03/07/2013 11:24 CEST - Personaggi

Fibak, un sogno di libertà per la Polonia

TENNIS - Wojciech Fibak ha vissuto quello che i suoi connazionali, all'epoca sotto un regime comunista, sognavano: è diventato ricco, famoso, e libero. E' l'unico polacco mai arrivato in top-10. Oggi la Polonia avrà per la prima volta un semifinalista slam. Senza di lui non sarebbe potuto succedere. Alessandro Mastroluca

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Wojciech Fibak
Wojciech Fibak

Wojciech Fibak crede nel Sogno Americano. L'ha provato sulla sua pelle. Ha convinto Ivan Lendl a sperimentarlo. Negli anni della Polonia comunista  dove, durante anni migliori della sua carriera, Lech Walesa fondava il sindacato cattolico Solidarnosc per smantellare il partito unico di governo, è diventato il primo atleta professionista ad essere riconosciuto e acclamato. Il suo talento gli ha permesso di fare quello che milioni di suoi compatrioti potevano solo sognare: girare il mondo, diventare ricco e famoso, e soprattutto essere libero. Il Polish-day a Wimbledon, il giorno in cui per la prima volta la Polonia avrà un semifinalista in uno slam, è anche la sua celebrazione.

“Nel 1975 ero il primo atleta professionista riconosciuto in Polonia” ha spiegato anni fa Fibak, che ha imparato a giocare a tennis tirando una vecchia palla contro una parete della sua casa di Poznan. “I miei successi hanno creato il movimento tennistico nazionale. Allo stesso modo il tennis mi ha aperto molte porte, mi ha dato tutto nella vita”. Gli ha permesso di emigrare negli Stati Uniti con la famiglia, di entrare nel business dell'edilizia e di aprire una galleria d'arte (nel suo profilo sul sito dell'ATP si legge che possiede la più vasta collezione di opere di artisti polacchi fuori dai confini nazionali). Una passione in comune con il suo principale partner di doppio, Tom Okker, che ha aperto una sua galleria a Hazerswoude-Dorp, dove vive. Qui ha trasferito tutti i suoi quadri, tra cui spiccano le opere del movimento avanguardista CO.BR.A., attivo tra il 1948 e il 1951 e pietra miliare dell'espressionismo astratto.

“La parte più intrigante del suo gioco” si legge in un articolo del Los Angeles Times datato 1985, “è che Fibak non ha un vero punto di forza che lo distingua dagli altri. Non è mai stato notato per il servizio devastante, il suo poderoso dritto o il letale rovescio. Ha un autentico gioco a tutto campo. La sua tecnica non è morta con il progresso del gioco e l'avanzare della nuova generazione”.

“Non conosco nessuno che abbia massimizzato il suo potenziale come lui” diceva il suo amico Roger Pearson. “E' lo sportivo più intelligente che abbia mai visto”. Un'intelligenza che gli ha permesso di attraversare tre decenni, di vincere 15 titoli in singolare e 52 di doppio, di arrivare al numero 10 del mondo (il 25 luglio 1977) e giocare quattro quarti di finale negli slam.

La carriera
Fibak debutta da professionista nel 1972, ma non riesce a qualificarsi per Wimbledon. L'anno successivo gioca il suo primo match in Coppa Davis e batte l'egiziano El Dawoudi.

Il primo risultato di qualche rilievo sono i quarti di Barcellona del 1974 (batte Mandarino, Ashe e Gisbert prima di perdere da Jauffret). Nel 1975 inizia a dare un po' di continuità alla sua presenza nel circuito, soprattutto sulla terra rossa: semifinale a Valencia, in cui sfiora la vittoria su Nastase, e Kitzbuhel; quarti ad Amburgo, sconfitto da Bertolucci, in Canada e a Boston. Nel 1976 partecipa al WCT, il World Championship Tennis, creatura di David Dixon, e poi del leggendario Lamar Hunt (riuscito a mettere sotto contratto gli “Handsome Eight”: John Newcombe, Tony Roche, Nikola Pilić, Roger Taylor, Pierre Barthes, Earl "Butch" Buchholz, Cliff Drysdale e Dennis Ralston) raggiungendo al massimo la semifinale a Birmingham, in Alabama. Perde in finale a Montecarlo da Vilas (ma elimina Borg nei quarti) e a Stoccolma vince il suo primo torneo sconfiggendo Vilas, Okker e Nastase. Due settimane dopo arriva il bis a Bournemouth in finale su Orantes. È una stagione particolarmente positiva, segnata dagli ottavi al Roland Garros, i primi in uno slam, da tre finali nell'estate Usa (Louisville, Indianapolis e Toronto), seguite dalle semifinali a Madrid e Wembley, dalla vittoria a Vienna e soprattutto dalla finale al Masters di Houston persa da Orantes dopo essere stato in vantaggio di due set a uno.

