05/09/2013 12:59 CEST - Rassegna nazionale

C’è solo Flavia, che show contro la Vinci (Martucci), Magica Flavia, regina di Puglia (Zanni). Flavia la dolce che non trema (Valesio). Pennetta, il cuore oltre la rete (Semeraro). Flavia, una star a New York (Giorni)

5-9-2013

| | condividi

C’è solo Flavia, che show contro la Vinci (Vincenzo Martucci, Gazzetta dello Sport)

Orgogliosi. Di esserci, qui, in prima fila, subito dietro le panchine dello stadio Arthur Ashe, a due metri dalle due italiane che si affrontano nei quarti degli Us Open. Dopo il primo, storico derby, vinto da Sara Errani, quello quasi miracoloso che promuove la rediviva Flavia Pennetta, domani, contro la vincente di Azarenka-Hantuchova. Orgogliosi di vedere due trentenni, due amiche emigrate dalla Puglia per il tennis, due bravissime ragazze che si battono, tesissime, alla soglia della loro prima semifinale Slam, e si applaudono, non esultano, non urlano, non si scompongono, non protestano ma stringono a malapena il pugnetto con le bocche serrate, e frenano, anzi la normalissima esaltazione, gesticolando, verso il proprio box. «Calma, state calmi», diretto a papà Oronzo (Pennetta) che proprio non resiste più a quel martirio con la sua Flà che, dal 4-2 con un parzialone di dieci punti a zero, si fa raggiungere sul 4-4 iniziale, che poi diventerà 6-4 6-1 dopo 65 minuti. Orgogliosi del tennis diverso che queste ragazze, non solo Pennetta e Vinci, ma anche Errani, Schiavone, Knapp e Giorgi — protagoniste il 2-3 novembre a Cagliari nella quinta finale di Fed Cup contro la Russia nelle ultime 8 stagioni —, sanno esprimere, in modo molto personale. Per dimostrare che il tennis lascia spazio a tutti. Orgogliosi come Flavia: «A 31 anni mi sento di nuovo bene fisicamente a un anno dall'operazione al polso, sono alla mia prima semifinale Slam, non c'è molto da aggiungere».

Ma anche come Roberta: «A 30 anni, mi sento matura e piena d'esperienza. Per me è stato comunque un grande torneo, ho difeso i quarti e quindi i tanti punti in classifica, ho perso ancora ai quarti, e sono un po' triste, ma se guardo al torneo sono contenta». Roberta non gioca bene, d'accordo. Troppi 28 errori gratuiti, troppo basso il 58% di punti con la prima di servizio, troppo debole la percentuale di punti da fondo (39%). «Il suo gioco è molto difficile e ha bisogno di estrema lucidità su tutti i punti», chiosa l'ottimo coach Francesco Cinà, dispiaciuto, ma già pronto alle prossime battaglie: «C'è tanto da lavorare e migliorare». E le statistiche di Flavia sono tutte superiori: dal servizio (77% di punti con la prima), al saldo vincenti-errori (23-17), ai punti da fondo (56%). Ma, soprattutto, lo sapeva, lo sentiva, che in questi magici Us Open, era più forte di Roberta. A dispetto della classifica (numero 83 contro 13 del mondo), la Pennetta sta giocando troppo meglio della Vinci e, soprattutto, sta gestendo a puntino i momenti importanti contro avversarie più importanti - Errani (n. 5 del mondo), Kuznetsova (29) ed Halep (19) -, con servizio e dritto più solidi che mai, ma, soprattutto, tattica, lucidità, determinazione.

Così, Flavia comincia tesa («poco fluida») come l'amica di sempre: «Ci conosciamo alla perfezione, qualsiasi cosa faccia l'una, l'altra sa già, anche se magari non sono riuscita ad arrivare sulle sue smorzate. Le fa troppo bene». Ma, malgrado si faccia riprendere sul 4-4, affonda Robertina a rete (18/34), incassa un altro errore gratuito di stanchezza/frustrazione e, dal break del 5-4, salva due palle break da brividi con altrettante prime a 170 all'ora e poi diventa padrona del match. Perché, nel secondo set, strappa tre break su quattro servizi della Vinci e un lob di dritto finale che è una firma d'autore (…)

---------------------------------------------

Magica Flavia, regina di Puglia (Roberto Zanni, Corriere dello Sport)

Sessantacinque minuti per centrare la prima semifinale di uno Slam in carriera, per arrivare come minimo sul gradino 31 del ranking Wta (era 166 prima di Wimbledon, 83 alla vigilia di New York) e per assicurarsi almeno 650.000 dollari. Ha fatto in fretta Flavia Pennetta: 6-4 6-1 contro Roberta Vinci, conquistando così il derby d'Italia e della Puglia e un posto, domani, nel penultimo atto degli US Open contro Vicka Azarenka (1-1 i precedenti) o Daniela Hantuchova (3-2), che hanno giocato in nottata. Flavia è appena la quinta Over 50 nella classifica Wta ad approdare in semifinale dopo King (1979) e Clusters (2009), che erano senza ranking, Venus Williams (66 nel 1997) e Kerber (92 nel 2011). Tutto a un anno esatto dall'intervento chirurgico al polso.

