12/06/2013 17:43 CEST - L'ANALISI

La superficie critica

TENNIS - Tutti concordano che le superfici negli ultimi venti anni sono state rallentate e uniformate, ma quanto c’è di vero e verificabile in tali affermazioni? Cosa dicono i  pochi dati quantitativi di cui disponiamo? Daniele Malafarina

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Federer e Nadal durante la "Battle of Surfaces" del 2007
Federer e Nadal durante la "Battle of Surfaces" del 2007

Un recente articolo apparso sul blog heavytopspin discute l’annosa questione dell’uniformazione delle superfici. È un luogo comune ormai che le superfici si vanno uniformando e che le peculiarità specifiche di ciascuna superficie stanno sparendo agevolando il processo di omogeneizzazione del tennis.

La tesi dell’unifomiazione delle superfici è solitamente accettata acriticamente. Heavytopspin sposta allora l’attenzione sui dati quantitativi misurabili per verificare quanto questi confermino ciò di che tutti diamo per scontato.

Riportiamo qui tra virgolette i pasaggi più significativi dell’articolo in questione accompagnati da alcune riflessioni.

“Prima di tutto è importante definire cosa si intende per velocità della superficie e che cosa possiamo capire dalle statistiche.”
“Ci sono molti fattori che determinano quanto velocemente la palla si muove nell’aria (altitudine, umidità, tipo di palline) così come molti fattori determinano la velocità del rimbalzo (compresa la superficie). Grazie ad Hawk-Eye è possibile quantificare alcuni di questi fattori ma purtroppo i dati disponibili sono molto ridotti.”
“L’altezza del rimbalzo e la velocità del colpo possono essere quantificate solo da poco tempo e quindi tali dati sono inutili per quest’analisi. Quindi restiamo bloccati con i soliti dati su ace, percentuali di servizio, palle break, eccetera.”
“Non si può determinare se la palla viaggi più veloce su un campo in cemento oggi rispetto al 1992. Ma si può dire che oggi i giocatori fanno in media il 25% di ace in più.”

L’articolo procede prendendo in considerazione due statistiche, generalmente correlate alla velocità delle superfici ed i cui dati sono disponibili da un lasso di tempo sufficientemente lungo: Ace e break.

“Su campi veloci si fanno più ace e meno break.”

“Per fare il confronto tra terra e cemento abbiamo guardato ai casi in cui due giocatori si sono affrontati nello stesso anno su entrambe le superfici. Ci sono una media di 100 casi simili all’anno negli ultimi dodici anni ed una media di circa 80 all’anno prima di allora fino al 1991.”
(nota: questo indica anche come la varietà di avversari incontrati dai tennisti professionisti sia diminuita nel corso degli anni. Un’analisi più approfondita anche di questo argomento sarebbe di enorme interesse).
“Concentrandoci su questi confronti diretti si escludono bias dovuti a giocatori che giocano quasi esclusivamente su una superficie. Ad esempio Andy Roddick alza il computo degli ace ed abbassa quello dei break sui campi in cemento per molti anni ma non influenza i dati sulla terra vista la sua scarsa partecipazione a molti di quei tornei.”

“Ad esempio David Ferrer e Fabio Fognini si sono affrontati quest’anno su entrambe le superfici. Sulla terra Ferrer ha fatto ace una volta ogni cento servizi, sul cemento lo ha fatto sei volte di più. Certamente un solo esempio può essere fuorviante, ma mettendone insieme cento e più e si ha una statistica degna di esser considerata. (Purtroppo questo metodo esclude l’erba dato che ci sono troppi pochi match su erba per avere un campione affidabile).”