Il 1977 porta grandi successi in doppio, sia con Tom Okker (titoli a Birmingham, Richmond, Città del Messico, Toronto e Rotterdam, finali a Filadelfia e Montecarlo), sia con Jan Kodes (finale al Roland Garros).  In singolare, dopo la vittoria a Monterey su Gerulaitis e due finali perse a Città del Messico e Buenos Aires, arrivano i quarti al Roland Garros: supera Stewart, Edmondson, Chris Lewis e Gehring, prima di arrendersi a Vilas. La stagione prosegue con gli ottavi a Wimbledon e agli U.S. Open, i quarti a Madrid e Wembley, le semifinali a Teheran, Barcellona e Stoccolma e le finali a Vienna e Colonia, dove trionferà nel 1978 superando McEnroe in semifinale e Vijay Amritraj in finale prima di aggiudicarsi l'unico slam della sua carriera, gli Australian Open in doppio, in coppia con Warwick.

Nel 1979 vince a Denver e Stoccarda, ma non ottiene risultati di rilievo nei grandi tornei, dove invece brilla nel 1980, con tre quarti di finale slam consecutivi: prima al Roland Garros (battuto in cinque set da Gerulaitis), poi a Wimbledon (batte Edmondson 10-8 al quinto, Simpson, Kriek, si vendica di Gerulaitis rimontando uno svantaggio di due set prima di cedere a Gottfried), infine agli Us Open dove batte Vilas ma si arrende a Kriek.

Nel 1981 perde in finale a Filadelfia, dove però si è preso il gusto di sconfiggere Connors per l'unica volta in carriera, e conquista il titolo a Gstaad su Noah. Nel 1982 arrivano gli ultimi titoli in singolare: ad Amsterdam su Curren, a Parigi e Chicago su Bill Scanlon.

Continuerà a vincere in doppio fino al 1987 (l'ultimo titolo a Tolosa in coppia con l'olandese Schapers), anno in cui gioca la sua ultima partita in singolare, perdendo al secondo turno a Rotterdam da Milan Srejber. Lascia il tennis a quasi 40 anni, il 1 febbraio 1992, perdendo un doppio in Davis insieme a Ivanski contro gli ungheresi  Lanyi e Markovits.

Quando ha abbandonato il tennis, era considerato il secondo polacco più ricco al mondo dopo Barbara Piasecka-Johnson, vedova di Jay Seward Johnson ed erede della Johnson & Johnson.

I cinque anni con Lendl
Nel 1979, quando è all'apice della sua carriera, Fibak diventa coach e mentore di Ivan Lendl. “Praticamente l'ho costretto a venire negli Stati Uniti” ha ricordato. “Gli ho detto che doveva venire negli Usa per diventare un giocatore e una persona migliore. Inizialmente non voleva venire. Ma poi è diventato più americano di me, più americano degli americani”.

Fibak lo allena sul campo, gli insegna a giocare il rovescio in top-spin. Gli chiede di eseguirlo solo così in un match a Las Vegas contro Solomon: perde 61 61 ed esce dal campo piangendo. Pochi mesi dopo, agli Us Open, lascia solo un game allo stesso Solomon. Con Fibak arriva a giocare le sue prime finali slam, a disputare un contestato torneo in Sudafrica che gli provocherà per qualche mese l'ostracismo della stampa cecoslovacca. Con Fibak vince il suo primo slam, dopo l'incredibile rimonta su McEnroe al Roland Garros del 1984.

Sarà solo un caso, o un'inconscia eredità dell'era comunista, ma il trionfo parigino è il completamento del piano quinquennale che Fibak aveva programmato per Ivan. A gennaio del 1985 i due si separano: Lendl deve camminare con le sue gambe.

Durante quei cinque anni, però, Fibak non gli ha solo dato un nuovo gioco. È grazie a lui, infatti, che Ivan conosce Samantha Frankel, studentessa di buona famiglia, che diventerà sua moglie.

Alessandro Mastroluca

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