07/09/2013 09:54 CEST - rassegna nazionale

La grinta non basta, finisce il sogno della Pennetta (Martucci, Lopes Pegna, Semeraro, Valesio, Zanni, Giorni, Sisti, Mancuso, Grassia); Wawrinka-Gasquet, due outsider per Nole e Rafa (Mariantoni, Azzolini)

07-09-2013

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A cura di Davide Uccella

La resa: la Pennetta lotta nel primo set. poi l'Azarenka va (Vincenzo Martucci, La Gazzetta dello Sport, 07-09-2013)

Così perde un'italiana: lottando fino all'ultimo, contro la tensione della prima semifinale Slam della carriera — la partita che un anno fa, con il polso destro appena operato, nemmeno avrebbe osato sognare —, contro la numero 2 del mondo (finalista proprio agli Us Open di 12 mesi fa), contro la propria prima di servizio che la tradisce proprio all'incrocio più inatteso della vita, visto che lo concede 8 volte, mentre in 5 partite, finora l'aveva ceduto 9. Così perde Flavia Pennetta contro Vika Azarenka, «la nuova Sharapova», più giovane di 7 anni, più potente, più vincente sul cemento e negli Slam (gli ultimi due titoli agli Australian Open). Che, come da pronostico, ripete domenica la finale 2012 contro la numero 1, e favorita per il bis, Serena Williams (6-0 6-3 contro Li Na). Così, davanti a circa 19mila spettatori dello stadio più grande del tennis, l'Arthur Ashe di Flushing Meadows, la brindisina cede dopo un'ora e 34 minuti, con un bugiardo 6-4 6-2, ma si merita tutti gli applausi e un prosieguo ancor più stuzzicante di carriera. Considerando che, prima di Wimbledon, due mesi fa, meditava il ritiro, da numero 166 del mondo, che è arrivata a New York da 83 e che la prossima settimana sarà comunque 31. E quindi di nuovo in pista nei maggiori tornei.

Occasione «Secondo me ce la può fare, non l'ho vista benissimo la Azarenka in questi giorni, e invece Flavia sì», azzarda Gianluigi Quinzi prima del suo sfortunato match dei quarti juniores contro il rivale in singolare, ma compagno di doppio, l'australiano Thanasi Kokkinakis («Comunque questo era il mio ultimo match under 18»). E in eff -td, il match, impossibile sulla carta per le mere statistiche, non per il torneo disputato finora da Flavia e Vika, si decide nel primo set. Quando la brindisina dal sorriso che conquista ottiene appena il 44% dei punti con la prima di servizio, l'arma che tanto ha migliorato con coach Salvador Navarro (sempre a Barcellona) e che l'ha aiutata a superare i tanti scogli di queste due settimane indimenticabili. Quando ha comunque giocato meglio di sempre, anche come tenuta di concentrazione e lucidità.

Tensione Tiene solo una volta il servizio in cinque games di battuta, quando deve salvare due palle-break, certamente per le capacità di ribattuta della bielorussa, ma anche per la tensione che non la blocca totalmente come altre volte in carriera, ma sicuramente la frena. Spedita argutamente a servire per prima dalla Azarenka che vince il sorteggio, Flavia la perde subito, la recupera immediatamente, va per la prima volta avanti nel match (2-1, non a caso con 4 prime di fila), e poi continua a cedere il servizio e a ristrapparlo all'avversaria, fino al 4-5, quando, al sesto set point, capitola, dopo 52 minuti. E' quella l'occasione non sfruttata dall'italiana contro la numero 2 del mondo ancor più fallosa (18 gratuiti, di cui 5 doppi falli), timida (4/9 sulle palle-break), e nervosa (appena 6 vincenti) dei match con Ivanovic, Cornet e I lantuchova.

Variazioni Purtroppo, senza la prima di servizio, Flavia non trova variazioni al violento bombardamento da fondo cui la costringe la wonderwomen Vika (1.83). Da parte sua molto insicura, e quindi stranamente a rete, facendosi infilare dai passanti dell'azzurra. Che però svuota il serbatoio delle energie nelle continue corse di qua e di là del campo a inseguire i proiettili della bielorussa. E poi getta il cuore nella lotta all'arma bianca per salvare il primo set point con una rispostona di dritto, il secondo con un rovescio al bacio, il terzo affondando il dritto nemico, il quarto grazie al doppio fallo di paura dell'avversaria e il quinto con l'uno-due rovescio-dritto. Ma, davanti al sesto, in un crescendo che ricorda tanto i famosi 6 match point dei quarti 2009 sempre qui sul cemento degli Us Open contro Vera Zvonareva, Flavia s'inchina alla prima di battuta di Vika che pizzica la riga.

Orgoglio Le piccole-grandi ragazze che hanno riscritto la storia del nostro tennis dal 2008 in qua sono di ferro: da Flavia, che è stata la prima ad entrare fra le prime 10, alla Schiavone che ha vinto il primo Slam (al Roland Garros 2010), alla Errani che ha giocato la finale di Parigi 2012, alla Vinci che ha trascinato Sara al numero 1 del mondo di doppio e a tre titoli Slam. E quindi la Pennetta, pur stanchissima, nel secondo set, recupera ancora un break, scivola 1-4, ne recupera un altro, e poi salva due match point sparando un rovescio e un dritto da campionessa. Prima di arrendersi all'ennesima spallata (servizio-dritto). Così perde un'italiana.

