20/08/2013 15:32 CEST - Us Open

Gli Us Open in 15 grandi finali

TENNIS - Amarcord delle finali di New York: da Ashe a Murray, passando per i duelli McEnroe-Borg e i successi di Sampras, Safin, Federer, Del Potro, Nadal, Djokovic. Alessandro Mastroluca

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Marat Safin trionfa agli Us Open del 2000
Marat Safin trionfa agli Us Open del 2000

1968 – Ashe, l’uomo che vinse due volte
Nell’anno che cambia il tennis, Arthur Ashe è un luogotenente dell’esercito Usa. Di stanza a West Point, è specializzato nell’analisi dei dati. Nel 1967 ha rifiutato l’offerta del WCT di diventare professionista. Gli hanno mandato a casa il contratto da firmare e un pacco di calzini: Ashe rimanda il contratto indietro, senza firmarlo, e si tiene i calzini.
Nel 1968 vince gli Us National Championships due volte. La prima, riservata solo ai dilettanti, sconfigge Bob Lutz in finale. Poi, agli Us Open, i primi aperti anche ai professionisti, sfida in finale l’olandese Tom Okker. Si gioca di lunedì, a causa della pioggia, davanti a 7 mila spettatori. Ashe vince il primo set 14-12 (fino al 16-14 di Federer-Roddick a Wimbledon 2009, resterà il set più lungo giocato in una finale Slam) e chiude 14-12 5-7 6-3 3-6 6-3. E’ il primo afroamericano a vincere uno Slam. Okker riceverà come premio 14 mila dollari. Ashe che abbraccia suo padre nella commovente cerimonia di premiazione, 28 dollari al giorno di rimborsi spese. Una signora del New Jersey, dopo aver letto della sperequazione della distribuzione dei premi, gli manda cento azioni della General Motors per un valore di 8.900 dollari. Anni dopo dirà: “I soldi non contano. C’è solo un primo Us Open”.

1969 – Il secondo Grande Slam di Rod Laver
Ancora pioggia, ancora finale al lunedì. Sono meno di 4 mila gli spettatori che assistono a una delle più grandi imprese dell’era Open. La finale tra Rod Laver e Tony Roche inizia con un’ora e 35 minuti di ritardo rispetto al previsto, mentre un elicottero asciuga l’erba del West Side Tennis Club. Laver serve per il primo set sul 5-4 ma subisce il break e si cambia le scarpe. Roche vince il primo set 9-7 ma porta a casa solo altri sei game. Laver vince 7-9 6-1 6-3 6-2 e rimane l’unico giocatore capace di vincere i quattro Slam nello stesso anno nell’era Open.

1975 – Il miracolo di Orantes
In semifinale, Manolo Orantes si ritrova prima sotto due set, poi 0-5 nel quarto, salva 5 match point e finisce per rimontare Vilas. Il giorno dopo umilia Jimmy Connors, numero 1 e campione in carica, che arrivava con un bilancio di 59 vittorie e 4 sconfitte, 64 63 63.

1976 – Un anno speciale, tutto a stelle e strisce
Nel 200mo anniversario dell’indipendenza Usa, Jimmy Connors conquista New York mentre la sua ex fidanzata Chris Evert trionfa nel torneo femminile.
Connors domina in semifinale Guillermo Vilas e in finale Jimbo sfida Borg, che ha demolito Nastase. E' la più bella finale giocata a Forrest Hills. Connors vince 64 36 76 64 dopo aver salvato 4 set-point nel tie-break del terzo. Jimbo chiude il primo 6-4 con un passante lungolinea di rovescio che esalta i 16.253 spettatori. Borg vince il secondo 6-3 e apre il terzo con un break a zero. Connors recupera lo svantaggio: le luci artificiali si accendono con Connors al servizio sul 4-2 40-0. Ma la sua luce si spegne: un dritto largo e quattro colpi di fila a rete. Sul 4-4 0-30, trova una volée di dritto all’incrocio delle righe che gira l’inerzia del set. Si va al tiebreak. Borg allunga, prima 4-2 e poi 6-4. Continua però a tirare a mezza altezza, e Connors aggredisce con forza ancora maggiore: 6-6. Annulla altri due set point, l’ultimo sul 9-8 con il più potente attacco di dritto del tiebreak, preludio allo smash. Il match è talmente intenso che sul 9-9 un raccattapalle deve ricordare ai giocatori, e al giudice di sedia, l'obbligo del cambio campo. Connors chiude 11-9 dopo 70 minuti con Borg che mette largo un rovescio: ha vinto sei dei suoi ultimi sette punti con colpi vincenti. Il trionfo si compie al terzo match point su un rovescio in rete di Borg. Connors resta l'unico ad aver vinto gli Us Open su tre superfici: erba, terra verde e duro.

