13/07/2013 09:53 CEST - Personaggi

La grandezza di Del Potro

TENNIS - Del Potro è un gigante gentile. Spaventa i grandi, ma spesso ci perde. In cinque degli ultimi sette tornei tra slam e olimpiadi, ha ceduto a Djokovic, Federer o Nadal. Cosa gli manca? Cosa non ha? Cos'è che insegue? Peter Bodo

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Wimbledon 2013 - Juan Martin Del Potro
Wimbledon 2013 - Juan Martin Del Potro

Per ogni torneo, scrive Peter Bodo su Tennis.com, un solo giocatore alza il trofeo. Ma ce ne sono altri che si possono considerare vincitori. A Wimbledon, per esempio, questo gruppo include i polacchi Jerzy Janowicz e Lukasz Kubot, Fernando Verdasco (che ha raggiunto per la prima volta i quarti a Wimbledon), e la serie di outsider negli ottavi di finale. Ma se bisogna indicare il "vincitore morale" di Wimbledon l'unico nome possibile è quello di Juan Martin Del Potro, che ha perso una semifinale meravigliosa e giocata alla grande e ha "ammorbidito Novak Djokovic a beneficio di Murray che sarebbe diventato il primo campione britannico in 77 anni" nel singolare maschile. Il dilemma di Del Potro, scrive Bodo, è che per lui, essendo un ex campione slam, giocare un grande torneo vuol dire portare a casa il trofeo. La sua è una storia di "human interest": c'è mai stato, si chiede, un gigante così facile da sovrastare?

Da una parte, Del Potro è un ragazzo riservato, introverso, quasi reticente. Dall'altro, ha un gioco talmente pane-e-salame (meat-and-potatoes) che ti viene voglia di chiedere una bottiglia di salsa dopo averlo visto sparare due o tre dei suoi dritti, senza seguirne nemmeno uno a rete, dove potrebbe fare buon uso della sua apertura alare degna di un condor della California.

Non so, forse il ragazzo ama caricare e sparare quel dritto (...). Nella sua mente, il tennis può essere tutta una questione di cazzotti.  Quella riluttanza a venire a rete anche solo un po' più spesso di quanto strettamente necessario probabilmente spiega perché Del Potro resta ingolfato nei bassifondi della top-10 (ora è numero 7) pur continuando a spaventare a morte gli habitué delle vette del ranking. Se Del Potro fosse un po' più propenso a venire avanti e schiacciare la palla prima che tocchi terra, forse avrebbe ripreso la sua carriera come detentore del titolo in uno slam invece di restare un ex vincitore di uno slam.

Questa è una teoria, e nemmeno cattiva. Un'altra idea è che non abbia mai ritrovato la fiducia e la padronanza che sentiva nell'estate del 2009 che l'ha portato a vincere gli Us Open prima di compiere 21 anni grazie all'indimenticabile vittoria su un Federer in forma, un Federer che aveva vinto il Roland Garros e Wimbledon e che pochi mesi dopo avrebbe trionfato agli Australian Open. D'altro canto, ogni giocatore che vince uno slam a 20 anni (non che il "campione statistico" sia ampio e indicativo) ti può dire che quando vinci uno slam a quell'età lo fai a dispetto più che a causa della tua giovinezza. E' un percorso lungo e fortunato in cui probabilmente non hai idea di cosa stia succedendo.

Ai tifosi, può sembrare che a Del Potro manchi qualche lampo vitale di determinazione o qualche risvolto di spirito competitivo per sostenere il primo successo, nel modo in cui l'hanno fatto Jimmy Connors, John McEnroe, o Pete Sampras. Dunque, pensano, non ha la fiducia necessaria e, appena questa mancanza è diventata palese, il suo gioco ha perso una parte del suo originale splendore, della sua "grandezza".

E' facile scambiare la riservatezza per timidezza in qualcuno come Del Potro, anche se non esiste una reale equivalenza. E questo ci porta alla teoria numero 3, che è quella alla quale mi sono avvicinato dopo Wimbledon. Ed è l'idea che Del Potro abbia avuto una fortuna sfacciata, o almeno un po' troppo buona, e ora è lentamente torturato dal destino. La rinnovata grandezza pende davanti a lui come una carota attaccata a un bastone e rimane sempre fuori dalla sua portata, non importa quanto lui ci provi.

Nei 12 tra tornei dello slam e Olimpiadi che si sono giocati dalla sua vittoria agli Us Open 2009, Del Potro ha perso sei volte contro uno tra Djokovic, Federer, o Nadal -e cinque di queste sconfitte sono arrivate negli ultimi sette tornei cui ha preso parte. In queste sconfitte rientrano la semifinale di Wimbledon con Djokovic, che è nella lista di ogni spettatore come uno dei migliori match del torneo, e la devastante semifinale persa alle Olimpiadi da Federer 3-6, 7-6 (5), 19-17.

Benché sia un ragazzo davvero umile, Del Potro ha detto dopo aver perso da Djokovic: "Penso che la gente si ricorderà per anni di questo match. Abbiamo giocato per quattro ore e mezza a un livello altissimo. Non so se gli altri giocatori possano giocare come abbiamo fatto noi oggi".

Sufficientemente vero. Implicito in questa dichiarazione c'è la convinzione che Del Potro è alla pari di Djokovic e delle altre schiere nei ranghi più alti del ranking. Dai a un ragazzo questo livello di fiducia e qualcuno si farà male. Le prove indicano che l'argentino può essere vicino a un altro exploit. La sua grande fortuna è arivata negli Usa, perciò adesso è il momento migliore perché possa trovare il pezzo mancante di quel puzzle che aveva messo insieme in maniera così convincente nell'estate del 2009. "Se continuerò a giocare così contro Novak, Rafam gli altri grandi" ha detto, "allora le cose diventeranno interessanti per me. Ci sono grandi partite e grandi battaglie all'orizzonte. Mi farò trovare pronto".

Negli alti e bassi naturali in ogni sfida tennistica, di più Del Potro non può fare. Ma non fraintendetemi. Il gigante gentile non si sta trasformando in un bullo. Infatti, molti commentatori hanno sottolineato la bonarietà e la sportività della semifinale di Wimbledon con Djokovic. Del Potro ha talento nel farsi dei tifosi; immagino questo accada perché sempre un gigante così gentile, perché non appare molto aggressivo, indipendente da quanto violentemente colpisca la palla.

Dopo la semifinale, gli hanno chiesto quanto significasse per lui essere riuscito a conquistare la folla. Ha risposto con tipica schiettezza: "Prima vorrei vincere, poi viene tutto il resto. Ho fatto il mio lavoro. Ho dato il massimo. Certo, è bello quando riesci a farti nuovi tifosi, quando il tuo modo di giocare piace. Ma io ho perso. Io vado a casa. Loro possono vedere la finale".

Non passerà molto tempo prima che Del Potro possa avere una chance per andare alla finale. E non da spettatore.

Traduzione di Alessandro Mastroluca

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