03/11/2013 08:49 CEST - rassegna nazionale

Paura e lieto fine, Azzurre avanti 2-0 (Crivelli, Semeraro, Fusani, Viggiani, Valesio, Piccardi, Rossi); Barazzutti: "Ho temuto il peggio Ragazze super" (Crivelli); Pablo Lozano «Vi spiego la mia Sara Piccola e dolce belva» (Valesio)

03-11-2013

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A cura di Davide Uccella

Urlo azzurro Vinci, paura e lieto fine Errani facile: 2-0 per noi (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport, 03-11-2013)

Due a zero per noi. Per la maggior gloria delle Sorelle d'Italia. Eppur nel vaticinato, ampio, vantaggio della prima giornata, che apre le porte al quarto trionfo in Fed Cup, ancora una volta i semi della follia, del pathos, della tensione che germogliano nei testa a testa, nella battaglia uno contro uno, offrono un florilegio di emozioni che alla fine sciolgono la Vinci, mai così vicina al baratro, in un pianto di liberazione tra le braccia di capitan Barazzutti.

Doppia resurrezione Roberta per due volte è sconfitta, annichilita, clamorosamente riportata sulla terra dalla 136' giocatrice del mondo, la graziosa Pa-nova da Krasnodar, approdata a tre match point nel secondo set e al quarto nel terzo; Roberta per due volte risorge, con il cuore e l'orgoglio che sopperiscono al gioco che non c'è. E infine esplode di gioia pur con meno punti dell'avversaria (119 a 122) e un dritto da 43 errori gratuiti. E' una disfida brutta, come certificano le cifre, ma gli errori, gli sbalzi d'umore, il dolore fisico e i crampi la rendono un'epopea che scollina le tre ore. Roby perde il primo set perché si consegna passivamente alla russa, accettando che sia l'altra, aggrappata a un buon dritto, a tenere l'iniziativa e a sfruttare le troppe amnesie dell'azzurra.

Rimontona Non sembra vero che si possa soffrire così, capitan Barazzutti la sprona a spingere e lei, per tutta risposta, si gira verso la tribuna gridando al professor Parra di avere il collo bloccato: «Me lo porto da una settimana - dirà - ma prima del match stavo benissimo, poi ho avvertito una fitta a metà primo set e mi sono fatta condizionare troppo.. Il copione non cambia, tenere il servizio per Roby è un optional e la Panova, senza strafare, vola 5-2 e servizio. Lì, ricorderà a lungo i tre match point sciupati con altrettanti dritti d'attacco larghi, perché vista la luce in fondo al tunnel la Vinci cambia marcia. Sugli spalti, la trascinano in 5000 e le compagne di squadra, con l'aggiunta della Schiavone arrivata in mattinata (con tanto di annuncio sulla pagina Facebook: 'Non potevo mancare. Forza ragazze!»), fanno avanti e indietro, sgolandosi, negli angoli più vicini alla battuta della tarantina. E la numero 13 del mondo ripaga tutti con la rimontona, liberando finalmente braccio e testa, fino al 7-5 della parità e poi il 2-0 di inizio terzo set. Sente sul velluto Ecco, finalmente la più forte ha preso il sopravvento. E invece, tra massaggi alle cosce della russa e i crampi alla gamba sinistra dell'italiana, nella galleria degli orrori la Panova si ritrova 5-4 e match point. Roby lo annulla, respira, si rialza di nuovo sfruttando il braccino dell'altra, fino all'apoteosi del 14 game, piangendo come una bambina e lasciando all'altra Cichi un'eredità preziosissima per come è maturata. Salita Errani è troppo più completa, troppo più forte, troppo più solida per sprecare l'occasione contro la diciottenne Khromacheva, un clone della nostra Giorgi pur con meno potenza. Il primo set non ha storia, alla romagnola basta mettere sempre la prima, controllare il ritmo e aspettare l'errore della 236 del mondo. La piccola Irina poi si fa più aggressiva, ma quando i game cominciano a scottare, si scioglie con la sua inesperienza. E' quasi fatta. Ma non è stato cosi facile.

 

Barazzutti: "Ho temuto il peggio Ragazze super" (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport, 03-11-2013)

Tutti a dire che è il bello della Fed Cup, di quando giochi perla squadra e non per te stessa. Ma certo Roberta Vinci si sarebbe risparmiata le sofferenze di un match sulla carta senza storia e che invece ha finito per diventare uno psicodramma. La tarantina è onesta nell'analisi: «Non ho giocato bene, non ho mai sentito fiducia nel dritto che invece per me è un colpo importante, eppure alla fine l'ho portata a casa: e se riesci a vincere in condizioni del genere, devi essere doppiamente soddisfatta». E infatti da capitan Barazzutti le arriva una doppia razione di complimenti: «Chiaro, sul 5-2 nel secondo set per la russa l'ho data per persa. Però il cuore, l'orgoglio e la volontà di queste ragazze sono qualcosa di favoloso. Per questo sono campionesse».