 

Il commento - Ma la sua vita tennistica riparte da qui (Vincenzo Martucci, La Gazzetta dello Sport, 07-09-2013)

«Ho provato, ho fallito, non importa, riproverò, fallirò meglio». Flavia Pennetta deve farsi coraggio col tatuaggio che l'eroe del tabellone maschile, Stanislas Wawrinka, ha dedicato sull'avambraccio sinistro a SamuelBeckett. Perché la sua vita (tennistica) ricomincia col numero 31: come la nuova classifica (da 166, due mesi fa) e gli anni, uguali a quelli di Serena Williams e Li Na, eguagliando il record di 3 semifinaliste in un Major over 30 era Open, da Wimbledon 1994. Perché vecchio è sempre più bello, almeno fra le donne, dove l'esperienza, coniugata alla preparazione atletica, fa la differenza e allunga la carriera. Le motivazioni, quelle, Flavia le ha ravvivate nei 6 mesi lontano dal tennis. Proprio come il suo amico Nadal, ha dovuto saltare gli Us Open 2012 per infortunio, al polso destro, che per un tennista, destrorso, e alla sua età, corrisponde a un enorme punto interrogativo per il domani. S'era svegliata di notte, dai genitori, a Brindisi, per tifare alla tv per Sara Errani nell'impossibile semifinale contro Serena Williams. Ripresentarsi da protagonista nella New York dei maggiori successi (tre quarti di finale: 2008, 2009 e 2011) è un miracolo. Perché la ripresa, già difficile, èstata complicata da un'autentica rivoluzione personale e tecnica, perdendo coach (da Urpi a Navarro) e compagna di doppio (Dulko), e cambiando pure fidanzato. Eppure sta giocando il miglior tennis di sempre, più vario, più solido, più efficace sui colpi più deboli (dritto e servizio), soprattutto, più lucido nei momenti topici del match. Come dicono i successi con Errani (n. 5 del mondo), Kuznetsova (29), Halep (19) e Vinci (13) da parte di chi, sul cemento di New York, ha toccato tre volte i quarti, diventando nel 2009 la prima italiana «top 10». E che ora, con questa carica, punta alla quarta Fed Cup dell'Italia, il 2-3 novembre sulla terra rossa di Cagliari contro la Russia.

 

Flavia «Ho giocato una gara alla pari con la 2 al mondo» (Massimo Lopes Pegna, La Gazzetta dello Sport, 07-09-2013)

Papà Oronzo va in giro a testa alta dentro il labirinto di corridoi nella pancia di Flushing Meadows. E' fiero della sua figliola: «Ha giocato bene, vero?», chiede conferma. Gli dicono di sì e allora riprende più sicuro: «Sì, ha giocato bene, mi è piaciuta. Forse poteva fare qualche scambio con più cattiveria e mettere qualche prima palla in più». Sono le uniche frasi che può pronunciare, prima che Flavia intervenga decisa: «Dai papà, su. Sai che non voglio tu dica niente». Simpatica piccola baruffa in famiglia. Ma papà obbedisce di malavoglia e se ne va via in silenzio stampa.

Complimenti Ora parla Pennetta, spesso interrotta da amici che si vogliono congratulare. Piovono complimenti in spagnolo, in inglese e in italiano. «Ho fatto una buona partita», dice. Ha spiccato la sua eleganza. Non solo il chignon da ballerina e il vestitino rosso portato come fosse un abito da sera, ma soprattutto l'eleganza del suo tennis, con cui ha dato del filo da torcere alla numero due del mondo, Vika Azarenka. Palle toccate di fino contro i guaiti da San Bernardo e i muscoli del peso massimo che picchiavano sulla palla. Scuote la testa: «E' vero, ma stavolta non ha fatto solo quello. Ha giocato anche lei delle belle palle. Ma non c'è dubbio che i suoi colpi sono più pesanti. Però, peccato». E' quando increspa il sorriso e le spunta un piccolo rammarico. Spiega: «Peccato perché nel primo set ho avuto una chance netta e non l'ho saputa sfruttare». Si riferisce ai cinque set point salvati prima di capitolare e mollare quella partita per 4-6. Riprende: «Però rimpianti veri non ne ho. Mi porto via da qui belle sensazioni, un torneo e quasi due settimane straordinari. Ho la certezza di aver fatto il massimo possibile e di averla messa in difficoltà per un'ora e mezza». Alla vigilia, Flavia si era improvvisata analista dell'avversaria: «Mentalmente, Vika è più stabile e costante rispetto a due anni fa quando l'ho battuta a Dubai. E solida, s'arrabbia di meno», aveva detto. Ora, c'è la consapevolezza, forse magra consolazione, di essere riuscita a farle perdere la calma in alcune occasioni: poderose manate di stizza sulle cosce e un grido di rabbia su alcuni errori. Racconta: «E' vero. Ma qualche manata sulle gambe me la sono data anch'io».

Schiaffi Però, sulla pesantezza di quelli schiaffoni non c'è discussione. Flavia aveva detto che la battuta sarebbe stata un'arma importante «ma nessuna di noi ha servito bene», ammette. «Peccato», ripete. Forse perché le immagini del match le frullano ancora nella testa e tutti quei complimenti che incassa le fanno pensare che avrebbe potuto fare qualcosa in più. «Sono stata in campo alla pari con la numero 2 del mondo. E questo è un fatto, un risultato concreto. Ora andrò a casa a riposarmi prima di ripartire per l'Asia. Tokyo, Pechino e Osaka. E la testa dice che potrò fare delle belle cose anche laggiù». Intanto la Azarenka si è rimessa le sue vistose cuffie rosse. Dice che Williams o Li Na non fa differenza: «Sarà comunque una grande avversaria». E rende omaggio alla sua avversaria italiana: «Non riuscivo a trovare il ritmo, ho fatto un po' di errori gratuiti, ma Flavia è una grande combattente e mi ha messo in difficoltà». Almeno, l'onore delle armi.