1979 – "Mai più due ragazzi del Queens in finale agli Us Open"
Roscoe Tanner entra nella storia: elimina Borg, numero 1 del mondo, che rimonta da 3-5 e salva 2 match point nel quarto set ma cede 6-2 4-6 6-2 7-6 dopo aver vinto 31 partite, e 40 set di fila. Per la prima volta, in finale arrivano due newyorchesi, McEnroe e Gerulaitis. Genius vince 75 63 63, con il pubblico che però applaude Vitas. Dopo l'ultimo punto, McEnroe lancia in aria la racchetta e un uomo prova a invadere il campo per raccoglierla ma viene preso e portato fuori dallo stadio.

1980 – La miglior finale di sempre?
Borg arriva alla finale degli Us Open avendo vinto 100 partite delle ultime 103 giocate. Nei quarti si riscatta su Tanner, in semifinale rimonta due set a Kriek. "E' stato il mio miglior torneo" ha commentato McEnroe. "Ho battuto Lendl nei quarti al giovedì, venerdì ho giocato il doppio e sabato ho battuto Connors in 5 set (64 57 06 63 76 in 4 ore e 17 minuti). Il fatto che sia riuscito comunque a vincere il titolo dopo aver sprecato un vantaggio di due set in finale è il mio miglior traguardo in termini di condizione atletica e forza di volontà. Non ho giocato bene come nel 1984, ma nessuna vittoria mi ha reso più orgoglioso di questa".
Nel primo set, Borg serve due volte per chiudere il parziale, ma due volte McEnroe riesce a breakarlo. Sul 4-5 nel tiebreak, attacca due deboli seconde di Borg con altrettanti risposte di rovescio e prende la rete completando il 7-4. Nel secondo, lo svedese sembra distante. Sbaglia 14 prime su 22, sbaglia troppo da fondo e sembra volersi arrendere: 61 MvcEnroe. Ma l'americano, che infila un parziale di 18 punti su 24, non chiude. Borg vince il tiebreak del terzo set con cinque vincenti e rientra in partita con il 7-5 nel quarto. Nel quinto, al servizio sul 3-3, Borg sbaglia a valutare l'approccio di McEnroe, pensando erroneamente che fosse fuori, incappa in due doppi falli e si fa trafiggere dal rovescio incrociato di McEnroe che perde due punti negli ultimi due turni di battuta e si impone 76 61 67 57 64 vincendo il suo secondo Us Open di fila.

1981 – Farewell, mr. Borg
La finale degli Us Open 1981 è l’ultima sfida tra McEnroe e Borg. Lo svedese è in vantaggio 7-6, ma il conto dei 40 set giocati è in perfetta parità. SuperBrat ha vinto 22 partite su 24 a New York ma è Iceman a vincere il primo set grazie al break decisivo nel settimo game. Ma lo svedese si lascia scappare il secondo quando serve sul 2-5 e regala il break e il parziale con due doppi falli. BigMac gioca il match della vita. Se c’è un colpo che definisce il terzo set è il lob: così costruisce i due break che lo portano dal 3-4 al 6-4. McEnroe vince 46 62 64 63 (guarda gli highlights della finale): è il primo nell'era Open a vincere a Flushing Meadows per tre volte di fila. New York è ancora una terra straniera per l’angelo “assassino dalla chioma bionda”. Nel discorso durante la cerimonia, McEnroe si dice dispiaciuto per Borg. Ma lo svedese non c’è. È scappato in macchina, ha attraversato Douglaston, King's Point dove abita Gerulaitis, la Port Washington's Academy dove era cresciuto McEnroe. Non ha più bisogno delle scaramanzie per cui, durante gli Slam, guidava sempre Lennart Bergelin. Adesso è libero.

