08/03/2013 20:44 CEST - IL PERSONAGGIO

Tatiana Naumko: il coach che sfidò i pregiudizi

TENNIS - Tatiana Naumko ha allenato Andrei Chesnokov seguendolo durante tutta la sua carriera. Un legame tra coach e allievo che ha attraversato indenne la Guerra Fredda.  "Non sono più dura di quanto lo sarebbe una madre". Massimiliano Di Russo

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Tatiana Naumko e il tennis durante la Guerra Fredda
Tatiana Naumko e il tennis durante la Guerra Fredda

Quando si pensa a coach donne che si occupano di tennisti non sono poi molti i nomi che vengono in mente. Spesso diverse genitrici hanno ricoperto un ruolo preponderante nell’educazione tennistica dei propri figli, basti pensare a Gloria Connors e a Roza Islanova, che preferiva portare il piccolo Marat Safin (e in un secondo momento la sorella Dinara) nel circolo dove insegnava tennis piuttosto che lasciare che la prole venisse sorvegliata da una babysitter. In tempi più recenti val la pena di citare Judy Erskine, croce e delizia di Andy Murray e Klaudiya Istomin, il cui figlio Denis è alla ricerca del primo titolo Atp. E chissà che Tim Henman non abbia appreso i primi rudimenti una volta condotto sul Centre Court di Wimbledon nel pancione della mamma Jane, impegnata in un doppio misto.

Se Llodra preferì affidarsi durante un breve periodo alle cure di Amelie Mauresmo, che gli fruttarono il titolo a Eastbourne nel 2010, un ormai trentenne Tim Mayotte nel 1991 tentò di giocarsi la carta Billie Jean King per risollevare una carriera ormai declinante. In quegli anni nel circuito maschile esisteva solo un altro coach donna: la sovietica Tatiana Naumko, che seguì  il connazionale Andrei Chesnokov durante tutta la sua carriera. Quattordici anni che fruttarono al tennista nato a Mosca sette titoli, tra i quali spiccano le vittorie a Montecarlo e Montreal, e finali prestigiose a Roma e Indian Wells. Nel 1989 Chesnokov raggiunse le semifinali del Roland Garros perdendo dal futuro vincitore Michael Chang in quattro set, mentre due anni dopo ottenne il suo best ranking entrando nella top ten (No. 9). Esauritasi l’esperienza con Chesnokov, Tatiana Naumko è approdata nella Wta dove ha allenato Nadia Petrova, Elena Likhovtseva, Tatiana Panova ed Elena Dementieva.

Ex giocatrice professionista che per le severe leggi sovietiche da giovane non poté mai lasciare la madrepatria, iniziò a lavorare come istruttrice in un circolo di tennis e agendo da talent scout nelle scuole locali. Proprio in una di queste incontrò per la prima volta Andrei Chesnokov, all’epoca un ragazzino di sette anni che la Naumko prese sotto la sua ala protettiva pronosticandogli un futuro radioso. Grazie alle riforme che nel frattempo stavano apportando dei profondi mutamenti nella società sovietica, alla Naumko fu permesso finalmente di viaggiare a livello internazionale. Fu così che l’ambiziosa istruttrice varcò per la prima volta i patri confini alla volta degli Stati Uniti dove un sedicenne Chesnokov avrebbe partecipato agli Eddie Herr Championships e all’Orange Bowl.

“In quegli anni, per via della Guerra fredda, vivevamo un periodo difficile. Al nostro arrivo ci accolse la polizia, le cui forze erano dislocate attorno ai campi da tennis. La gente si domandava il perché, visto che ero solo una donna con un paio di ragazzini”.

Durante gli anni successivi la situazione sarebbe migliorata, sebbene le difficoltà non cessassero. A differenza delle madri che gestivano la carriera dei propri figli, alla Naumko non fu mai concesso il pass nel settore dei familiari. Chesnokov dovette affrontare costantemente la pressione dei colleghi affinché trovasse l’accordo con un coach diverso, finché non accettò il consiglio della nonna. Mantenere in servizio l’allenatrice, dalla quale non si sarebbe più separato. “Ho detto ad Andrei: è una tua decisione. Qualsiasi essa sia, io sarò soddisfatta. La verità è che non ho mai capito la controversia di quegli anni. Che sia giocato da uomini o da donne, il tennis è lo stesso. Hai un avversario di fronte e giochi con delle racchette.  Colpisci una palla, analizzi i punti di forza e debolezza. E’ lo stesso per entrambi i sessi”. Se da un punto di vista strategico il tennis non offre soluzioni alternative, ci sono però delle differenze di tipo psicologico: “Le donne sono più emotive. Agli uomini non piace perdere e per questo motivo si arrabbiano, tendono a reagire. Le donne invece piangono”.

All’inizio di questa disamina si faceva riferimento a celebri madri di tennisti, prototipo diffuso di coaching femminile nel circuito maschile. Più raramente vi sono state allenatrici “esterne”, in ogni caso mai per lunghi periodi di tempo. O almeno non quanto quello intercorso durante il rapporto professionale tra Tatiana Naumko e Andrei Chesnokov. La ricetta di così tanta longevità è semplice: “Ogni uomo ha una madre. Le madri insegnano ai loro figli per tutto il tempo. Io non sono più dura di quanto lo sarebbe una madre”.
 

Massimiliano Di Russo

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