 

La grinta non basta, finisce il sogno della Pennetta (Stefano Semeraro, La Stampa, 07-09-2013)

La mission era meno impossibile di quello che sembrava, ma Flavia Pennetta non ce l'ha fatta a mandare all'aria pronostico e storia, a battere la n. 2 del mondo Victoria Azarenka e prendersi la forale degli Us Open (6-4 6-2 il forale). Ci ha provato, però, eccome, in un primo set dominato dai break - 7 su 10 turni di servizio - e girato su poche palle.

Flavia ha pensato spesso meglio, Vika ha picchiato di più, infilata in un vestito rosa che non si addiceva molto alla sua larga complessione, mulinando il dritto con lo swing di una Brunilde in versione hip-hop. E al sesto set point l'ha avuta vinta.

La Bielorussa, nata a Misnk ma cresciuta in Arizona anche grazie all'aiuto dell'hockeista Khabibulin, fidanzata del rapper Redfoo, un metro e 83 per 70 chili, è Combattiva Flavia Pennetta 31 anni brindisina ha disputato a New York la sua prima semifinale di un major una creatura energetica come la bibita blu che la sponsorizza, una Vettel del tennis. Guai a farle mettere le ruote davanti, quando accelera, quando non si fa frenare dai nervi, non la sorpassi più.

Era la più giovane delle semifinaliste, 24enne imbucata in un torneo occupato da campioni stagionati. Da ragazzotta che ama il ritmo e lo usa per scardinare il mondo cercherà domani di riprendersi, qui a New York, il titolo che ha perso l'anno scorso in finale contro Serena Williams. Flavia ha un anno meno della Panterona, grinta da vendere ma meno massa muscolare da caricare sui colpi, e all'inizio del secondo set il suo tennis lineare, pulito, articolato ma leggerino ha iniziato a scricchiolare.

Il colpo di maglio è stato quello che ha dato a Vika Brunilde il punto del 3-1: una percussione impressionante, che ha risucchiato l'aria dalle gambe, dal cervello di Flavia. Sam Sumik, il coach 31 Al mondo Flavia Pennetta entrata agli Us Open da n 83 lunedì risalirà a quota 31 bretone della Azarenka, dalla tribuna sorvegliava con la sua aria sgherra e imbrillantinata, il match si è inclinato lì, nonostante una reazione di Flavia nel forale.

Peccato, perché nel primo set si era capito che Flavia una chance, contro un'avversaria ancora disturbata da qualche fatica di troppo sostenuta nei match precedenti, poteva anche avercela.

Il suo rimane comunque un torneo straordinario. Alla prima semifinale Slam della carriera c'è arrivata da n.83 del mondo, da Flushing esce da n.31 dopo aver vinto i derby del cuore con Sara Errani e Roberta Vinci, le due azzurre più forti, numero 6 e numero 12 del ranking Wta. Un anno fa il torneo lo aveva guardato in televisione, con il braccio al collo per il polso appena operato. Questa volta lo ha giocato da protagonista, ribaltando le gerarchie azzurre, sfiorando l'impresa. La sua vita (agonistica) può ricominciare da qui.

 

Pennetta, devi riprovarci! (Piero Valesio, Tuttosport, 07-09-2013)

SAREBBE bastato il servizio dei giorni scorsi. O forse no. Sarebbe bastato che la spalla della Azarenka non si scaldasse e continuasse a infastidire Vika come nei primi venti minuti di gioco. O forse no. Sarebbe bastato che le gambe di Flavia non la abbandonassero sul più bello. O forse no. Sarebbe bastato che Flavia avesse il servizio di oggi (anzi dell'altro ieri), la testa di oggi e vent'anni: ma qui siamo sul piano della fantasia. E poi forse non sarebbe bastato nemmeno questo perché bisogna vedere quale Azarenka avrebbe avuto di fronte: se quella spesso incapace di tenere a bada i propri nervi di qualche tempo fa o quella spara-palle spietata di ieri. Insomma la domanda vien spontanea: Flavia Permetta avrebbe potuto battere la Azarenka ieri sera? E grazie a quale componente del suo bagaglio tecnico, a quale fattore esterno, a quale evento metereologico? La risposta è no. Il cemento newyorchese manco ti offre la scusa di un rimbalzo fasullo su un monticello di terra o su una zolla d'erba mossa. Quel cemento dice chi è più forte e chi no, in quel preciso momento. E ieri ha emesso la sua sentenza: Flavia non aveva armi sufficienti per battere la numero 2 al mondo. Che non per niente è l'unica che può guardare negli occhi Serena, sfidarla e qualche volta batterla.

NUOVA Detto questo è doveroso fare anche altre due considerazioni. La prima è che dal match di ieri (e più in generale dalla sua splendida quindicina newyorchese) esce una Pennetta nuova. II che può sembrare un ossimoro visto che stiamo parlando di una giovane donna di 31 anni. Ma è la realtà: Flavia non ha tremato, nemmeno per un attimo. Ha tremato il suo nuovo servizio, nato da un allenamento specifico svolto nei mesi post-riablitazione. Ma l'aveva detto lei stessa: «Quando vado un po' in ansa sono i colpi costruiti che ne risentono: il servizio e il diritto». Per l'appunto. Ma il tremore che Flavia non ha mai accusato è stato quello che definiremmo esistenziale: quello che altre volte l'aveva portata a non sfruttare occasioni che l'avrebbero avvicinata di parecchio all'empireo della classifica. Sul finire del primo set ha annullato cinque set point alla bielorussa, tre palle per l'1-5 nel secondo. Ha picchiato finché le forze glielo hanno concesso. Ha remato senza tregua contro un'avversaria che di tregua non te ne concede, non ti fa respirare, non ti fa pensare. Devi solo entrare e cercare di tenerla più possibile lontano dalla riga di fondo.

