30/06/2013 17:47 CEST - Storie di tennis

Il Wimbledon delle sorprese a 40 anni dal boicottaggio

TENNIS - Quest'anno ai Championships c'è stato quello che Sloane Stephens ha chiamato "Wimblegeddon". Il record di ritiri, le sconfitte di Nadal, Federer e Sharapova. 40 anni fa, nell'edizione 1973, nasceva la WTA. E la neonata ATP boicottava il torneo più importante del mondo. Alessandro Mastroluca

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Jan Kodes
Jan Kodes

La grande storia si è scritta negli anni che finiscono col 9. Dal 1789 della Rivoluzione francese al 1939 dell'invasione tedesca della Polonia che ha scatenato il secondo conflitto mondiale, dal 1969 dello sbarco sulla Luna al 1989 della caduta del muro di Berlino.

La piccola, recente storia del tennis si è scritta in anni che finiscono col 3. Nel 1873 il maggiore Walter Clopton Wingfield inventa e brevetta un nuovo gioco, che chiama “Sphairistikè o Lawn Tennis”. Nel 1913 Australia e Nuova Zelanda iniziano a competere separatamente in Coppa Davis (fino ad allora gareggiavano come Australasia) e nasce l'International Lawn Tennis Federation. Nel 1963 nasce la Fed Cup. Dieci anni dopo, il tennis vive il suo spartiacque. Billie Jean King convince gli Us Open a garantire prize money uguali per uomini e donne e crea la WTA dopo una infuocata riunione al Gloucester Hotel di Londra. In quegli stessi giorni il tennis maschile vive la più grave crisi di tutta la sua storia. Tutto comincia il 7 giugno 1973.

La neonata ATP annuncia che i suoi affiliati boicotteranno il torneo di Wimbledon per protestare contro la decisione dell'All England Lawn Tennis Club di confermare la squalifica di Nikola Pilic. “Niki”, croato di Spalato, e stato accusato di aver rifiutato la convocazione per l'incontro di Coppa Davis tra la Jugoslavia e la Nuova Zelanda. Per questo l'ILTF lo squalifica per tutti i tornei del mese di giugno. Pilic si appella contro la sospensione e, in attesa della decisione definitiva, gli viene concesso di giocare il Roland Garros, dove perdera in finale contro Ilie Nastase. Partecipa anche agli Internazionali d'Italia, ma stavolta senza l'autorizzazione dell'ILTF.  Cliff Drysdale, il sudafricano presidente dell'ATP, spiega all'Associated Press che l'ILTF “ha mostrato a Jack Kramer e a Donald Dell una lettera in cui Pilic fa un vago riferimento alla possibilità di giocare in Coppa Davis”.

Per anni, scrive Ashe, i padri del tennis jugoslavo non hanno voluto avere niente a che fare con Nikki perché era un professionista,un capitalista. All'improvviso, pero, hanno deciso che era di nuovo puro e lo vogliono in squadra. Pilic ha detto che ci sarebbe andato se non avesse avuto altri impegni e se Zeljko Franulovic, l'altro big jugoslavo, avesse recuperato dai suoi infortuni. Ma Pilic si è qualificato per le WCT Finals di doppio, in coppia con Allan Stone. Franulovic gioca comunque, ma perde sia in doppio che nel singolare decisivo, il quarto, contro Onny Parun: la Nuova Zelanda vince 3-2 a Zagabria.

Uno degli obiettivi fondamentali per i giocatori, spiega ancora Ashe, è la possibilità di scegliere liberamente in quali tornei giocare. La questione, in altri termini, è: perché un'organizzazione terza dovrebbe avere il diritto di decidere a quali eventi un tennista può o non può partecipare? Se a Nikki viene negata la possibilità di giocare a Wimbledon perché ha saltato la Davis, non si crea un precedente?

Donald Dell e Jack Kramer, due figure leader dell'ATP, iniziano a negoziare con gli organizzatori di Wimbledon, come ricorda un articolo di Usa Today. La sera prima del sorteggio Dell raggiunge un accordo con il presidente dell'ITF, Allan Heyman, in base al quale Pilic sarebbe stato ammesso formalmente al torneo con la promessa di ritirarsi. Si sarebbe comunque creato un precedente in materia di libera scelta dei giocatori, ma tutti avrebbero salvato la faccia. Invece, ha rivelato l'australiano Wayne Reid, allora membro del board dell'ITF, Heyman non presenta la proposta. “Se l'avessimo sostenuta” spiega Reid, “i giocatori avrebbero assunto il totale controllo del tennis”. È qui l'essenza della diatriba, dunque. Lo sintetizza bene Cliff Drysdale, che ha vissuto il boicottaggio da presidente dell'ATP. “Dicevano che stavano cercando di proteggere l'integrità di questo sport. Invece era solo una questione di potere”.

Ashe incontra anche Herman David, il presidente dell'All England Club, e gli domanda perché sta  permettendo che l'ILTF combatta la sua battaglia nascondendosi dietro gli organizzatori di Wimbledon. “E' una questione di principio” risponde Gorman che alla stampa dichiara: “Giocheremo il torneo comunque, siamo pronti a fare a meno di loro”.

