07/07/2013 11:52 CEST - WIMBLEDON 2013

Brutta finale sì, ma brava Bartoli. B.J.King: “Sottovalutata”

TENNIS - Ha avuto fortuna a imboccare il corridoio giusto, ma gioca meglio di quanto sembri. Se non fosse stato per Monica Seles…Un modo di giocare diverso da tutte. Da Wimbledon Ubaldo Scanagatta

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Marion Bartoli incredula: è campionessa di Wimbledon (foto di Art Seitz)
Marion Bartoli incredula: è campionessa di Wimbledon (foto di Art Seitz)

La vittoria di Marion Bartoli nel torneo più prestigioso del mondo era pagata a 120 da alcuni bookmakers, a 150 da altri. Questo la dice lunga sulla sorpresa che fa, e che farà anche fra anni, trovare il suo nome fra le campionesse di Wimbledon. Un albo d’oro che di solito non tradisce.

Stavolta forse lo fa, ma dico forse perché una tennista che ha già disputato una finale e vince il torneo sei anni dopo senza perdere nemmeno un set merita più considerazione di quanto si voglia darle a prima vista. E temo che si possa restare influenzati da uno stile di gioco (e forse da un aspetto fisico) che certo non entusiasma. Il discorso dell’aspetto fisico può apparire machista, ma vi assicuro che la Dementieva, la Sharapova o la Ivanovic, se avessero giocato come la Bartoli avrebbero attratto molte più attenzioni. Anche dagli sponsor (a proposito: complimenti alla Lotto per aver indovinato con il solito Veso Matijas un altro grande colpo. Non credo che l’abbiano strapagata, ma è la campionessa di Wimbledon e non ha prezzo).

E’ vero che Marion non ha battuto nessuna della prime 17 tenniste del mondo, ma se ha battuto chi li aveva eliminate, o ha approfittato degli infortuni di alcune che si trovavano nel suo corridoio di tabellone non possiamo certo fargliene una colpa a lei che le ha messe tutte in fila.

Il suo stile di gioco, simile a quello di Monica Seles con i suoi colpi bimani da entrambi i lati e a quanto ha potuto constatare oggi la frastornatissima Sabine Lisicki non meno aggressivo, non meno autorevole - anche se certo meno efficace: non a caso Monica è stata n.1 del mondo mentre Marion non è mai stata più di n.7 (e n.7 sarà anche a partire da lunedì) - non ha mai entusiasmato gli esteti, ma la ragazza francese di origini corse ha avuto sempre la personalità per fregarsene di quel che diceva la gente. Qualcuno diceva che era plagiata dal padre, il dottor Walter che aveva lasciato la medicina per dedicarsi completamente a lei e farle da coach studiando tutte le tecniche di concentrazionem di allenamento, di esecuzione di colpi, di posizione in campo alla ricerca di un anticipo esagerato, che parevano folli. Ma forse invede Marion ha capito che quel suo padre tanto matto non era e comunque i suoi metodi alla fine funzionavano. Di tornei fino ad oggi Marion non ne aveva vinti molti, appena sette, però al di là dei dollari guadagnati a 28 anni (10 milioni di dollari di soli premi, buttali via. Facendo il medico Walter Bartoli non li avrebbe guadagnati), è dal 2006 fissa a fine anno tra le prime 20 tenniste del mondo e, come accennato, è stata spesso anche top-ten.

Ma quanti padri presunti folli o comunque incapaci o quasi di tenere una racchetta in mano (da Richard Williams, a Jim Pierce, a Stefano Capriati, Yuri Sharapov, Piotr Wozniacki, Robert Radwanska, Kirel Enchev – Pironkova – Yuri Kirilenko, Richard Lisicki, Marc Wickmayer, Sergei Vesnin, Zoran Jovanovski, Karoly Seles) si sono improvvisati coach delle loro figlie e sono comunque riusciti in qualche modo – chi più chi meno - a farle diventare note professioniste e, in qualche caso, grandi campionesse? Ovviamente non possiamo sapere quante decine, forse centinaia se non migliaia di genitori si sono illusi di poter far la stessa cosa e sono falliti nella loro missione, però io ho citato a memoria quei nomi che avete letto sopra e secondo me sarebbe facile arrivare anche a nominare un centinaio di genitori che invece – se hanno portato la figlia fra le prime 100 del mondo – possono dire di avere centrato un obiettivo importante.

Per inciso ci sono state anche tante mamme, Melanie Molitor per Martina Hingis, Judy Murray per i figli Jamie e Andy. Quest’ultima - che ho avuto modo di intervistare in occasione dell’invito ai giornalisti fatto dalla Lavazza - mi è parsa, ad esempio, tutt’altro che folle.

Papà Bartoli più di altri, sebbene criticatissimo al suo avvento proprio per le strane tecniche che studiava e poi suggeriva alla figlia, da tempo – e non solo da oggi – può dire di avere avuto ragione. Io ricordo bene quando tutti ci precipitammo, all’Open d’Australia del 2002 – 11anni fa - su uno dei campi periferici (mi pare fosse il n.5) di quello che ancora si chiamava Flinders Park perché si era sparsa la voce di una bambina francese di 17 anni e 3 mesi, dritto e rovescio a due mani, che rispondeva al servizio stando a meno di un paio di metri dalla riga della battuta.

Pareva una scelta tattica di una presunzione enorme, anche se in campo maschile un certo Andre Agassi aveva fatto scelte abbastanza simili.