NUMERO 1 La seconda considerazione: che Flavia abbia raggiunto un livello del genere a 31 anni e dopo tutto quello che le è successo in carriera fa di lei una numero 1. Assoluta. Non solo la più amata: ma anche il punto di riferimento tecnico e caratteriale per tutto il tennis italiano. Si dice che diventerà una sorta di direttore tecnico federale: mai scelta potrebbe essere più azzeccata. Non solo per le sue capacità di comunicazione, per la determinazione di cui ha mostrato di essere in possesso, per le sue conoscenze tecniche. Ma perché se nel tennis (e pure in qualche altro settore dell'umano vivere, a ben vedere) non sei capace a 31 anni di farti sbatacchiare dalla tua privatissima Azarenka di qua e di là sul campo tenendole testa, non abbattendoti mai e cercando di tirar fuori dal cilindro una risposta vincente quando l'altra meno se lo aspetta non vai da nessuna parte.

IMPARARE Camila Giorgi? Impari da Flavia. Che non basta solo picchiare ma a volte bisogna usare la testa. Fabio Fognini? Impari da Flavia: che il solo talento può bastare ma solo a sprazzi. Spesso bisogna tenere il talento a bada e tenere botta anche quando c'è qualcosa che non va. Gianluigi Quinzi? Ecco soprattutto lui che ieri ha perso con Kokkinakis (uno che già si è affacciato sul circuito maggiore) ed è la nostra speranza più nitida vivrà pure lui giornate difficili perché è umano: guardi alla testa con cui a 31 anni Flavia si è risollevata da una situazione nerissima. E in quei momenti troverà. la forza per non mollare.

RESTARE Mollare? Ecc una parola chiave. Prima di' Wimbledon disse che entro la fine dell'anno avrebbe deciso quale sarebbe stato il suo futuro immediato: se continuare oppure no. Ecco: continua pure, Flavia. Perché ciò che lei e noi possiamo aspettarci dopo due settimane così è che fra un anno ci riprovi. Che tenti di agganciare la finale nello Slam che più ama. Che riconquisti un posto fra le prime venti e magari anche qualcosa in più visto cosa è stata capace di fare in questi giorni. Il posto da dirigente emerito, ancorchè sul campo, può aspettare. II fantastico gruppo del tennis femminile italiano ha in lei una leader naturale, al di là delle posizioni nella classifica Wta.

MEDIO Intanto ieri Flavia ha raccontato un episodio curioso. A Orleans, in un indimenticabile match di Fed contro la Mauresmo, arrivò ad un passo dal ko e rischiò di perdere perché litigò con il giudice di sedia concludendo il litigio con un dito alzato (il medio) all'indirizzo della succitata giudice. Poi la nostra vinse quel match. «Quando ho reincontrato Amelie lei mi ha guardato e mi ha detto: Flavia, tiè" e mi ha mostrato il dito medio. Ecco: con questo Us Open Flavia Permetta ha guardato in faccia la sorte e gli ha detto: sorte, tie. E gli ha mostrato il dito. Ed è impossibile non applaudire il suo gesto.

 

Pennetta, sfida alla pari ma Azarenka picchia di più (Roberto Zanni, Il Corriere dello Sport, 07-09-2013)


Resta un sogno. Nemmeno quest'anno vedremo una l'italiana in finale agli US Open, ma Flavia l'ultimo atto degli US Open se lo meritava. Ha perso 6-4, 6-2 con la numero 2 al mondo Victoria Azarenka, ma ha lottato alla pari per tutto il primo set e non ha mai abbassato la racchetta, fino alla tine, annullando anche due match point prima di lasciare andare Vika alla seconda finale consecutiva a New York, la rivincita dell'anno scorso con Serena Williams. »Sono emozionata - ha detto subito dopo la fine del match la bielorussa - ho fatto fatica a trovare il ritmo in questa partita, ma ho giocato bene i punti importanti. Flavia è una grande lottatrice». Ha ballato, per la gioia, Vika sul campo subito dopo la fine del match, ma per farlo ha dovuto sudare 1 ora e 34 minuti contro l'italiana distante 81 posizioni nel ranking.

FLAVIA: BELLA LOTTA - E nonostante la sconfitta anche Flavia è riuscita a sorridere: »È stato un bel torneo - ha detto - e sono felice per questo. Contro l'Azarenka ho avuto le mie opportunità nel primo set, non ce l'ho fatta, ma ho giocato bene, anche lei ed è stata molto consistente. Entrambe non abbiamo servito al meglio, lei è più potente di me, ma è stata una bella lotta credo. Si ho perso, ma contro la numero 2 al mondo».