Tensione Tornando al match, Roberta riconosce che giocare per prima, da strafavorita, le ha messo addosso molta pressione: «Intendiamoci, io non pensavo di andare in campo e vincere 6-2 6-2, sapevo che non sarebbe stato così facile, però è stata molto più dura del previsto, anche perché lei ha giocato sicuramente a un livello più alto del previsto. Ho avvertito la tensione, lo ammetto». Anche così si spiegano il torcicollo all'inizio e i crampi alla fine: «Quando giochi più di tre ore, devi fare i conti con la stanchezza, anche perché abbiamo dovuto abituarci in fretta alla terra dopo che da sei mesi giochiamo sul duro. Però questa vittoria è una delle più belle e più volute della mia stagione». Un'altra impresa targata Cichi e perfezionata dal successo della super amica Erravi: «L'1-0 è sempre importante - ammette Sara - perché ti fa scendere in campo più rilassata. Contro un'avversaria che non conoscevo, sono rimasta concentrata sul mio gioco, pensando alle cose che dovevo fare per tenere in mano il match». Stamattina, alle dieci e mezza, Sara può chiudere i conti. Per l'apoteosi.

 

Batticuore Vinci, azzurre al match-point (Stefano Semeraro, La Stampa, 03-11-2013)

Una giornata da cantiere, un'Italia operaia. Prima quella con il caschetto e la faccia scura dei disoccupati dell'Alcoa, che hanno (civilmente) chiesto di parlare con Corrado Barazzutti, aperto striscioni e intonato rabbia sul centrale del TC Cagliari fra gli applausi del pubblico (e magari rimuginando sui 600 mila euro che la regione Sardegna ha speso per organizzare la finale di Fed Cup). Poi quella con gli occhi larghi di stanchezza e di paura di Roberta Vinci, che per strappare l'1-0 contro la Russia nella prima giornata ha faticato 3 ore e 13 minuti (5-7 7-5 8-6). Doveva battere la diligente maniscalca Alexandra Panova, 24enne n 136 del mondo, liberarsi della tensione, del torcicollo, di un cocktail di crampi mentali e fisici che ha rischiato di sfrattarla dal suo ruolo di favorita. Più tornio che fioretto, stavolta, più sudore che magia. Ma è andata. «Lei è una normale, ma sapevo che non sarebbe stato facile come sembrava», ha detto Roberta, n 13 Wta, appena risalita da una miniera torbida di emozioni bagnata da qualche lacrima. «Ho giocato male, ma ho vinto col cuore per l'Italia e le mie compagne. Contava solo quello. Mi dico brava».
Robertina e la fabbrica. Quando si è alla periferia di se stessi però serve anche l'aiuto degli amici, e così ecco tre cheerleaders di lusso transumanti sulle tribune: Flavia Pennetta, Karin Knapp e Francesca Schiavone, apparsa a sorpresa a Cagliari per fare gruppo con le altre, sgolarsi e fermare il declino, nonostante la maglietta con la scritta «End», fine (un messaggio?). «Ce l'aveva promesso - dice la Vinci -, ed è stata una grande a venire. Le ragazze le sentivo, eccome. Mi hanno incitato su tutti i punti - dice la Vinci -, io le facevo spostare ad ogni cambio campo perché sono scaramantica». L'operazione solidarietà ha funzionato, la Vinci ha rimontato dopo il primo set perso malamente, ha salvato i primi tre match point della giornata sul 5-2 del secondo e poi ancora uno sul 5-4 del terzo, uscendo trionfatrice da un toboga strappacuore di break e contro-break. Stanca, ma felice. A portare il punto del 2-0 e del virtuale quarto titolo ci ha pensato poi Sara Errani, che ha schiantato in due set (6-16-4) la 18enne Irina Khromacheva, e che oggi torna in campo per prima contro la Panova. Per chiudere il cantiere e aprire la festa. Oggi dalle 10,30 Basta una vittoria peril quarto trionfo Dopo la fatica di ieri Roberta Vinci potrebbe essere sostituita da Flavia Pennetta o Karin Knapp. «La cosa sicura - ha detto Barazzutti - è che Errani giocherà per prima. Poi potrebbero anche non servire altri match». II programma di oggi: alle 10,30 (diretta Rai Sport, differita SuperTennis) Errani-Panova e Vinci-Khromacheva, a seguire l'eventuale doppio di spareggio fra Knapp-Pennetta e Kleybanova-Gasparyan.

