10/01/2013 00:04 CEST - Coppa Davis

ItalDavis, la semifinale è possibile

TENNIS - Forse la ragione è contro, i pronostici anche. Ma la Davis 2013 sembra sorridere all'Italia: con una Croazia zoppa, con il dubbio Karlovic e una Spagna orfana di tanti campioni, un quarto equilibrato con il Canada di Raonic non sarebbe insostenibile. Sorge allora la domanda di questo articolo. I pro e i contro. Davide Uccella

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Simone Bolelli (Getty Images Europe Mike Hewitt)
Simone Bolelli (Getty Images Europe Mike Hewitt)

Prima di mettere nero su bianco qualcosa sull'argomento, ho contato fino a cento: non ho nessun nome di fama, nessun Oscar, nessuna palma d'oro, per dirla cinematograficamente. Sono semplicemente un appassionato che guarda, cerca di legge il più possibile, si informa. Ovviamente non basta mai, Socrate docet. Però mi è stato sempre detto che quando c'è un 'idea in testa, non è un delitto farla propria in pubblico. Soprattutto se hai qualche ragione che le stia sotto, delle motivazioni. 

L'argomento è delicato. Perchè quando si parla di Italia nel tennis, e di Italia in Davis, un ragionamento pro o contro ha sempre l'aria di un pensiero fin troppo in libertà, oppure di una lode senza contraddittorio. E il pubblico si spacca: da un lato c'è chi critica a prescindere, quelli del "Ma dove andiamo...altri tempi...è tutto finito". Poi non mancano quelli del tipo "la speranza è l'ultima morire...bravi comunque...ci hanno provato...che sfortuna...non stavamo troppo bene". Infine i critici ma senza pregiudizi, e discutono solo sulla base di qualche fatto ben documentato. 

E fatta questa premessa, andiamo al dunque.  La Coppa Davis  pare un tantino tabù sulle nostre labbra, e da tanti anni ormai l’Italia non riesce a centrare un risultato importante. E’ dal 1998 che l’Italia non supera i quarti. Quell’anno la squadra azzurra raggiunse addirittura la finale, poi persa in quel di Milano con la Svezia per 4-1. Dall'altra parte Norman, Bjorkman e Gustafsson, pesò tantissimo nell'economia della serie l’infortunio di Gaudenzi nel primo singolare, sul 6-6 del quinto set, quando fu messo al tappeto ma da un infortunio al tendine della spalla, che si ruppe di netto durante uno scambio, costringendolo a ritirarsi dopo una partita incredibile durata cinque ore.

Da quel momento la nostra nazionale si è persa, con stracci che sono volati un po' dappertutto. Un oblio in diretta, e in due tempi. Prima tappa la scomparsa dal World Group, nel 2000, in quel di Mestre: mai messa a verbale fino a quel momento, con il Belgio si consuma il triste esilio dal tennis che conta, nonostante l'orgoglio (e le lacrime) di Davide Sanguinetti, sulla spalla di Paolo Bertolucci, nella quinta partita. Poi la retrocessione in serie C, tre anni dopo, con la vergogna di Harare. Così dopo un’agonia di due ore e quindici minuti - tanto durò il match decisivo di doppio - l’Italia di Bertolini e Giorgio Galimberti si arrendeva allo Zimbabwe dei collaudatissimi Black ed Ullyett, dando corpo a quello che pareva un disastro annunciato, dopo le incredibili sconfitte della prima giornata di Volandri e Sanguinetti.

Poi, lenta, affannosa, è arrivata la risalita. La sofferenza indicibile contro la Polonia, a Livorno, nel 2004. Una battaglia: dal 2-0 al 2-2, e la vittoria sudatissima di Potito nel punto finale, sotto due set a uno contro Fyrstenberg. Si aprono le porte del purgatorio, ma vuoi altri disastri (Israele? Sela e Okun?), vuoi la fortuna che non ti aiuta, come nel caso di una certa squadra di cui parleremo, le pendenze sono dure da macinare. Quattro sono le occasioni perse, prima di trovare l'accoppiata vincente con il Cile (persino bissata pochi mesi fa), e tutte con formazioni dotate di relativo top-player: nell'ordine Spagna (due volte, sempre contro Nadal), poi la Svizzera nel 2009, guidata a Genova da un certo Federer, infine la Svezia del bomber Soderling, al suo ultimo anno in piena forma.