VINCONO I BREAK - Sono le 2 e 43 del pomeriggio assolato di New York quando Flavia Pennetta serve per la prima volta in una semifinale di uno Slam. Ed è sempre dell'azzurra il primo errore della giornata e la Azarenka si porta subito sul 40-0, resiste al ritorno di Flavia e il primo break, di una lunga serie va alla bielorussa. Non si fa intimorire però la Pennetta e ci mette poco a far capire alla numero 2 del mondo che non sarà facile. Infatti al secondo gioco arriva immediato il contro-break raggiunto a rete con un colpo da applausi. Poi al servizio, l'unico che la Pennetta riuscirà a tenere nel primo set, arriva anche il vantaggio, momentaneo dell'italiana: 2-1. Immediata la reazione rabbiosa della bielorussa che dopo aver tenuto il proprio di servizio, si porta avanti sul 3-2, vincendo il quinto gioco a zero. Poii il 3-3, ma è proprio il servizio di Flavia che non è così potente come altre volte e anche il settimo gioco lo deve lasciare all'avversaria. Siamo all'ottavo game e ancora una volta la Pen-netta, sul servizio dell'avversaria, si riporta in parità: grida la Azarenka per un errore a rete (e le sue urla raggiungono i 120 decibel, quando un turbo jet tocca i 150...).

SPRINT VIKA - Sul 4-4, con la battuta perla Pennetta si arriva al primo momento chiave della partita: Flavia si porta sul 40-30 (urla sempre più forte l'Azarenka anche quando sbaglia), ma non ne approfitta e complice anche un doppio fallo, perde nuovamente il servizio. Il decimo gioco duralo minuti. Una lotta alla pari, con la Pennetta che per cinque volte annulla il set point a Vika: prima una risposta col dritto, poi un terrificante rovescio, poi due errori dell'avversaria, ma c'è ancora spazio per un nuovo splendido rovescio di Flavia prima che dalla battuta dell'Azarenka arrivi il 6-4 dopo una lotta alla pari durata 52 minuti.

LA RESA - Perso in questo modo il primo set, nel secondo Flavia dopo 1'1-1 (due break ovviamente) cede all'avversaria: 4-1, poi ancora si prende il servizio dell'avversaria, ma pur con l'orgoglio di annullare due match point, lascia la finale all'Azarenka. Che grida ovviamente.

 

Flavia si ferma sul più bello (Alberto Giorni, Nazione - Carlino - Giorno Sport, 07-09-2013)

GRAZIE LO STESSO. Finisce in semifinale la grande avventura di Flavia Pennetta agli US Open: la brindisina è stata battuta 6-4, 6-2 dalla bielorussa Victoria Azarenka, numero 2 del mondo. Ma Flavia esce a testa alta: due settimane fa, neanche lei avrebbe immaginato di giocarsi la prima semifinale in carriera in un torneo del grande Slam un anno dopo l'operazione al polso, battendo fra l'altro quattro teste di serie tra le quali Errani e Vinci. Numero 166 Wta prima di Wimbledon, e n 83 alla vigilia degli US Open, Flavia spiccherà un balzo fino al n 31. Ieri, contro una Azarenka non eccezionale, purtroppo è stata tradita dal servizio (solo il 44% di prime).

SOTTO IL SOLE di New York e su un Arthur Ashe Stadium quasi gremito (22mila spettatori) all'inizio domina la tensione ed entrambe cedono il primo turno di battuta (saranno ben sette i break nel primo parziale). La Azarenka, che quest'anno ha battuto due volte Serena Williams, impone un ritmo sostenuto da fon-docampo, mentre la Pennetta prova a non farsi schiacciare, variando maggiormente il gioco e cercando di far muovere il più possibile l'avversaria. Flavia sfodera anche qualche intelligente palla corta, però mette poche prime in campo e cede ancora la battuta. La Azarenka però ricambia subito il favore: commette qualche doppio fallo di troppo, dà segni di nervosismo e si fa agguantare sul 3-3. Ogni volta che la brindisina serve la seconda, la bielorussa la aggredisce subito alzando i decibel dei suoi grugniti. Un dritto in rete dell'azzurra permette a Vika di servire per il primo set sul 5-4: è il momento chiave. La Azarenka si conquista due setpoint, annullati magistralmente dalla Pennetta con una risposta di dritto e un rovescio lungolinea che le valgono il boato del pubblico. La bielorussa manca altre tre occasioni, ma alla sesta sigilla il 6-4 con un servizio vincente. La Pennetta, sempre in difficoltà in battuta, accusa il colpo e nel secondo set Vika vola in un lampo sul 4-1. Gli spettatori sostengono a gran voce l'azzurra, che però è sempre più sfiduciata. La Azarenka diventa padrona del campo e chiude 6-2: per il secondo anno di fila è in finale a New York. Intanto, nel tabellone Juniores, Gianluigi Quinzi (campione di Wimbledon) è stato eliminato 3-6, 6-2, 6-2 dall'australiano Kokkinakis. Oggi in campo Nadal e Djokovic.

AGLI US OPEN è il giorno delle semifinali maschili: si inizia alle 17.45 (diretta su Eurosport). Il numero 1 del mondo Djokovic sfida lo svizzero Wawrinka (che nei quarti ha eliminato a sorpresa il campione uscente Murray), mentre il n 2 Nadal se la vedrà con il francese Gasquet.