RINASCIMENTO - "Magnifica creatura" ha twittato il boyfriend Andrea Petri non appena Flavia ha alzato le braccia al cielo per una vittoria meritata, conquistata con caparbietà, mai messa in dubbio dall'amica-avversaria Roberta Vinci. "Italia Renaissance" era stato ribattezzato da Espn il derby azzurro. Un Rinascimento che però ha avuto una sola protagonista: Flavia Pennetta, mentre dall'altra parte Roberta Vinci è apparsa imprigionata dalla tensione. Anche l'ex grande Chrissie Evert, che con Pam Shriver è la voce regina della tivù americana quando si gioca al femminile, dalla cabina di trasmissione dell'Arthur Ashe Stadium aveva definito la sfida tutta italiana «un match psicologico» e la conferma arrivava subito: break e contro-break. Cominciava così la sfida tutta azzurra, tutta pugliese. La partita la apriva un errore della Pennetta, ma il servizio lo perdeva la Vinci, che si rifaceva subito dopo. L'equilibrio andava avanti fino al 2-2 e per far scattare gli applausi si doveva attendere il quinto gioco, con una bella chiusura a rete di Roberta. Ma era Flavia ad allungare fino al 4-2, poi l'opportunità per portarsi sul 5-2, ma la grinta della tarantina veniva fuori, attaccando e annullando alla fine quattro palle per un nuovo break. «Old school point» esclamava la Shriver quando la Vinci a rete chiudeva il punto del 4-3. E con la "vecchia scuola", quel bel tennis che si giocava anni fa, Roberta riusciva a rimettere in parità l'incontro: 4-4, dopo 28 minuti il match ricominciava da zero.

LA SPINTA DI FLAVIA - Ma proprio quando sembrava tornato l'equilibrio tra la numero 13 al mondo (e 10 del tabellone) e la 83, c'era la svolta del set e anche del match. La Vinci, Miss Derby (quest'anno ne aveva perso solo uno, a Dubai con la Errani), al terzo consecutivo agli US Open si faceva attanagliare dalla tensione. Gli errori si accumulavano (alla fine quelli "non forzati" sono stati 28 contro 17) e per la terza volta perdeva il servizio, lasciando spalancate alla Pennetta le porte del primo parziale. Che non sfuggiva al decimo gioco, dopo lo scambio più lungo della partita (22 colpi), seguito poi da un ace di Flavia. Al terzo set point, dopo 41 minuti, il derby cominciava ad allontanarsi da Taranto, sempre più vicino a Brindisi. «Giocano molta attente, cercando la sicurezza dei punti» diceva Chrissie Evert, ma non ci volevano molti minuti per capire come sarebbe andata a finire. «Pennetta top tennis»... «Pennetta in charge», erano i commenti delle due ladies dalla cabina di Espn. Si, perché nel giro di poco più di dieci minuti Flavia aveva preso il comando delle operazioni: 4-0. Il rovescio della Vinci non faceva male e nemmeno il servizio, forse proprio perché troppo tesa alla ricerca della semifinale da sogno e di quella Top 10 tanto inseguita. Si liberava invece Flavia: sei game consecutivi dal 4-4 del primo set. «Flavia ha fiducia» diceva sicura la Evert, ormai era chiaro che la partita era davvero alle porte di Brindisi (…)

------------------------------------------------

Flavia la dolce che non trema (Piero Valesio, Tuttosport)

LA FINALE è possibile, Flavia. Devi crederci, Devi, devi, devi. Ma non pensarci e soprattutto non dirlo. Non confessarlo a nessuno. Perché già più volte la sorte è stata con beffarda e velenosa. Meglio non dir nulla. Tirare il fiato e aspettare. Certo: un'italiana in finale a New York è pensiero pesante. Il fatto che già l'anno scorso sia successo quando Sara Errani non riuscì a sfruttare l'occasione e perdendo dignitosamente contro Serena in semifinale non rende questo pensiero più leggero. E se il 2013 fosse un anno particolare? L'anno in cui la dominatrice Serena perde a Melbourne dalla Stephens e a Wimbledon dalla Lisicki? L'anno in cui ai Championships vince Marion Bartoli? E se fosse l'anno in cui la sorte ha deciso di saldare i suoi conti, L'amica Roby si è consegnata al suo rovescio: quasi come se avesse voluto lanciarla verso l'obiettivo finale di porre rimedio alle sue manchevolezze e ai suoi capricci? La Bartoli certo non ha avuto una vita facile nè sotto il profilo fisico nè sotto quello psicologico. E un giorno d'estate gli è successo di vincere a Wimbledon. Flavia ha avuto una vita ben più serena a parte alcune disavventure sentimentali.

