27/10/2012 16:48 CEST - Personaggi

Margaret duPont, campionessa di un altro tennis

TENNIS - Riconsideriamo la storia di una tennista che molto ha influenzato il tennis femminile. Margaret Osborne duPont ci ha lasciato il 24 ottobre a 94 anni, regalandoci un’esistenza dedicata al tennis e ai valori più nobili dello sport. Enos Mantoani

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Margaret DuPont
Margaret DuPont

Mentre a Istanbul le migliori tenniste del 2012 si affrontano e si scontrano per il Masters di fine anno, si è spenta il 24 ottobre, a 94 anni, una delle leggende del tennis americano e mondiale: Margaret Evelyn Osborne, maritata duPont.

La sua scomparsa ha avuto una discreta eco sugli organi di stampa specializzata, in primis in America, ma anche da noi diverse firme e diversi giornali hanno commentato questa notizia; segno non solo della sua influenza come tennista, ma anche di quanto si sia distinta in classe ed eleganza, oltre che in amore per questo sport, nell’arco di una lunga vita. Non a caso Billy Jean King la indicò come uno dei suoi modelli, she-roes, dice lei: “È stata una delle mie eroine e ha avuto una grande influenza su di me sia dentro che fuori dal campo. Spero che i ragazzi e le ragazze che vogliano iniziare una carriera tennistica leggano di lei, perché la sua vita non è stata dedicata soltanto a vincere partite, ma anche ad aiutare e consigliare gli altri”.

Al di là dei numeri impressionanti che l’hanno fatta entrare nell’International Tennis Hall of Fame già nel 1967, alla fine rimangono di queste personalità la dedizione allo sport e la fitta rete di relazioni amicali e affettuose instaurate nel corso di una intera vita e che danno ai risultati sportivi una veste ancor più mitica.

Ricordiamo brevemente i suoi record: in singolare iniziò a vincere tornei dello Slam nel 1946, nel 1947 fu classificata n. 1 al mondo e nel 1949 visse il suo exploit vincendo Roland Garros, US Championships e finendo finalista a Wimbledon. Ricordiamo che non partecipò mai allo Slam australiano, ecco perciò come i suoi 6 titoli siano significativi di una classe cristallina, in un’epoca difficile, nel dopoguerra in cui alcuni passavano tra i professionisti, ma per altri, come la duPont, il tennis rimaneva un divertente passatempo, una forma d’arte slegata da altri fattori. Infatti diceva: “Per me è sempre stato solo tennis, tennis, tennis. Non so perché, ma lo amavo e l’ho sempre amato”.

Ancora più notevole la sua carriera di doppista: principalmente con la prediletta compagna Louise Brough Clapp (ancora vivente alla bell’età di 89 anni). Iniziò a vincere Slam nel 1941, per chiudere il ciclo vincente, ma non le competizioni, nel 1957 a 21 titoli, 13 US Championships di cui 10 consecutivi (1941-1950). Se sommiamo anche i titoli in doppio misto (accompagnandosi anche a Neale Fraser) raggiungiamo la strabiliante cifra di 37 tornei dello Slam che le consentono di porre la firma come quarta di questa speciale classifica dietro solo a campionesse come Margaret Smith Court, Martina Navratilova e Billie Jean King.

Nel 1947 sposò William duPont Jr. da cui ebbe un figlio nel 1952. Va da sé che continuò a vincere anche dopo la maternità, ed è una delle poche donne ad avere questa particolarità. A questo matrimonio si lega il motivo per cui non andò mai in Australia: semplicemente il marito non glielo lasciò fare, la minacciò di divorzio. Un peccato per il suo ruolino di campionessa, anche considerando che poi si separarono comunque… Alla fine scelse di vivere con un vero sportivo, Margaret Varner Bloss.

Anche da questo denotiamo parte del suo carattere. Tutti la ricordano come d’animo gentile, addirittura accondiscendente, leale in campo e fuori, non ossessionata dalla vittoria. E così forse si spiegano anche le tre finali perse contro l’amica compagna di doppio, la quale forse aveva un po’ più di fame sportiva della nostra Margaret. Le parole di Tony Trabert dicono molto a questo proposito: “Ho visto molte volte giocare Margaret ed era una fuoriclasse, soprattutto in doppio, come si può notare dai suoi record. L’ho sempre trovata una persona genuina, simpatica e di grande sportività. È stata un’incredibile ambasciatrice per il nostro sport”.
Gianni Clerici è dello stesso avviso e ci aiuta a inquadrare la sua parabola tennistica in quel particolarissimo periodo di trasformazione del mondo della racchetta. Anche per le donne il gioco si evolveva; e di conseguenza si evolvevano le giocatrici.

Quella generazione americana, discendente diretta da Alice Marble, è stata il tramite che avrebbe portato a Billie Jean King, alla Navratilova, per poi passare dalla Graf e giungere alle beniamine d’oggi.
Quella generazione americana fu abbondante di talento, non solo le due summenzionate, ma anche Pauline Betz, Doris Hart, Shirley Fry e Althea Gibson. Erano moderne e antiche allo stesso tempo, eleganti eppure vere combattenti in campo. Per approfondire cercate le notevoli le foto dello stiloso rovescio della duPont, per poi riguardarvi questo piccolo spezzone della finale londinese del 1950 tra le due amiche, e alla fine rileggervi il bell’articolo del nostro Daniele Camoni sulla coppia che giustamente ribattezza come dolci assassine

Si è spenta dunque una delle memorie storiche di questo gioco che però non era legata solo a un mondo antico e sorpassato, ma bensì seguiva con molto interesse anche il tennis d’oggi, con una predilezione per l’Andy Murray di quest’anno. “Però”, diceva, “ora colpisci la palla più forte che puoi e di quando in quando ti avvicini alla rete. Non c’è molta attività cerebrale in questo. E, ovviamente, l’evolversi della tecnologia delle racchette ne ha fatto uno sport completamente diverso”.

Per una abituata ai gesti bianchi, alle volée il più variate possibili, al serve and volley, al rovescio monomane, dev’esser stato come vivere una rivoluzione copernicana.

Enos Mantoani

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