 

Flavia, il sogno finisce qui in finale, va la Azarenka (Enrico Sisti, La Repubblica, 07-09-2013)

Non c'è più niente da fare ma è stato bello sognare, lo diceva pure Bobby Solo. Grande Flavia. Non importa, va bene lo stesso. Sfuma la finale, passa la Azarenka (6-4, 6-2), ma in fondo un sogno è bello farlo. Vuoi dire che telo potevi permettere, Flavia, che sei viva, che il polso malato non esiste più, che davanti ci sono altre partite, forse anche più suggestive, importanti e gratificanti. E tornei anche più luminosi di questo tuo Us Open. Peccato però. Peccato perché almeno per un'ora ieri Victoria è stata giocabile (dopo forse no). Flavia ha perso lottando per 94 minuti con il coltello fra i denti, utilizzando tutti gli strumenti a disposizione: anima, racchetta, piedi, rabbia, saggezza, cuore, unghie. Si è arresa solo alla fine, quando il verdetto era già scritto, sotterrando due dritti per il 2-5 del secondo set. Anzi nemmeno 11 ha mollato: i giochi erano fatti eppure lei diceva ancora no, cancellava la verità, non voleva uscire dalcampo, riuscendo ad annullare due match-point, arrampicando sull'Everest con gli infradito. È stata battaglia, crudissima in alcuni momenti, piena di errori ma anche di luce. E ha vinto la guerriera più attrezzata. Flavia ha dato il massimo. Ha giocato come meglio non avrebbe potuto, vista la situazione (Victoria è un cinghiale inferocito con gli occhi azzurri e la treccia bionda). La n. 31 del mondo stava perdendo contro la n.2 ma non pareva: sembravano più vicine, sembravano parenti strette. Avevano cominciato brekkandosi allegramente e avrebbero continuato a farlo sino al fischio finale (13 break in tutto). Flavia sapeva di non poter assecondare gli scambi lunghi o quantomeno era consapevole di doversi sforzare nel trovare anche soluzioni intermedie. Sensazioni: se la Azarenka non trova angoli e righe, variando la direzione degli scambia piacimento, c 'è partita.Altrimenti no. SePennettamette dentro la prima palla c'è partita. Altrimenti no. Dopo venti minuti le due sono già abbastanza avvelenate. Arricchiscono lo scenario un paio di chiamate creative dei giudici di linea. Sul 4-3 per Victoria Flavia eliche rema, che corre come un ossesso per recuperare qualunque cosa di giallo, di tondo e di deformabile si muova in campo. Ma quanto può durare così? In tribuna il ct Barazzutti è accanto ai suoi genitori. Flavia deve essere paziente perché Azarenka mostra limiti di precisione e continuità (i due urli su due assurdi errori sotto rete confermano un certo disagio). L'ennesimo break (5-4 per Victoria) si chiude con un recupero verso destra, sul dritto, disperatoeinfruttuoso, in cui Flavia sembra perla prima volta sulle gambe. Al 6 set point Victoria porta a casa il primo set (6-4) pur senza dare l'impressione di fluidità: non si è ancora liberata dalla sua matassa di inquietudine e errori gratuiti. Cosa che farà subito dopo. Flavia sta dando tutto. È più vicina a Victoria di quanto si potesse supporre. Il secondo set è specchio del primo: tre break nei primi tre giochi. Servizio questo sconosciuto. Tra le don ne succede spesso. Ora Flavia fa giocare Victoria da ferma e quella sfonda. Spettacolare la bielorussa nello scambio che la porta sul 3-1. Flavia comincia a masticare acido lattico, percepisce il gusto salato del sudore che non paga più.11 resto è un lento avvistamento della terra. Il mare sfinisce. La Azarenka pure. Mannaggia.

 

Flavia, un'ora da sogno non basta per la finale (Angelo Mancuso, Il Messaggerro, 07-09-2013)

L'avventura è finita,ma Flavia Pennetta il suo torneo lo aveva vinto già prima di giocare la semifinale agli US Open, la prima in carriera. Di fronte c'era Victoria Azarenka, versione aggiornata di Maria Sharapova per stile e i gridolini: una "macchina" programmata per picchiare la pallina. E finita 6-4 6-2 per la 24enne bielorussa, ma la brindisina, capace a 31 anni di uscire dal tunnel di un intervento al polso destro, merita un applauso. Un anno fa era a casa e i match degli US Open li guardava in tv. È tornata a New York con tante incertezze, reduce dalla lunga convalescenza che l'aveva portata a pensare ad un ritiro. Le ha spazzate via a suon di vincenti: quella che abbiamo ammirato a Flushing Meadows, dove aveva già raggiunto tre volte i quarti, è la miglior Pennetta di sempre. A una condizione psico-fisica e a un tennis di altissimo livello, ha saputo unire l'insegnamento che le ha lasciato l'esperienza negativa dell'infortunio. Così succede che una tennista oltre i trenta, sprofondata solo due mesi fa al numero 166 del ranking (ora è 31), metta in fila quattro avversarie meglio classificate di lei (Er-rani, Kuznetsova, Halep e Vinci) senza cedere nemmeno un set.

LA GRANDE TENSIONE Flavia si è fermata solo contro la Azarenka. La bielorussa nei turni precedenti aveva stentato, era sembrata nervosa, poco lucida. Si sperava dunque che Flavia potesse farla "uscire di testa": in fondo la pressione era tutta sulla tennista di Minsk, condannata a vincere. Erede designata di Ciclone Serena, la bielorussa in passato ha sofferto situazione simili. Infatti per buona parte del primo set (condito da 7 break) l'azzurra ha giocato punto a punto contro la rivale. Sul 4-4 ha avuto una palla del 5-4, ma ha sprecato con due diritti, uno out ed uno in rete. Il game che ha deciso il set è durato 10 minuti: la Azarenka ha chiuso al sesto tentativo dopo una strenua difesa dell'azzurra, ma anche tanti errori di misura della bielorussa, tra cui l'immancabile doppio fallo (alle fine se ne conteranno 6). Flavia ha pagato tensione e fatica nel secondo parziale: ha recuperato subito un break di svantaggio, ma ha ceduto alla maggiore freschezza della rivale. Devastante il punto del 3-1: una sbracciata di diritto della Azarenka dopo una serie di incredibili recuperi dell'azzurra, che le hanno letteralmente tagliato le gambe. Uno sforzo pagato con il break a zero del 4-1. A quel punto una rimonta era davvero impossibile: 62 dopo un'ora e 34 minuti e Azarenka in finale. Dove troverà Serena Williams che ha battuto Na Li 6-0, 6-3.