1985 – Il primo titolo di Lendl
Tra il 1984 e il 1985, Ivan Lendl porta il tennis nell’era moderna. Incontra il dietista Robert Haas, che gli ordina un’analisi del sangue da cui emerge che soffre di un eccesso di protidi. Cambia perciò il suo regime alimentare ed elabora un nuovo programma di allenamento: acquista uno stairmaster, una mountain-bike e si iscrive a un corso di aerobica. Quattro mesi dopo la finale persa a Flushing Meadows, incontra lo psicologo Alex Castori con cui lavora sul rilassamento e si dedica a quotidiani esercizi di visualizzazione. A completare la triade vincente, assume come coach Tony Roche. A New York i risultati sono sensazionali. McEnroe vince i primi 16 punti al servizio, ha un set point sul 5-2 e serve per il set sul 5-3. Ma la partita gira. Lendl non sbaglia più, fa punti da fondo, fa punti da rete, porta il primo set al tiebreak e lo vince senza perdere nemmeno un punto e si avvia a un successo agevole, 76 63 64 (gli highlights della finale: parte 1 - parte 2). McEnroe dichiara di non aver mai visto Lendl giocare meglio di così.

1988 – Il sorpasso di Wilander
Mats Wilander riesce dove Borg ha sempre fallito. Diventa il primo svedese a vincere gli Us Open e il primo a salire al numero 1 del mondo. Batte in finale Ivan Lendl e interrompe il suo regno durato 159 settimane. La sfida si gioca tutta sul piano della solidità, della consistenza. Gli scambi sono lunghi, sfiancanti. Lendl annulla una prima palla break nel settimo game, e sul 5-4 ne concede una seconda, che vale anche un set point, ma Wilander spedisce largo di rovescio. Alla terza occasione, però, è Lendl a sbagliare di rovescio: 64 Wilander dopo 61 minuti. Il rovescio continua a tradire il ceco che si ritrova sotto 4-1 ma lo svedese perde la concentrazione dopo il warning per perdita di tempo sul 30-30 nel settimo game. Lendl vince cique giochi di fila e chiude il set 6-4. Anche nel terzo, Wilander sale 4-1 e stavolta non ci sono colpi di scena fino al 6-3. Nel quarto, sono gli errori di dritto di Lendl a dare ancora al giovane svedese un break di vantaggio sul 4-3, ma Wilander non ne approfitta e regala il controbreak immediato e cede ancora il servizio nell'ultimo game: akka seconda occasione, Lendl pianta un dritto sulla riga e suggella il 7-5.
Per la prima volta dal 1980, una finale degli Us Open si decide al quinto set. Wilander sale 2-0, ma Lendl risale fino al 3-2. Wilander firma un nuovo break al settimo game, annulla due palle break e completa la vittoria sul rovescio a rete di Lendl. Alle 21.17 ora locale, dopo 4 ore e 55 minuti di gioco, lo svedese completa il 64 46 63 57 64 ed entra nella storia del torneo, vincendo la più lunga finale della storia degli Us Open.

1990 – Il primo titolo di Sampras
A 19 anni Sampras, che solo sette mesi prima ha vinto il suo primo torneo in carriera, diventa il più giovane campione degli Us Open. Nella prima finale tutta americana in 11 anni, domina Andre Agassi 64 63 62 in un'ora e 42 minuti grazie a 13 ace e 13 vincenti e perdendo appena 17 punti in 13 game di servizio. "E' incredibile" commenta, "qualsiasi cosa farò da qui in avanti, sarò sempre un vincitore degli Us Open".

