26/05/2013 14:44 CEST - Interviste

Noah: “Hanno ucciso lo spirito del tennis”

TENNIS - Noah, ultimo francese a vincere il Roland Garros, nel 1983, ricorda la sua vittoria. "Pensare che pochi giorni prima stavo pensando di lasciare il tennis". Oggi, dice, "hanno ucciso il tennis. La gente ama ancora McEnroe ma non conosce la personalità dei giocatori. Djokovic vorrebbe scherzare ma non può. Il politically correct ha ammazzato il tennis". Stéphane Mandard e Henri Seckel, Le Monde, trad. Alessandro Mastroluca

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Yannick Noah
Yannick Noah

Trent'anni fa Yannick Noah faceva impazzire Parigi. La finale su Wilander e l'abbraccio con suo padre resta uno dei momenti più memorabili, più commoventi per il pubblico francese. Trent'anni dopo, è ancora Noah, scoperto in Tanzania da Arthur Ashe che l'ha accompagnato in Francia e presentato a Philippe Chatrier lanciando la sua carriera, l'ultimo francese ad aver vinto il Roland Garros. Si è raccontato per l'occasione in una lunga intervista a Le Monde di cui presentiamo gli estratti principali.

Se il 5 giugno 1983 ti avessero detto che, trent'anni dopo, saresti stato ancora tu l'ultimo francese ad aver vinto il Roland Garros, ci avresti creduto?
No di sicuro. Ma per me non cambia nulla essere l'ultimo francese e non cambierà niente se un giorno dovesse arrivarne un altro. Il mio ricordo di quella è nel mio cuore e nessuno lo può toccare.

Dopo quel Roland Garros sei stato quasi vicino a smettere.
È stato incredibile. A quindici giorni dal debutto al Roland Garros, partecipo alla Coppa delle Nazioni, una specie di esibizione a squadre a Dusseldorf. Sono nel pieno della preparazione per il Roland Garros, ho la sensazione di perdere tempo: piove, non mi posso allenare e il venerdì mi ritrovo ad aspettare due giocatori per disputare il match per l'ultimo posto. Mando tutto al diavolo allora e torno a Parigi. E la domenica mattina chiedo di essere sostituito. Lì mi ritrovo col sistema che mi attacca perché non sono professionale, perché non rispetto il gioco e bla bla... La domenica sera chiamo Moulinot, il mio migliore amico, che suonava la batteria. Gli dico che con i miei soldi avremmo potuto comprare una capanna in Camerun, mettere su un complesso, io avrei suonato la chitarra e avrei lasciato il tennis, che era tutto un mondo di pochi di buono. È una delle poche volte che “Moul” mi ha dato un consiglio giudizioso. Mi ha detto: “Lascia perdere queste fesserie. Gioca il Roland Garros, poi si vedrà”. Il giorno dopo la mia vittoria ho scoperto di essere stato squalificato per due mesi per la storia della Coppa delle Nazioni e non ho potuto giocare Wimbledon.

Hai più parlato con Wilander di quella finale?
Un giorno mi ha detto una cosa splendida: “E' stata l'unica volta nella mia vita in cui è stato bello perdere. È la sola sconfitta che non mi ha fatto stare male”. Tempo dopo stavamo ricordando quella partita durante un volo per il Qatar dove avremmo dovuto giocare un'esibizione, e mi ha detto: “Lo sai che mi devi tutto? Immagina se ti avessi battuto e avessi perso tre anni dopo da Leconte”. In effetti...

Oggi c'è un giocatore che ti emoziona?
In un'altra vita, frequentavo un circuito in cui era ancora possibile dire parolacce, insultare tutti, in cui potevi essere come volevi. Poi hanno ucciso questo sport instaurando, da 15-20 anni, una specie di codice di condotta per cui non puoi urtare le orecchie del giovane pubblico americano che non può sentire “cazzo” o “merda” (sic). Di fatto, la generazione che è arrivata dopo la mia ha imparato il tennis con queste regole che hanno ammazzato lo spirito di questo sport. Quando giocavo io il pubblico era più vicino a noi giocatori, ci conosceva, ci sentiva gridare. McEnroe con le sue urla ele proteste ha costruito una carriera. La gente lo amava perché dicevano: “Ci sarà sicuramente casino”. Oggi un McEnroe non esisterebbe, non potrebbe giocare. Da due o tre anni, la finale del doppio maschile si gioca sul Centrale, quella del doppio delle leggende sul campo 1. Il Centrale è vuoto, l'1 è stracolmo. La gente vuole vedere McEnroe ancora.
Il codice di condotta ha tolto al pubblico la possibilità di conoscere la vita dei giocatori, oggi non sai chi sono, qual è la loro personalità. Djokovic, per esempio, vorrebbe scherzare tutto il tempo ma non può, non è più possibile. E il pubblico assimila tutto questo. Appena dici “merda” tutto il pubblico fischia. Domina il politicamente corretto. Tutto uguale, come piace alla CBS e alle tv americane.

Leggi l'intervista integrale (in francese)

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