Anche se ad un certo punto si è trovata senza la partner con la quale aveva vinto il Masters di doppio, Gisela Dulko, perché lei si era innamorata di un calciatore e si era stufata di soffrire con il tennis: e pure senza il suo padre-bis. Gabriel Urpi, il coach che ha deciso di cedere alla lusinghe della Federtennis francese e ha deciso di chiudere un sodalizio che durava da una vita. SI è trovata molto più sola di prima, insomma, e con un polso che aveva fatto crac nei quarti di Roma contro Serena proprio mentre stava giocando molto bene e chissà; col polso sano magari quella partita l'avrebbe pure vinta. Sola a pensare di essere con i pellegrini del proverbio: quelli che arrivano a Roma ma non riescono mai a vedere il Papa. Una che ha firmato una delle partite più belle carriera e pure della storia degli Us Open annullando sei match-point alla Zvonareva: ma solo per poi andare a sbattere contro Serena. E quel quarto con la Kerber, con una crisi di ansia e quasi di vomito in mezzo al campo, con la giudice di sedie che pure la rimbrottava e lei, che faceva fatica a respirare, costretta a difendersi educatamente senza mandarla dove invece avrebbe voluto tanta voglia di mandarla. Flavia la pin up, la donna cordiale e bene educata della quale però si diceva: è brava ma quanto se la fa sotto nei momenti che contano. Una Flavia che tante volte era arrivata in un ipotetico Vaticano ma che non era ai riuscita a vedere il Papa.

TEMPO E se la sorte avesse deciso che quest'anno Flavia lo vedrà il Papa? C'è ancora una semifinale da giocare. mica cotiche. Ma la Flavia di oggi si è ritrovata quasi per magia a essere una tennista e un po' meno donna rivolta al dopotennis. E soprattutto trasmette la sensazione di spaventarsi parecchio meno. Sarà perché il tempo passa e trascina via un po' di scorie; sarà perché passando pensi che in fondo sei già stata fortunata così e che tutto quel che viene è un di più. E allora giochi con maggior nonchalance, pensi solo a fare quello che sai fare meglio e poco ti importa del fatto che le tue gambe potrebbero anche dirti, ad un certo punto: siamo stanche, per chi ci hai preso? Giochi e basta, ti muovi e basta. E poco ti importa di chi ci sia dall'altra parte della rete.

IMMOLARSI Chissà se penserà a tutto questo Flavia domani quando giocherà la semifinale. E chissà se la sorte deciderà di darle modo di coronare la sua carriera diventando la prima italiana a raggiungere la finale dello Slam che per sua natura è quello che fa emergere con maggior chiarezza i valori in campo (…)

-----------------------------------------------------------------------

Pennetta, il cuore oltre la rete (Stefano Semeraro, La Stampa)

Visto dal campo l'Arthur Ashe sembra il Parlamento interstellare di Guerre Stellari, un catino che piove dal cielo e rimpicciolisce il cuore. La più brava ad arrampicarsi senza paura lassù, fra le stelle degli Us Open, è Flavia Pennetta, che per un'ora si dimentica dell'amicizia con Roberta Vinci battendola 6-4 6-1 nel derby pugliese e a 31 anni aggancia la prima semifinale Slam della sua carriera. Era il quarto tentativo agli Us Open, dopo quelli lasciati alla Safina e alla Williams e quello un po' regalato alla Kerber - se l'è meritata. Lei che è stata la prima top-10 italiana (nel 2009) e che con New York ha sempre avuto una love story istintiva, di pelle, body and soul. Da Brindisi alla Grande Mela, fra l'Adriatico e l'east coast, transitando per lunghi anni in cui Flavia sembrava perfetta per il cemento, con quel suo tennis regolare, aggressivo, ritmato, ma paradossalmente troppo pulito, prevedibile, per fare male alle big. Dopo l'infortunio al polso, operato giusto un anno fa, la sua carriera ha traballato, ma la paura non è durata a lungo.