2000 – Arriva Marat
Pete Sampras farà moltissimo dopo quella vittoria. In 10 anni vince 13 finali Slam su 15 perdendo solo da Edberg agli Us Open 1992 e da Agassi in Australia nel 1995. Ma il ventenne Marat Safin lo riduce al ruolo da comprimario: 64 63 63 in 98 minuti. E’ la finale più “one-sided” del torneo dal 1991 (Edberg b. Courier). Nessun ex campione ha perso così nettamente dal 1975, quando Connors si arrese a Orantes. Sampras inizia con un ace a 131 mph, ma Safin, alla prima finale Slam in carriera, non mostra paura. Sul 3-3 si procura le prime palle break (15-40) con un gran passante di dritto e converte la seconda con una risposta di dritto che sembra viaggiare più veloce della prima a 124 mph di Pistol Pete. Safin, che cede appena 9 punti in 5 game di servizio, non ha bisogno d’altro per portare a casa il set. Anche il secondo si decide al settimo game. Il primo doppio fallo di Sampras e un passante di rovescio da applausi portano Safin alla palla break che trasforma con una risposta solida che costringe Sampras all’errore. Nel terzo Safin si porta subito 3-0, nell’ultimo game annulla le uniche due palle break che concede nel match prima di inginocchiarsi e baciare la superficie per celebrare il suo primo Slam, il quinto titolo della sua carriera.

2005 – Agassi e Federer: the night belongs to them
Andre Agassi rimonta due set a James Blake nei quarti, nel match più bello del torneo. Federer soffre solo con Kiefer, e regala al pubblico di New York la finale più attesa. Nel primo set lo svizzero domina gli scambi da fondo, rischia pochissimo e chiude 63. Ma nel secondo Agassi sfodera un tennis stellare, travolge Federer sulla diagonale destra, prende il comando del gioco e firma il 62. Poi, come scrive Agassi in Open, "Federer è andato in un posto che non conosco". Agassi inizia alla grande contro il miglior Federer e va avanti di un break. Poi Agassi sbaglia un rovescio e lo svizzero trova un attacco vincente. Il controbreak fa girare il match e dà inizio a mezz'ora di tennis da cineteca, sintetizzato nel meraviglioso tiebreak del terzo set. Agassi, ormai tramortito, si arrende 63 26 76 61. "Avvicinandomi alla rete" scrive Agassi, "sono sicuro di aver perso con il migliore , con l'Everest della sua generazione. Compatisco i giovani che dovranno battersi con lui. Compatisco il giocatore destinato ad essere l' Agassi di questo Sampras . E' semplicissimo. La maggioranza delle persone ha dei punti deboli . Federer non ne ha".

2009 – Del Potro interrompe la serie dei Fab 4
Juan Martin del Potro è il quarto tennista argentino a trionfare in uno Slam dopo Guillermo Vilas, Gabriela Sabatini e Gaston Gaudio.
Federer spreca un vantaggio di due set a uno e nel quarto si ritrova a due punti dal titolo sul 5-4 15-30  (“Ma sul servizio suo…” sottolineerà poi Roger, come dire che era a due punti dal 16mo Slam ma senza avere avuto vere opportunità in quel frangente. Semmai prima). Lo svizzero inizia il tiebreak del quarto set con un doppio fallo. Un punto si ripete per un challenge tardivo di Federer, che in precedenza ha pesantemente imprecato contro il giudice di sedia, ma Delpo chiude 7-4. Quando un dritto fulminante gli consegna il primo break del secondo set la partita praticamente finisce.   Il quinto set sembra la fotocopia di quello perso contro Nadal agli Australian Open pochi mesi prima: mai lo svizzero è andato tanto vicino al Grande Slam come nel 2009.

2010 – Il Rafa Career Slam
A Flushing Meadows Rafa Nadal riscrive la storia. Nella prima finale Slam giocata contro Nole Djokovic, Nadal vince 64 57 64 62 e diventa il settimo giocatore a completare il Career Slam (gli altri sono Federer, Agassi, Perry, Emerson, Budge e Laver). A 24 anni e 101 giorni, è anche il terzo più giovane a riuscirci, e il più giovane nell’era Open.
Rafa è anche il quarto giocatore nella storia capace di vincere Roland Garros, Wimbledon e Us Open nello stesso anno dopo Don Budge (1938), Tony Trabert (1955) e Rod Laver (1962 e 1969).
Con gli Us Open 2010, Nadal vince il suo nono major su 26 giocati. La finale l’ha sì vinta il tennista che ha sbagliato di meno (31 errori non forzati contro i 47 di Djokovic) ma in un match nel quale il numero dei vincenti è pazzesco, straordinario, perché sono stati più o meno gli stessi degli errori: 49 vincenti di Rafa, 45 quelli di Djokovic.