 

Cuore Pennetta ma la Azarenka non fa sconti (Filippo Grassia, Il Giornale, 07-09-2013)

Flavia Pennetta poteva entrare nella storia del nostro tennis raggiungendo per la prima volta la finale di uno slam diverso dal Roland Garros, impresa mai riuscita a un nostro giocatore. Ma non èriuscita a reggere il confronto con la strepitosa Viktoria Azarenka che, dopo aver vissuto momenti difficili nel primo set, ha dominato quello successivo (6-4 6-2 il risultato maturato in 1h e 29') e ha confermato la finale dell'anno scorso. Di più non si poteva chiedere alla brindisina, approdata in semifinale senza aver perso un set e protagonista d'un torneo mirabile, superiore a ogni attesa. L'azzurra, risalita dalla 85a alla 31a posizione, ha giocato per larghi tratti allapari con la numero 2 del mondo, ma è stata tradita dalla prima del servizio, sensibilmente sotto il 50%, che pure l'aveva assistita nei turni precedenti. Impossibile fare la guerra all'Azarenka, nella ribattuta ancora più competitiva di Serena Williams, senza l'ausilio di questo fondamentale. Pers ottolineare il carattere di Flavia,va ricordato che ha costretto la bielorussa ad aggiudicarsi solo al sesto set-ball la prima frazione costellata da break e cont robreak, di cui 4 di Flavia e 3 di Vika. A quel punto la nostra giocatrice, applauditissima dal pubblico americano, ha lasciato spazio all'awersaria costretta comunque a ricorrere al terzo match-ball per chiudere il canovaccio. Curiosi i rilievi stati- A Flavia sono mancate le energie dopo un primo set giocato alla pari Condannata da due brutti errori Bielorussa alla secondafinale consecutiva Alla brindisina non si poteva chiedere di più stici con la Pennetta che ha fatto registrare più vincenti (18 a 15) e meno errori forzati (23 a 25) ma hapagato ogni bella giocata al servizio. E' la le via deltennis. Per molti versi la storia dell'Azarenka - con un nome, Viktoryja, che sa di presagio - somiglia a quella di Maria Sharapova perché entrambe hanno abbandonato il paese d'origine per intraprendere negli Stati Uniti la car-rieraditennista:l'unadallaBielo-russia a Scottsdale, l'altra dalla Russia a Miami.«Sono statafortunata. Se mia madre non fosse stata amica di Nikolai Khabibulin, campione della Nhl, e di sua moglie, non avrei mai avuto la possibilità di emigrare in America. A Nikolai devo tanto, tutto. Perquesto non mi stancherò mai di ringraziarlo», il racconto di Vika che ha confermato quanto di buono aveva fatto vedere da ragazzina aggiudicandosi nel 2005 gli slam a livello junior in Australia e Usa. L'albo d'oro è pesante con i due successi nell'Australian Open (2012, 2013), la finale dell'anno scorso a Flushing Meadows oltre a quella dio,elesemifinalidel Ronald Garros (2013) e di Wimbledon (2011, 2012). Dietro Serena Williams c'è solo lei nonostante quelle paturnie mentali che talvolta la portano a infilarsi in un tunnel senza uscita e a impantanarsi in una serie paradossale di doppi falli e di errori banali. «In quei momenti manco di lucidità, ma adesso che ho recuperato la migliore condizione dopo il serio infortunio alla caviglia, mi sento più forte di sempre, soprattutto di testa», la sua confessione. Perla cronaca ha dovuto rinunciare alla finale di Indian Wells con Carolina Wozniacki e ha regalato proprio alla Pennetta il passaggio al terzo turno d i W imbledon. Ma che fosse tornata l'Azarenkad'iniziostagionel'ave-va dimostrato battendo Serena Williams nella finale di Cincinnati. Può ripetersi a NewYork. Per il torneo maschile è il giorno delle semifinali. All'appello manca lo scozzese Murray, il campione uscente, cocco di McEnroe, dominato dallo svizzero Wawrinka in tre set. In semifinale il connazionale di Federer, protagonista d'una partita straordinaria, quasi divina, mai così avanti in uno slam, affronterà Djokovic che ha perso un set con ilrussoYouzhnypereccessodisi-curezza.Dall'altrapartedeltabel-lone Nadal, ancora imbattuto al servizio, se la vedrà con il francese Gasquet, vittorioso al quinto sullo spagnolo Ferrer. Il maiorchino, in forma straordinaria, ha annichilito Robredo, sì l'iberico Robredo cheavevatagliatolealia Federer, concedendogli appena 4 game. Giusto per sottolineare il gap con l'ex numero uno. Dietro l'angolosiprofilalafinaleannunciata fra Djokovic e Nadal perla gioia del pubblico che, tradito dal mancato quarto Nadal-Federer, ha svenduto l'altro giorno una bella quantità di biglietti. Immaginateviibaganni, rimasti con un tesoretto in mano.