Intanto il caso finisce davanti all'Alta Corte della Gran Bretagna, che pero lo giudica non di sua competenza. Il 19 giugno, al Westbury di Londra, viene convocata una riunione esecutiva dell'ATP. Presenti Jack Kramer; Pierre Darmon, direttore del Roland Garros; John Barrett, che scrive per il Financial Times e rappresenta la Slazenger, fornitore ufficiale delle palline del torneo di Wimbledon; e tra i giocatori El Shafei, Mark Cox, Pilic, Smith, Jim McManus, Drysdale e Ashe. Pilic, perche coinvolto a titolo personale, e Barrett, perché in conflitto di interessi, si astengono. Il britannico Cox vota contro, tutti gli altri sono favorevoli.

Ma i giocatori si sono iscritti singolarmente, perciò devono ritirarsi a titolo personale, uno a uno. E qualcuno si sfila: soprattutto Ilie Nastase, che dorme nello stesso albergo con molti dei tennisti dell'ATP e decide di cambiare hotel, insieme a sua moglie, perché l'atmosfera si e fatta spiacevole; e il numero 1 di Gran Bretagna Roger Taylor che prima supporta il boicottaggio ma poi cambia idea attirandosi le antipatie di Stan Smith: “Ogni decisione che un uomo prende influenza i suoi rapporti con gli altri, soprattutto una decisione come questa”.

“E' stato uno spartiacque per l'ATP e per il tennis professionistico” ha detto Drysdale. “Da quel momento i giocatori sono diventati parte integrante del processo decisionale”.

Gli organizzatori si ritrovano cosi con 80 defezioni e devono ripescare una serie di giocatori eliminati nelle qualificazioni. Taylor, mancino di Sheffield, viene salutato come un eroe. Le teste di serie sono dimezzate, passando da 16 a 8. Settimo favorito del seeding e uno svedese al suo debutto da professionista ai Championships; un diciassettenne slavato, dai lunghi capelli biondi e con quella riservatezza un po' misteriosa che fa impazzire le ragazze: Bjorn Borg. E un po' anche merito suo se, nonostante l'assenza di grandi nomi, si sono registrati oltre 300 mila spettatori nelle due settimane di torneo, la seconda maggior affluenza nella storia dei Championships fino a quel momento. Il nuovo idolo delle adolescenti raggiunge i quarti di finale proprio contro Roger Taylor che, dopo aver recuperato uno svantaggio di due set a uno, serve per il match sul 6-5 nel quinto set e sale 40-30, a un punto dalla vittoria.

“Battei il mio solito servizio da mancino con effetto a uscire e corsi sotto rete≫ racconta Taylor. “Mi resi conto che la palla aveva superato la linea laterale, ma il giudice di sedia annunciò 'Gioco, partita, incontro Taylor'. Lo fissai e feci segno che avevo visto la palla fuori”. Il giudice corregge la sua decisione. Taylor riesce comunque a vincere la partita 6-1 6-8 3-6 6-3 7-5. “Avevo vinto io, ma era Borg a essere circondato dal pubblico. Decine di ragazzine urlanti avevano invaso il campo e gli ronzavano intorno. E' stata la prima e ultima volta che ho visto una cosa del genere". Taylor viene eliminato in semifinale da Jan Kodes, che sfida per il titolo Alex Metreveli, primo sovietico a raggiungere la finale di Wimbledon.

Entrambi hanno raccontato di essere stati costretti a giocare dalle loro federazioni. Metreveli, scrive Gianni Clerici, conquista Londra “con la sua aria di gentiluomo di campagna meridionale, la sua spontaneità, il gioco raffinato, basato sul tocco prima ancora che sulla potenza atletica”. Ma è il boemo Kodes a chiudere 61 98 63 diciannove anni dopo la vittoria di Jaroslav Drobny.

Il boicottaggio, comunque, rimane al centro dell'attenzione. A metà torneo Miriam T.Ambrose, nipote di Bill Tilden, ha scritto una lettera al Daily Telegraph. Ha definito orrenda l'azione dei tennisti dell'ATP, un “assalto senza precedenti” perché i giocatori hanno “oscurato, con l'ambizione di guadagno personale, la promozione degli aspetti migliori della competizione nel tennis mondiale”. Chiede perciò agli organizzatori di “rinunciare ai giocatori altisonanti che apprezzano meno questo grande club. Gli appassionati di tennis dovrebbero gradire che lo spirito di sportività prevalga ancora una volta”. Un altro messaggio, però, è di tono contrario: “Siamo sicuri che un Wimbledon di seconda classe con protagonisti dal fair play inappuntabile sia preferibile a un Wimbledon di prima classe con tennisti un po' meno corretti?”

Le parti in corsivo sono tratte da A.Mastroluca, Il successo è un viaggio, Castelvecchi Editore, 2013

Alessandro Mastroluca

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