Facciamo quindi un bel flash-forward, e arriviamo a Napoli, settembre, con la permanenza nel World Group, sempre ai danni di un Cile non-Cile, se paragonato ai fasti conosciuti con Rios, Gonzalez, Massu...altra roba.

Insomma tanti ricordi, belli, brutti, pesanti, ci portano a questo 2013 , in cui però la squadra capitanata da Corrado Barazzutti ha la grande chance di poter far molto bene: il sorteggio per una volta è stato favorevole e così gli azzurri, sulla terra indoor del PalaVela di Torino, a Febbraio affronteranno la Croazia: dall'1 al 3, per la precisione. E' quello l'avversario che avevamo nascosto, volutamente. Un avversario che però oggi, senza la potenza e il servizio dei Karlovic e degli Ancic del 2008, o senza la saggezza e la scaltrezza di Ljubo, pare un tantino più abbordabile. Il solo Marin Cilic, per quanto resti sempre n.15 del mondo, resta un vero spauracchio per i nostri giocatori. Resta sempre Ivan Dodig, uno che è nato in una terra di miracoli e di visioni (a Medjugorje): devoto del credo Ivanisevic, tutto potenza e personalità, con un servizio sempre intorno ai 220 kmh, è oggi al 73° gradino del ranking, un'autentica mina vagante. Eppure su una superficie amica, risultati più recenti in poppa, il quartetto composto da Seppi, Fognini, Bolelli e Bracciali (dovrebbero essere questi i nomi salvo eventuali sorprese) cercherà di conquistare il pass per i quarti di finale.

Non faremo quindi studi approfonditi in questo articolo, offriamo soltanto un'ipotesi. Anche perchè se si dovesse superare la Croazia, l’avversario arriverebbe dalla sfida che mette di fronte la Spagna e il Canada.

Di primo impatto verrebbe da dire che gli azzurri dovranno vedersela con le Furie Rosse, ma non è così scontato che la squadra più forte del panorama mondiale possa avere vita facile in terra americana. Infatti la Spagna sarà in grande emergenza visti i sicuri forfait di Nadal e Ferrer e quello probabile di Nicolas Almagro e quindi l’eliminazione al primo turno per i finalisti dell’anno scorso non è esclusa. E poi perchè il Canada sarà guidato dall’astro nascente del tennis mondiale Milos Raonic: 22 anni il 22 dicembre, due tornei ATP (a Chennai e San Jose) in cascina nel 2012 e n.12 da difendere, Raonic è il primo canadese ad aver incrinato la top 40 della classifica singoli ATP.

C'è poi il senatore Daniel Nestor, altra figura centrale per il movimento con i suoi 80 titoli in doppio, attuale n.3 del mondo di categoria. Senza contare che qualche exploit inatteso potrebbe interessare Filip Peliwo: classe '94, figlio di immigrati polacchi, autore di una delle migliori stagioni nella storia del tennis giovanile. Primo dopo 28 anni a giocare tutte e quattro le finali Slam, è diventato il primo canadese di sempre con due Slam all'attivo in singolare: Wimbledon e Us Open. Una stagione record, insomma, impreziosito dalla posizione n.1 conquistata a Wimbledon e difesa a Flushing Meadows dal primo assalto di Luke Saville.

Insomma, un "Canadian Dream" che potrebbe superare più di qualche pronostico a sfavore.

Non nascondiamolo, siamo in minoranza, rispettiamo il passo alla volta, forse corriamo un pò troppo. Ma è innegabile che una sconfitta della selezione iberica potrebbe aprire uno spiraglio nel tabellone molto interessante. E sarebbe un’occasione troppo ghiotta da lasciarsi sfuggire, una possibilità per salire sul treno che porta dritto al cuore del tennis mondiale.

Davide Uccella

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