Leggerete da altre parti quel che ha detto Marion Bartoli in conferenza stampa. Qui aggiungo quello che ha detto ai francesi, dal momento che non ci sono traduzioni disponibili ed ero l’unico non francese sia quando il presidente della federazione francese, Jean Gachassin, è scoppiato in lacrime per la commozione (“Mi ha fatto piacere vedere la grande emozione  che tutti provavano per me”) sia quando Billie Jean King ha detto “Marion Bartoli è la tennista più sottovalutata di quest’epoca. Pochi le riconoscono le qualità che ha. Ha giocato anche oggi in modo straordinario. Certo Sabine Lisicki era preda di una grandissima tensione e si può pensare che l’abbia agevolata, ma Marion fin dall’inizio l’ha aggredita con ferocia inconsueta. Mi ha ricordato davvero un po’ la prima Monica Seles”.

E proprio Monica Seles aveva ispirato Marion bambina. “Non sapevo quasi niente del tennis, ma nel ’92 avevo 7 anni e mezzo e vidi al Roland Garros Monica Seles battere Steffi Graf 10-8 al terzo. Monica giocava tutto a due mani, dritto e rovescio, e con un grande anticipo, una grande aggressività…mi dissi che volevo diventare come lei. E da allora sognai di vincere un giorno uno Slam. Non so quante migliaia di ore mi è capitato di pensarci, mentre mi allenavo, mentre compievo mille sacrifici e oggi anche s eancora non lo realizzo appieno è felicità allo stato puro. Certamente avere già giocato una finale nel 2007 mi ha agevolato…sono tante sensazioni altrimenti nuove che possono travolgerti come è successo un po’ a Sabine… (la quale dirà che fin dal ritrovarsi con i fiori in mano al momento di scendere in campo è stata un’emozione difficile da descrivere, così come l’ingresso in campo, la gente…)”.

I colleghi francesi chiedono a Marion se non ha il rimpianto di aver deciso troppo tardi di separarsi dal padre per unirsi ad un team più ampio, la Mauresmo, la Foretz, la federazione, Ysern, ma lei respinge l’ipotesi: “Tutti hanno posto una pietra, mio padre prima di tutti. Se non avessi giocato quella finale del 2007, oggi non avrei magari giocato così bene…oggi mi riusciva proprio tutto, anche con una mano sola, e poi chiudere il match con un ace, e vedere il gesso che si alzava dalla riga, beh, è stata un’emozione indicibile ”.

Poi ha aggiunto: “E’ vero che Sabine ha avuto match più difficili, tante campionesse di Slam (Schiavone, Stosur, Serena più una finalista, la Radwanska), ma io me la sono vista brutta ad esempio con la McHale quando ero sotto 5-2 nel primo set…e dopo un’annata che fin qui non era stata esaltante (mai oltre i quarti di finale…) beh non era facile tirarsene fuori. E’ stato il torneo perfetto, certo, tutto è filato come doveva come meglio non poteva. Domattina, quando mi sveglierò al Wimbledon Village e farò colazione mi stropiccerò gli occhi e dirò ‘Eh sì Marion, sei proprio tu la campionessa di Wimbledon 2013’. Ora invece sento ancora sulla schiena tutti i brividi che ho sentito punto dopo punto sul centre court, quando vedevo che se giocavo bene un punto Billie Jean King con la sua giacca verde nel Royal Box mi applaudiva”.

Ora si dirà che è stata una bruttissima finale, e difatti fino al 61 51 è stata pessima, ma per colpa dell’innocente Lisicki, stremata da troppe battaglie (“Mi hanno prosciugato…battere tutte quelle giocatrici di primo piano…”) perché invece Marion non poteva giocare meglio di come ha fatto.

L’avevamo presentata come la più debole finale di tutti i tempi e forse la peggiore che si ricordi è quella che la Navratilova vinse sulla Jaeger 60 63 nell’83, ma anche la King quando dette 60 61 ad una Goolagong troppo giovane nel ’75 non fu davvero divertente anche se la King giocava serve&volley.

Il padre l’ha certo influenzata ma Marion oggi dice: “Però alla fine tutte le scelte sono sempre state mie. Non ho sempre accettato tutto quel che mi diceva. Facevo quel che mi sembrava giusto, e - rispondendo ad una mia domanda in sala stampa - ho sempre voluto essere diversa da tutte…Non volevo assomigliare a tutte le altre. Sarebbe stato noioso. Alla fine di una giornata quando gli spettatori avevano visto 10 incontri volevo che ricordassero quella ragazza che giocava in modo diverso, giocando dentro la riga di fondocampo etcetera. Oggi credo di essere stata intelligente a giocare un tantino più dietro er avere un mezzo secondo in più per rispondere al servizio di Sabine, talvolta ti devi sapere adattare...ma non ho mai voluto assomigliare troppo a tutte le altre ragazze…”

Chiudo con una nota …sciovinista. Lungo la strada verso la vittoria la Bartoli ha battuto sia la Giorgi (64 75…mica 61 64!) sia la Knapp (6-2,6-3: Karin ha fatto gli stessi games della Lisicki ma è stata più in partita).

Vorrei essere (ma per non più di un minuto) nella testa di Francesca Schiavone che ha battuto Marion Bartoli, dominandola, al Roland Garros tre settimane fa. Era la sesta volta su otto sfide che Francesca la batteva. E ci aveva vinto nel 2009 anche l’unica volta che l’aveva trovata sull’erba, qui a Wimbledon 7-6, 6-0. Letto il risultato del secondo set? 6-0!

Che cosa avrà pensato Francesca vedendo Marion trionfare sul centre court? Secondo me le sarà scappata qualche imprecazione!

Ubaldo Scanagatta

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