30/04/2013 15:15 CEST - Personaggi

Seles: a 20 anni dall'incubo

TENNIS - Il 30 aprile 1993 Gunther Parche accoltella Monica Seles ad Amburgo. Verrà accusato solo di lesioni gravi. Per Monica inizia un periodo buio segnato dalla malattia del padre (cancro) e dai disordini alimentari. "Ora però so che vuol dire essere felice" scrive. Alessandro Mastroluca

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Monica Seles accoltellata da Gunther Parche
Monica Seles accoltellata da Gunther Parche

“Ho imparato che niente va mai come pensi”. Monica Seles l'ha imparato nell'attimo drammatico in cui ha visto il suo sangue tingere la terra rossa della Rothenbaum arena di Amburgo. Sono le cinque del pomeriggio del 30 aprile 1993.

Monica Seles sta agevolmente vincendo 61 43 il suo incontro quarto di finale contro Magdalena Maleeva. A 19 anni, la numero 1 del mondo arriva da due stagioni straordinarie. Dal gennaio 1991 al febbraio 1993 ha giocato 33 finali su 34 tornei disputati vincendo 22 titoli con un bilancio di 159 successi e 12 sconfitte. Dal 1990, poi, ha perso una sola partita nei tornei dello Slam e ha già otto major in bacheca.

È stata lei a interrompere il regno al vertice del ranking WTA di Steffi Graf, durato ininterrottamente dal 1987 al 1991. All'inizio di quella stagione, Graf e Seles si sono alternate due volte al vertice della classifica, ma dal 9 settembre 1991 Seles è tornata numero 1 senza più cedere lo scettro. Quel giorno è cambiata la vita di Gunther Parche, tornitore disoccupato di 38 anni che ha visto la passione per il tennis femminile e per Steffi Graf tramutarsi prima in adulazione per Fraulein Forehand poi in un'autentica ossessione. Gunther entra in una spirale di disperazione, di depressione tanto da accarezzare l'idea del suicidio.

Al cambio campo, si mescola facilmente tra la gente che si alza per andare in bagno o a comprare da bere e riesce a raggiungere la prima fila. Tra lui e Monica Seles c'è solo una ringhiera alta mezzo metro. Nessuno lo nota mentre estrae da una borsa verde un coltello da cucina con la lama da sedici centimetri e sporgendosi oltre la ringhiera lo pianta nella schiena di Monica Seles, che si era appena chinata in avanti per bere un sorso d'acqua. "E’ strano” scrive, “ come le cose più insignificanti possano avere un tale impatto sulla tua vita. I medici mi hanno detto più tardi che, se non mi avessi protesa in avanti proprio in quel momento, avrei rischiato seriamente la paralisi”.

“Sentii un dolore terribile nella schiena” ricorda. "Un dolore che da sinistra si irradiava dovunque. Sentii un urlo disumano, quasi fosse un altro, e non io stessa, a gridare. Mi voltai. L' uomo teneva un coltello con entrambe le mani, lo stava alzando. Mi ritrovai un metro oltre la sedia sulla quale mi stavo riposando, al cambio di campo. Non so ancora come riuscii a buttarmi a terra , mentre lo guardavo. Era lo stesso che avevo visto all'hotel, lo stesso che seguiva tutti i miei allenamenti. Una guardia gli balzò addosso, lo bloccò con una presa alla gola. Madeleine van Zoelen, la fisioterapista, mi abbracciò, spinse qualcosa contro la mia ferita. Mio fratello Zoltan apparve di fronte a me. Ero stata pugnalata. Una parola, pensai, incredibile”.

L'arbitro, Stefan Voss, chiede immediatamente asciugamani e ghiaccio. Yulia Maleeva, la madre di Magdalena, urla anche se la figlia nei primi momenti non si rende bene conto di cosa stia accadendo. La security arresta Gunther Parche mentre sta tentando di vibrare un secondo colpo. Viene accusato di tentato omicidio, reato che prevede una pena massima di 20 anni, e si dichiara immediatamente colpevole. Nella deposizione si legge: “Sono un gran tifoso di Steffi Graf. Ho più volte mandato a sua madre cento marchi perché, in occasione dei suoi anniversari, le acquistasse dei fiori. Nel 1990, quando Steffi era n. 1 e perse in finale all'Open di Germania dalla Seles, il mondo parve crollare intorno a me. Così decisi di punire la Seles. Ad Amburgo mi decisi dopo tre giorni di appostamenti, nel momento che mi parve più propizio. Non l' ho colpita con tutta le mia forza, non volevo ucciderla, ma solo ferirla. Non sarebbe mai più stata in classifica davanti alla mia Steffi”.