Numero 166 prima di Wimbledon, da dove è iniziata la remuntada, ora è già sicura di tornare almeno n.31 dopo la fine del torneo. «Hai fatto in fretta, baby», le dice ammirata Mary Joe Fernandez in campo. «Mica tanto», risponde lei. Ci sono voluti sei mesi per tornare a credere in se stessa, fra il cambio dell'allenatore, da Gabriel Urpi a Salvador Navarro, e gli allenamenti per tornare a sentire il rovescio, il dritto, le gambe e il cuore che rispondevano come sempre. Per migliorare il servizio, che ieri ha contato tanto. «Ma Flavia è così», dice Roberta battendo le nocche sul tavolo. «E' una tosta: se vuole una cosa se la prende». Un anno fa la Penna era a Brindisi, «a casa dai miei, con il braccio al collo. Mi svegliavo la notte per vedere le partite delle italiane, tifavo, ero contenta per la semifinale di Sara, ma dispiaciuta di non essere qui. Poi mi sono presa un break dal tennis». Staccare la spina per riattaccare le emozioni. Per ritrovarsi più matura, più capace di gestire partite speciali come questa. «Oggi in campo non c'era solo tennis - racconta - ma qualcosa che sta dentro. Bisognava gestire tutta la situazione, e io forse l'ho fatto meglio di Roberta». Il match è vissuto un set, quando dal 4-2 si è fatta rimontare sul 4-4 Flavia ha tenuto sotto controllo il panico.

Quello suo e quello di papà Oronzo, che smaniava nel box. «Gli ho fatto cenno di stare calmo, lui è fatto così. Ho 31 anni ma ancora un grande rapporto con i miei genitori: sono loro che mi incoraggiano quando faccio bene le cose e sono duri quando sbaglio». Quattro teste di serie battute in 5 partite, oltre il prossimo match c'è un balzo nell'iperspazio: nessuna italiana ha mai raggiunto la finale agli Us Open. E forse anche il pensiero che il ranking dopo questo torneo fitto di derby a sorpresa è un po' bugiardo. «No, Sara e Roberta sono sempre la 6 e la 12 del mondo, se rigiochiamo la settimana prossima magari vincono loro. E la tensione a dire il vero adesso non la sento proprio. Magari domani, chissà». Magari no, tostissima Flavia.

------------------------------------------------

Flavia, una star a New York (Alberto Giorni, Il Giorno)

Finisce con un bell’abbraccio a rete e un’esultanza contenuta della vincitrice, per rispetto dell’amica sconfitta. Il derby «made in Puglia» agli US Open è di Flavia Pennetta, che domina Roberta Vinci 6-4, 6-1 in 1h05’ e approda alla prima semifinale Slam in carriera dove incontrerà Vika Azarenka o Daniela Hantuchova, affrontatesi nella notte (l’altra semifinale sarà tra Serena Williams e Na Li). La Pennetta prosegue un torneo straordinario, in cui non ha ancora perso un set e ha ribaltato le gerarchie: da numero 83 Wta (ma tornerà almeno n°31) ha sorpreso la Vinci (n°13), che come l’anno scorso si arrende nel derby dei quarti (allora con la Errani) e deve rimandare l’ingresso nella top 10.

«Non riesco a crederci – ha detto una raggiante Flavia a caldo –. Sono stata aggressiva, mentre lei ha sentito un po’ di pressione. Proprio un anno fa mi sono operata al polso, sono felicissima; Roberta è una delle mie migliori amiche, ma così è la vita». Un match all’insegna del fair play: nessuna delle due ha esibito pugnetti o urli per incitarsi, anzi entrambe hanno applaudito qualche bel punto dell’avversaria. 
Chissà se, entrando nel mastodontico e semivuoto Arthur Ashe Stadium sotto il sole di mezzogiorno (ora di New York), Flavia e Roberta hanno ripensato a quando si sfidavano poco più che bambine nei tornei regionali pugliesi. All’inizio domina la tensione ed è intrigante il contrasto di stili: la Pennetta, in completo rosso fiammante, cerca di imporre un ritmo sostenuto da fondo, mentre la Vinci (in tenuta rosa) si presenta a rete ogni volta che può.

Flavia vola 4-2, mancando quattro palle del 5-2. Roberta prova a reagire, agguanta il 4-4 e mette alla prova i passanti della Pennetta, che però le strappa ancora il servizio e si porta sul 5-4. La brindisina non trasforma i primi due setpoint, salva due palle break e riesce a chiudere 6-4 sfruttando un’imprecisa volée dell’amica-rivale.

Il secondo set segue lo stesso copione: la Vinci commette troppi errori (in totale 11 in più di Flavia, con 9 vincenti in meno) e sfida troppo spesso il colpo migliore della Pennetta, il rovescio lungolinea, da cui viene puntualmente infilata. Flavia inserisce così il pilota automatico e mette la firma sul 6-1 definitivo con un delizioso pallonetto: New York è ai suoi piedi.

 

comments powered by Disqus
QS Sport

Si scaldano le trattative di mercato: Milan e Juventus attivissime, la Roma blinda Florenzi; Thohir dice no all'Atletico Madrid per Icardi e Handanovic. Maxi Lopez è del Chievo, Trezeguet torna al River Plate

Ultimi commenti