15/07/2013 19:59 CEST - ATP

Newport, dove il pollice è davvero verde

TENNIS - Per quanto non frequentata da grandi campioni, essendo subito dopo Wimbledon, la sede della Hall of Fame presenta un torneo per veri specialisti, con l'erba come dovrebbe essere. Claudio Maglieri

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Michael Russell in un tuffo acrobatico
Michael Russell in un tuffo acrobatico

Chi vi scrive non è un feticista della tv su internet, o perlomeno non ha dimestichezza con lo streaming e la ricerca di canali televisivi online. La premessa è d’obbligo, dato che settimana scorsa nessuna emittente ha dato spazio al torneo 250 di Newport (che il sottoscritto avrebbe seguito più che volentieri): per vedere qualche immagine (highlight per l’esattezza) è venuto in soccorso il solito vecchio amico Youtube, dove qualche buona anima ha pubblicato alcuni spezzoni di partite. Vivere un match in diretta, tuttavia, è ovviamente un’altra cosa.

Ormai i tornei sull’erba sono in via di estinzione come i panda, per cui perdersi quei pochi ancora rimasti in calendario è a dir poco delittuoso (anche se il futuro prevede un allungamento della “grass court season” con l’aggiunta di Stoccarda): soprattutto, considerando il drastico cambiamento a cui la superficie è stata sottoposta negli ultimi dieci anni, il concetto di “tennis da erba” è andato a finire sempre di più nello sgabuzzino, ormai sono pochi gli adepti che provano ancora oggi ad interpretare il famigerato serve & volley.

Newport, invece, rimane tuttora un mondo a parte: sarà per la location suggestiva stile anni ‘50, sarà per quei tre campi appiccicati che tanto ricordano il vecchio impianto degli Australian Open (Kooyong Park), sarà per quell’erba irregolare e velocissima che dà del filo da torcere a quegli sventurati che pensano di farla franca grazie a lunghi scambi da fondocampo. Sarà quel che volete, ma in questo angolo paradisiaco di tennis degli Stati Uniti non hanno la più pallida idea di cosa sia la “terba” (geniale definizione sdoganata dallo scriba Clerici): e allora, riallacciandoci al cappello iniziale, peccato che nessuna tv “normale” (senza impazzire alla ricerca di vari canali) abbia trasmesso l’evento.

Diciamo le cose come stanno: rileggendo l’albo d’oro del torneo non ci si imbatte in nomi altisonanti, erbivori eccellenti come lo sono stati i vari Edberg, Sampras e McEnroe non hanno mai fatto centro a Rhode Island. Purtroppo il torneo è schedulato la settimana dopo Wimbledon e questo fattore (unito alla lunga distanza) ha sempre scoraggiato i più titolati a partecipare alla manifestazione. Dal 2003 ad oggi hanno portato a casa la coppa Ginepri, Rusedski (due volte), Philippoussis a fine carriera, Santoro (due volte), Ram (da lucky loser), Fish, Isner (due volte) e Mahut, che sconfiggendo Lleyton Hewitt si è aggiudicando il suo secondo torneo della carriera (dopo s’Hertogenbosch, anche in quel caso sull’erba).

Chi vuole seguire Newport non deve farlo con la speranza di vedere ai nastri di partenza i campionissimi da prima pagina, per quello sintonizzarsi su Wimbledon. La kermesse americana, tuttavia, ci fa ricordare ogni anno cosa sia il tennis sull’erba, quella vera: rimbalzi irregolari, scambi corti, ricerca esasperata della rete. Perfino il suono della pallina sembra diverso, quasi ripescato dai filmati degli anni ’90: "Mi ha sorpreso, faceva serve & volley sia sulla prima che sulla seconda di servizio e copriva la rete molto bene. Era difficile giocare dei buoni passanti" ha dichiarato Lleyton Hewitt dopo aver piegato in semifinale, non senza fatica, Jan Hernych (Hernych, mica Rafter).

Del mutamento radicale dei campi in erba se n’è parlato in diversi articoli: anni fa vincere in successione Roland Garros e Wimbledon pareva un’impresa (e in effetti solo un giocatore ci è riuscito prima di Nadal), oggi la cosa non appare più cosi impossibile. Ma se il terzo Slam si giocasse sull’erba di Newport cosa accadrebbe? Certi tennisti riuscirebbero a imporsi lo stesso? Impossibile rispondere a questa domanda, ma tornando all’albo d’oro va considerato un aspetto: togliendo il bombardiere Isner, i vincitori dell’ultimo decennio sono stati maestri dell’erba come Rusedski, Philippoussis (finalista a Wimbledon nel 2003), Santoro (vero mago del gioco di volo e dei trucchi, tanto da piazzare questo colpo nel 2008) e Mahut.

Amici che seguite il tennis da pochi anni e pensate che Wimbledon sia la quintessenza del tennis su erba, cercatevi qualche video di Newport e rifatevi gli occhi. Sperando che questo torneo, in cui ha sede anche la Hall of Fame, rimanga così com’è: un vero e proprio museo del tennis, dove la storia della racchetta si può toccare con mano non senza una certa emozione e dove il gioco “old style” è ancora un argomento di attualità.

Claudio Maglieri

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