Riabilitazione
La “sua” Steffi andrà a trovare Monica in ospedale per pochi minuti, si commuoverà davanti alla rivale ferita, e tornerà a regnare incontrastata. Vincerà quattro Slam di fila (Roland Garros, Wimbledon e Us Open 1993 e Australian Open 1994) e il 7 giugno 1993 realizza il desiderio di Gunther: torna numero 1, una posizione che manterrà per 20 mesi prima dell'alternanza con Arantxa Sanchez che dura da febbraio ad agosto del 1995.

Dopo la commozione immediata e i messaggi di cordoglio, la WTA volta presto pagina: lo spettacolo non deve finire. Il torneo di Amburgo si conclude e la settimana successiva, a Roma, 17 tra le prime 25 giocatrici al mondo si riuniscono per decidere se permettere a Monica di mantenere il ranking protetto per più dei due mesi consentiti dal regolamento. Sono tutte contrarie alla deroga tranne Gabriela Sabatini. “E' stata l'unica che mi ha visto come un essere umano e non come una posizione in classifica da conquistare”.

Monica ha già lasciato l'ospedale, in quanto la ferita non ha provocato danni ai nervi o alla colonna vertebrale né leso organi vitali. In un primo momento si pensa addirittura che possa rientrare per il Roland Garros, però i progressi sono più lenti del previsto. Deve rinunciare sia a giocare alla Porte d'Auteuil sia a Wimbledon. “Non riesco nemmeno a pettinarmi, certo non posso tenere in mano una racchetta” spiega Seles che va a farsi curare alla Steadman-Hawkins Clinic di Vail, in Colorado.

Alle ferite fisiche e psicologiche dell'agguato se ne aggiungono presto altre. A suo padre, Karolj, viene diagnosticato un cancro alla prostata, che lo condurrà alla morte nel 1998. E' molto legata al padre, vignettista che l'ha avviata al tennis disegnando il volto del topolino Jerry sulle palline che Monica-Tom avrebbe dovuto acciuffare con la sua racchetta.  A casa, poi, Karolj tendeva una corda tra due auto e predisponeva delle scatole agli angoli di quel campo improvvisato che Monica riempiva di centinaia di palline prima di rientrare per cena. Già da quando ha cinque anni, Monica dimostra attitudine per il gioco e spirito competitivo: il suo obiettivo è battere il fratello Zoltan, di otto anni più grande e miglior prospetto jugoslavo per la sua classe di età che allora affrontava Edberg e Becker nei tornei junior in giro per l'Europa.

A 13 anni, Monica è la migliore giocatrice under-18 del mondo. Così, nel 1986, i Seles lasciano la Serbia per gli Usa. Monica firma con l'IMG e si va ad allenare all'accademia di Nick Bollettieri. Con lei all'inizio c'è solo Zoltan, poi si unisce il resto della famiglia. Non parla inglese, non fa amicizia facilmente. “Il tuo fidanzato è la macchina sparapalle” scherza Bollettieri che la vede allenarsi anche per decine di ore su un singolo colpo. In un assolato pomeriggio Monica fa impazzire Courier: lo spedisce da un angolo all'altro del campo durante un match di allenamento e da allora il futuro numero 1 del mondo non vorrà più scambiare con lei. “Non accettava di non riuscire in qualcosa” ha raccontato Bollettieri.

I mesi di riabilitazione, le sue cure e i cicli di chemioterapia di suo padre, costituiscono un periodo buio, in cui Monica prova a riempire il vuoto e il dolore rifugiandosi nel cibo. Prende chili, un aspetto sul quale sarà molto attaccata dalla stampa inglese al suo rientro a Wimbledon, più ancora per le urla a 93 decibel che accompagnano ogni suo colpo. “Il cibo era diventato l'unico modo per mettere a tacere i miei demoni” scrive nel libro autobiografico in cui racconta i suoi disordini alimentari, Getting a Grip. “Ancora non so perché trovassi sollievo nel cibo. Forse ero annoiata. Forse era una reazione inconscia alle parole rabbiose di Parche che aveva detto: 'Le donne non dovrebbero essere magre come grissini'. Ingrassando sarei stata protetta da altre aggressioni”.

