei compagni di squadra di Matteo, Rhyne Williams, classe ’91, quest’anno si è messo in luce agli Us Open dove ha superato le qualificazioni perdendo poi al primo turno contro Roddick. Gli altri giocatori del team ora sono classificati mediamente attorno alla posizione numero 250).

Mi sono trovato benissimo essendomi ambientato abbastanza presto diciamo allo stile americano, avendo capito inoltre subito il funzionamento delle cose. Ho instaurato un ottimo rapporto con i compagni ma anche con gli allenatori anche se sono stati molto rigidi durante la fase iniziale. Non ascoltavano le richieste dei giocatori, pensavano solo ad insegnare secondo il loro metodo e io di certo non ero abituato a lavorare in questo modo”. Fago passa inoltre dalla terra battuta al cemento. “Era una superficie dura ma molto giocabile e quindi non ho avuto tanti problemi. Ricordo però che i primi anni, quando tornavo in Italia durante la pausa estiva per stare in famiglia e per fare qualche torneo, facevo molta fatica a giocare sul rosso. Mi sentivo molto cambiato a livello di gioco. Cercavo la chiusura del punto in maniera affrettata, prerogativa tipica del cemento che inevitabilmente ti spinge verso un gioco aggressivo. Adesso però che sono tornato a giocare a tempo pieno sulla terra noto molti miglioramenti nel mio gioco. Comunque alla fine ho preferito non tornare ogni anno durante la pausa ma concentrarmi sugli studi per finire in tempo l’università”.

Dopo questo percorso a Matteo non mancano le offerte per rimanere negli States. “Appena laureato potevo subito lavorare, ho ricevuto numerose offerte di lavoro e inoltre mi hanno offerto la possibilità di frequentare un master. Ma ho preferito tornare a casa poiché dopo quattro anni lontano da casa e dagli affetti, ho avvertito il bisogno di rientrare. Non vedevo in prospettiva la possibilità di vivere negli States, il mio futuro lo vedevo qui”. E ora quindi è tornato in pianta stabile in Italia, forte dell’esperienza che lo ha soprattutto maturato. “Ho conseguito una laurea e la piena conoscenza della lingua. Sono maturato e sono felice di aver concluso il percorso di studi in tempo. Durante questi mesi in Italia mi sono allenato qualche volta al Parioli ma in prevalenza sono stato in giro per tornei, facendo base a Ceprano. C’è stato un infortunio che mi ha tenuto fermo questa estate un paio di mesi ma ora va tutto bene”. Proprio la settimana scorsa infatti Fago è stato protagonista in un Itf croato dove ha perso ai quarti di finale dalla testa di serie numero 1 dopo aver battuto fra gli altri un tennista classificato attorno alla posizione numero 400.

Il cerchio si chiude tornando alla sfida con Cipolla. “Ero molto curioso di misurarmi e di vedere il livello di un giocatore top 100 anche se atipico come Flavio”. I tagli del tennista romano e la sua capacità di variare il gioco, sono le armi esatte per contrastare il tennis esuberante di Matteo, colpi abbastanza puliti da fondo campo con un rovescio bimane di rara fluidità ed efficacia, il tutto sorretto da un fisico di prim’ordine. “Ho tratto impressioni positive da questo match anche se ero sceso in campo senza aver nulla da perdere. Pensavo di giocarmela un po’ ma non di poter vincere. Man mano che l’incontro andava avanti mi sono accorto di essere in partita, sfiorando addirittura la vittoria, cosa questa che mi trasmette ora molta fiducia”. Proseguirà quindi l’avventura della serie A dove in squadra farà anche coppia nei doppi con il conterraneo Stefano Pescosolido, l’allievo e il maestro che una volta tanto si rincontrano.

Il futuro lo vede presto impegnato in altri tornei Itf alla ricerca di una classifica Atp migliore (attualmente è 938) e in un inverno che lo vedrà al duro lavoro fisico per giocare nel 2013 i primi tornei a febbraio, tentando di dare il giusto risvolto alle sue potenzialità. Sono così lontani i giorni della Vignola di Ceprano, quel vagare ondivago e spensierato sempre in compagnia della racchetta inseguendo una passione che alla fine lo ha portato a diventare quel che è, grazie all’aiuto della famiglia e dei suoi tifosi ma soprattutto basando tutto sulla serietà e sul sacrificio. Ce la si può fare anche in questa maniera.

Claudio Giuliani

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