“Mettendo tutto insieme si hanno dei numeri da confrontare. Ad esempio nel 2012 i break sono stati il 22% dei game giocati sulla terra ed il 20.5% sul duro. Dividendo l’uno per l’altro si trova che la frequenza dei break è 7.4% più alta che sul cemento.
Questa è una delle differenze più piccole degli ultimi 20 anni ma mettendo insieme tutti i dati si trova che le differenze variano dal 2.8% del 2002 al 32.8% del 2003. Per ottenere qualcosa di significativo abbiamo fatto una media su cinque anni:

“Più grande la differenza maggiore la differenza tra terra e cemento. Il periodo di maggiore differenza tra le superfici è il quinquennio 2003-2007 in cui ci furono il 25.4% di break in più sulla terra rispetto al cemento. Da allora c’è stato un declino (16.9% per il 2009-2012), ma senza raggiungere i livelli dei primi anni novanta (14.0% per il 1991-1996) e solo di poco più basso del periodo 1998-2002 (17.8%).”

“Quando poi si passa a considerare gli ace i dati sembrano supportare ancora meno la teoria dell’uniformità delle superfici.
Ecco le stesse medie su 5 anni, questa volta per la differenza di ace tra campi in cemento e terra battuta.”

“Ancora una volta il quinquennio con la maggiore differenza è il 2003-2007,
quando gli ace su campi in cemento erano il 51.3% più frequenti che sulla terra. Da allora la differenza è scesa al 43.0%, comunque un gap abbastanza largo.”

“Se le superfici si assomigliano sempre più perchè c’è una maggiore differenza in ace oggi rispetto a 10, 15 o 20 anni fa? E perchè la frequenza di break sul cemento non si avvicina a quella sulla terra battuta?”

“Negli ultimi 20 anni il tennis è cambiato in molti modi, alcuni dei quali fanno sembrare un match sul cemento simile ad uno su terra e viceversa. Ma le caratteristiche di terra e e cemento non sono cambiate di molto in questo periodo.”

Le due domande poste alla fine dell’articolo sono la questione su cui si impernia l’intero ragionamento. Probabilmente considerare break ed ace senza tenere in conto come è cambiato lo stile di gioco è un fattore importante. Così come è importante sottolineare che ace e break sono solo due aspetti e che molti altri elementi, quantitativamente imponderabili per mancanza di dati, possono essere altrettanto importanti. L’analisi proposta è interessante non in quanto risponda in maniera inaspettata alla domanda su come siano cambiate le superfici, quanto perchè, con i pochi dati a disposizione, trova indicazione che vanno in senso contrario e quindi apre ulteriori interrogativi.

L’esempio di Ferrer e Fognini è calzante ma quanto è indicativo? Vent’anni fa un giocatore come Ferrer non avrebbe avuto la capacità tecnica di giocare diversamente su diverse superfici. Oggi invece un Ferrer sa tirare un servizio più potente sul cemento per tornare ad un gioco più conservativo sulla terra. Il dato sugli ace quindi si potrebbe spiegare con l‘adattamento dei giocatori alle condizioni di gioco. Mentre oggi i giocatori capaci di tirare forte il servizio sono di più rispetto a venti anni fa molti lo fanno solo quando necessario perchè comunque dispongono anche di altre armi. Il cemento non è la terra, questo è fuori discussione. E quindi ha senso che un giocatore che normalmente sarebbe un regolarista sul duro cerchi di accorciare gli scambi se ne ha la capacità. Questo non accadeva vent’anni fa. Come sarebbero i dati se i giocatori di allora giocassero sulle superfici di oggi purtroppo non lo sapremo mai.

È quindi largamente possibile che insieme all’evoluzione tecnica sia in atto un’evoluzione delle superfici che le porta ad assomigliarsi. Certo che i dati considerati qui fanno capire che il fenomeno è più complesso, dato che un’analisi di due fattori chiave come ace e break non sembra indicare sostanziali mutamenti rispetto al passato. È altresì possibile quindi che i cambiamenti nel tennis moderno siano imputabili meno alle superfici e più ad altri fattori.

La comprensione di questi altri fattori passa quindi attraverso la risposta alle due domande poste alla fine dell’articolo:

“Se le superfici si assomigliano sempre più perchè c’è una maggiore differenza in ace oggi rispetto a 10, 15 o 20 anni fa? E perchè la frequenza di break sul cemento non si avvicina a quella sulla terra battuta?”

Daniele Malafarina

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