Il processo
Il processo a Parche inizia a ottobre del 1993, sei mesi dopo l'aggressione. La difesa ha una sola strada da percorrere, la ridotta capacità mentale codificata nella sezione 21 del codice penale tedesco. La pena, si legge, deve essere ridotta se “al momento del crimine, la capacità di chi commette il reato di comprendere l'illegalità della sua azione o di agire in accordo con tale comprensione sia sostanzialmente ridotta” a causa di fattori come psicosi, disordini  o anormalità mentali, profonda interruzione di coscienza, debolezza di mente.

Monica sceglie di non testimoniare. Non è in condizione, dice, continua a rivivere quei momenti nelle notti devastate dagli incubi. La sua decisione finisce per agevolare la difesa di Parche che sul banco degli imputati conferma la sua confessione iniziale: “ho colpito perché volevo ferirla, non ucciderla”. Così il giudice Elke Bosse derubrica il reato da tentato omicidio in lesioni gravi e il 14 ottobre lo condanna a soli 2 anni di reclusione con la sospensione condizionale della pena. In pratica, Gunther Parche lascia il tribunale da uomo libero. Monica è scioccata. “Che messaggio manda al mondo questa sentenza? Parche ha ammesso che mi ha seguito, che mi ha accoltellato una volta e ha tentato di farlo una seconda. E ora la corte ha detto che non deve andare in prigione per questo crimine premeditato. Lui può tornare alla sua vita, mentre io ancora non posso perché mi sto ancora riprendendo da questo attacco che avrebbe potuto uccidermi”.

La sentenza risveglia anche la WTA che assume un avvocato tedesco, Hajo Wandschneider, per presentare appello insieme a Monica Seles, che di nuovo non si presenta in aula. "Il ricordo di quell'uomo dietro le mie spalle mentre cerca di accoltellarmi una seconda volta mi perseguita ancora. Perché dovrei tornare a vederlo in faccia di nuovo solo per provare che giustizia sia fatta?”.

Il suo avvocato, Gerhard Strate, legge la lettera che Monica indirizza alla corte. “Voglio giustizia. L'attacco ha irreparabilmente cambiato, ha distrutto la mia vita e fermato la mia carriera”. Ma il 4 aprile 1995 la giudice Gertraut Goring conferma la sentenza di primo grado. Monica giura che non tornerà mai più a giocare in Germania. E manterrà la sua promessa.

Quell'estate, 28 mesi dopo l'attacco, Monica ritorna su un campo da tennis, grazie al supporto di Martina Navratilova che la convince a partecipare a un'esibizione ad Atlantic City. E Monica, come canta Bruce Springsteen nella canzone dedicata proprio alla città dei casinò, "si mette il trucco, si aggiusta i capelli" e dimostra che "è vero, tutto muore, questo è un fatto, ma forse ciò che muore un giorno ritorna".

Comincia la seconda parte della sua carriera ed è subito polemica perché la WTA le garantisce l'inedito ranking di "numero 1 bis" per i primi sei tornei che gioca. Nel 1994 ha preso la nazionalità statunitense ed è per gli Usa che vince tre Fed Cup e il bronzo olimpico di Atlanta, nel 1996. Dal suo rientro, fino all'addio, ufficializzato nel 2008 anche se la sua ultima partita rimane la sconfitta al primo turno al Roland Garros del 2003, vince un altro Slam (gli Australian Open del 1996) e altri 20 titoli WTA. Ma non torna più numero 1 del mondo.

Una nuova vita
“Nel caos della mia vita professionale, non ho mai avuto abbastanza tempo per stare sola, per ascoltare me stessa” scrive in Getting a Grip. “Ho cominciato a farlo ed è stato come provare a conoscere qualcuno che hai sempre visto ma che non hai mai fatto entrare nella tua vita. Ho iniziato a fare cose che prima non avrei nemmeno immaginato: buttarmi col paracadute, passeggiare per Parigi, organizzare le mie foto che mio padre aveva collezionato in 20 anni”, partecipare (peraltro senza troppo successo) alla versione americana di Ballando con le stelle. “Mi sono concessa di piangere per la morte di mio padre. E più aumentava la qualità dei miei giorni, più il mio stomaco smetteva di sentirsi vuoto. So cosa vuol dire guardarsi allo specchio e sentirsi orribili. So cosa vuol dire svuotare la dispensa in piena notte e risvegliarsi piena di rabbia e rimpianti. Ma non è così che deve andare. Ora so cosa vuol dire essere felice

Alessandro Mastroluca

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