2011 – Il momento di Djokovic
In semifinale, come dodici mesi prima, Djokovic salva due match point a Federer in semifinale. Lo svizzero rimette in piedi una partita che sembrava compromessa dopo aver ceduto nettamente il terzo e quarto set. Si trova a servire per la settima finale a New York sul 5-3 40-15 ma una risposta pazzesca del numero 1 del mondo ed un nastro beffardo chiudono le possibilità di vittoria al campione elvetico.
In finale, il servo diventa il secondo giocatore dopo Del Potro a battere in uno Slam, uno dopo l’altro, sia Federer sia Nadal. Supera il maiorchino 62 64 67 61 e ottiene la 64ma vittoria su 66 partite giocate. Diventa il sesto giocatore a vincere tre Slam su quattro in stagione, l'ottavo a trionfare a Wimbledon e Flushing Meadows in successione.

2012 – La prima di Murray
10 settembre 1933: Fred Perry, ultimo britannico a vincere uno slam prima di Murray, vinceva il suo primo torneo dello slam, trionfando agli Us Open su Jack Crawford. 10 settembre 2012: come il suo coach Ivan Lendl, indossando una maglietta Fred Perry, Andy Murray vince il suo primo slam dopo quattro finali perse. L'attesa britannica, durata 76 anni, finisce. Murray si impone 76 75 26 36 62 in 4 ore e 54 minuti: per un minuto non è la finale più lunga degli Us Open (Wilander Lendl nel 1988 è durata 4 ore e 55). Era dal 1980, quando McEnroe ha battuto Boeg, che un giocatore non vinceva la finale al quinto set dopo aver sprecato due set di vantaggio. Murray è il quinto vincitore diverso in cinque anni: per la prima volta dal 2003, i quattro slam stagionali hanno quattro vincitori diversi.
Il vento, spiegava Karim Nafea, ha fatto la differenza. "Lo scozzese ed il serbo non amano il vento. Il primo però ha una varietà di colpi e, cosa più importante, una tipologia di colpi più adatta a giocare in quelle condizioni: il back (che è stato fuori servizio a lungo) ed un lancio di palla più costante e controllato, abbassato all’occorrenza". All'inizio, sembrava che "Murray potesse, e deovesse, sfruttare l’aiuto di Eolo per strappare tre set relativamente veloci all’ignaro Novak.
Poi le esitazioni: i break smarriti nel primo parziale, game già vinti inutilmente prolungati, un tie-break ricolmo di occasioni sprecate seppur vinto. C’aveva messo troppo tempo Muzza, si paventava l’ennesimo esito nefasto con la finestra temporale e meteorologica che si andava chiudendo.All’inizio del secondo parziale Djokovic è apparso diverso, non contrastava più il vento, cercando di palleggiare con Murray, lo evitava sparando pallate (e raramente in campo). Questo comportamento è apparso a molti come una resa ed invece è stata l’ennesima dimostrazione, a mio parere, del genio tattico (lui sì, per davvero) che è il serbo: è stato un azzardo, un superbo tentativo di conquistare la partita, tutt’altro che una resa. (...)
Il secondo giocatore mondiale sa due cose:
1) Sta calando il sole e con l’arrivo della sera, a Flushing Meadows, il vento s’indebolisce,
2) I precedenti dicono che l’avversario ha spesso avuto problemi a chiudere le partite importanti e quale partita è più importante di questa?La conclusione è una: tira. Roda i tuoi colpi, fatti trovare pronto per quando il vento sarà calato, vincere il secondo set non è così importante e tu hai già dato dimostrazione di poter rimontare.
E qui, tutto è andato magnificamente storto. La grande debolezza di Murray, la gestione dei vantaggi, che diventa involontariamente la più grande alleata. Suo malgrado Djokovic viene trascinato in una lotta di un’ora per un set già perso. E la paga, quando nel quinto non ne ha più, a pochi passi da un capolavoro di tattica".

Alessandro Mastroluca

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