 

Wawrinka-Gasquet, due outsider per Nole e Rafa (Luca Mariantoni, La Gazzetta dello Sport, 07-09-2013)

L'ultimo a staccare il biglietto per le semifinali dell'Us Open è il numero 1 del mondo Novak Djokovic che nella notte newyorkese ha punito il russo Mikhail Youzhny, reo di avergli strappato il primo set del torneo quando la partita sembrava già arrivata in porto. «Quando ho perso il terzo set — ha detto Nole — ho cercato di ritrovare il mio tennis, di concentrarmi su ogni punto e di tornare a fare il gioco dei primi due set». Nole è andato liscio come un treno per due set, poi è uscito completamente dal match, ma nel quarto set è stato di nuovo in grado di giostrare a piacimento Youzhny che si è confermato ancora incapace di gestire match importanti. «L'esperienza di giocare sull'Ashe in sessione serale è unica. C'è un'atmosfera elettrica che carica i giocatori a dare il massimo». La gara è stata in bilico solo nella fase centrate del primo set in cui il russo ha cercato invano di riportarsi sotto. Nel secondo set Nole è volato avanti di due break (4-1) e ha chiuso la frazione per 6-2 cancellando fin 116 palle break su 6. Nel terzo set ecco la prima flessione del serbo che è andato sotto un break con il soldatino russo abile a issarsi fino al 4-1. Sul 4-2 Youzhny ha perso la battuta da 40-0, ma nel game seguente ha operato un nuovo break che è valso il set. Nole ha mal digerito lo sgarbo e nel quarto ha punito il russo lasciandolo vagare per il campo a inseguire palle imprendibili.

Ultimo ostacolo Tra Djokovic e la finale dello Us Open c'è di mezzo solo Stanislas Wawrinka (12 a 2 i precedenti per Nole che ha vinto l'ultima sfida quest'anno in Australia, 12-10 al quinto dopo più di 5 ore) che ha trovato la personalità per sbattere fuori dal torneo un irriconoscibile Andy Murray, incapace di arginare il sontuoso rovescio dello svizzero. «Se lo scorso anno mi avessero detto — ha dichiarato Murray —che avrei giocato questo torneo da defending champion e in più con l'oro olimpico al collo e con il titolo di Wimbledon, forse non ci avrei mai creduto». Questo spiega meglio di qualsiasi altro discorso tecnico-tattico, il calo fisiologico dello scozzese e del perché con Wawrinka non sia mai arrivato alla palla break. Anche la semifinale della parte bassa è tra un grande favorito, Rafa Nadal, e un outsider come Richard Gasquet. Anche qui i precedenti non ammetterebbero repliche: 10-0 per lo spagnolo.

 

Wawrinka e Gasquet rovesci contro la noia (Daniele Azzolini, Tuttosport, 07-09-2013)

Il nuovo, in questi Open, non ha vent'anni. E non riguarda il futuro del nostro sport. Non ha niente a che vedere con l'avvento di un ventunenne predestinato che, sull'erba di Wimbledon, replicava colpo su colpo al campione che si pensava inarrivabile, e insegnava giochi di prestigio che l'altro non si era mai sognato di fare. E non ha niente nemmeno del ragazzo della jungla che d'improvviso si palesò sulle sabbie rosse.del Roland Garros, una t-shirt simile a una canottiera e i capelli da rock star, per dare inizio a un ciclo di vittorie che non è ancora finito. Non ha carta d'identità, il nuovo di questi Open. Non viene dalla generazione dei giovani pistoleri (la chiamano così, in America, dove le pistole evidentemente fanno parte del dna nazionale), dalla quale si attendevano passi concreti nella direzione delle vette tennistiche.
Il nuovo, viene dalla riscoperta di un colpo che i maestri un po' pigri e le moderne racchette spaziali hanno via via emarginato. Richard Gasquet e Stanislas Wawrinka sono nel circuito da una dozzina di anni, l'uno con le sue mattane, l'altro alle prese con una personalità che si accende e si spegne, neanche fosse un veglione natalizio. Hanno ventisette e ventotto anni, sono stati sempre considerati fra i migliori comprimari, capaci di intrufolarsi nella top ten, mai di raggiungere quello status di Fabulous che è il marchio di garanzia dei più forti. Hanno però in comune un colpo, "quel" colpo, che li rende atipici e fa ribollire di meraviglia il pubblico di questo Slam, tanto più se lo giocano come hanno fatto in questo torneo, autentica ariha segreta di questa loro comune impresa, agguantare la semifinale facendosi largo fra giocatori che normalmente li tenevano sotto il giogo. E il rovescio a una mano, il colpo. Richard Gasquet lo gioca con una naturalezza che incanta. Lo ha sempre avuto, e chi ha voglia di perdere un po' di tempo ruzzando con Youtube, può facilmente rintracciare qualche filmato del giovane francese, tredicenne, che batte un Nadal incame di comprendere quel tennis. Del resto, Gasquet a nÒve anni, ricèvet a le consacra .toYie "di una coVesr tifi. Tennis de France, che molto fece discutere, dato che"ei.eleggeva a campione uhi bambino così piccolo. Meno compatto, forse anche meno bello nel cerchio perfetto che descrive nell'aria, il rovescio di Wawrinka risulta però ancora più violento di quello di Gasquet, e diventa un'arma a sorpresa quando ló,svizzero lo usa in lungo linea. E con queste improvvise aperture che Stan si è liberato di Murray, lasciandolo di 'sovente fermo sulla linea di fondo. «L'ho battuto giocando un gran tennis, segno che per una volta sono riuscito a restare concentrato sino al termine del match., ha confessato Wawrinka, concedendosi a un pizzico di autocritica. Del resto, è stata proprio la testa il punto più debole dei due. Un problema di maturità, si diceva. Ma a 27 o 28 anni, parlare ancora di maturità, sarebbe un po' da fessi., ammettiamolo.
 

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