 

Tennis, finale di Fed Cup: il grande cuore di Roberta (Claudia Fusani, L'Unità, 03-11-2013)

Roberta Vinci regala una lezione di sport e di vita ai cinquemila tifosi assiepati sugli spalti del Ct Cagliari perla finale di FedCup che mette contro Italia e Russia.

Robertina impiega tre ore e venti minuti per consegnare il primo punto all'Italia, una partita sulla carta già vinta contro la n.136 del mondo e capofila del team russo, Alexandra Panova. Una partita che giocano in tanti: crampi, paura, scaramanzia, la voglia di abisso e la paura di finirci dentro. Un ottovolante di discese e risalite, paure e speranze in cui l'azzurra è costretta ad annullare ben quattro match point. Finirà 5-7 7-5 8-6. Una fatica in cui anche il pubblico e la panchina sono stati coinvolti: si sono viste le altre ragazze, Flavia Pennetta e Karin Knapp raggiunte da una inaspettata Francesca Schiavone, muoversi in gruppo da una parte all'altra della tribuna, seguendo la Vinci nei cambi di campo. «Glielo dicevo io di spostarsi, per scaramanzia», ha poi spiegato Roberta. Che dopo il match ha ammesso tutto: l'emozione, la paura, la confusione. «Ho giocato male, lo so, ma ho vinto col cuore». Al pubblico forse è piaciuta di più l'arena di lacrime e sangue che non le geometrie con il diritto liftato e i rovesci in back, le smorzate e le discese a rete che sono la cifra del gioco di Roberta e che, quando hanno funzionato, hanno governato la russa, capace di buoni fondamentali ma zero tocco.

Dopo Roberta è entrata in campo Sara Errani, una partita allenamento (6-16-4) contro la diciottenne russa Irina Khromaceva, ex numero uno del mondo a livello juniores e ora n.236 del mondo. «Carattere, spessore, umiltà e cuore, queste ragazze sono forti per questo», le ha ringraziate poi capitali Barazzutti. Due parole a parte per il capitano. Ieri, mezz'ora prima dell'inizio delle gare,ha fatto entrare nel campo centrale gli operai disoccupati dell'Alcoa che stavano manifestando davanti al circolo. «L'ha fatto - ha detto - perché il pubblico ascoltasse le loro ragioni». Due parole a parte anche per Francesca Schiavone. Si è presentata ieri mattina all'improvviso. Convocata come quarta, aveva declinato l'offerta. Francesca indossava ieri una tshirt con una scritta vistosa: The end Presagi di un ritiro?

Oggi l'Italia del tennis femminile dovrebbe mettere le mani sulla sua quarta insalatiera anche se la formula della FedCup va rivista per evitare altre finali snobbate dalle top player (come hanno fatto le russe). Da domani gli appassionati potranno concentrarsi sulle Atp Finals di Londra. Tra gli otto più forti manca Murray ma c'è Federer. Ieri a Bercy ha perso al 3 con Djokovic. Ma il giorno prima aveva superato Del Potro. Lo svizzero è nel girone B con il serbo, l'argentino e Gasquet. E ha voglia di sognare.

 

Una squadra e un gruppo di amiche - Così nasce la favola azzurra (Vincenzo Martucci, La Gazzetta dello Sport, 03-11-2013)

Una squadra, un gruppo, un'atmosfera amica, con tre maglie azzurre che si spostano di qua e di là della tribuna a urlare, a incitare, a riscaldare braccia, gambe, cuore e cervello della compagna in difficoltà. La reazione di Roberta Vinci a un passo dal baratro nel primo singolare della troppo facile, finale di Fed Cup sulla terra rossa di Cagliari contro i resti dei resti di Russia colpisce per quei quattro match point salvati dalla tarantina contro l'ennesima Ova del tennis, Alexandra Panova - siglando l'1-0 che poi Sara Errani ritocca nel 2-0 e, in pratica, nella quarta Coppa -, ed affascina per l'ennesima confusione di valori che si può creare, sotto la tensione della bandiera nazionale, anche fra la numero 13 e la 136 del mondo. Ma al di là della rimonta meritoria della numero 2 di casa, restano le difficoltà della stupenda ragazza italiana dall'incantevole sorriso e dal gioco così classico e difficile. Che, altrimenti, sarebbe uscita prima dal limbo di una fantastica doppista, numero 1 del mondo, campionessa di tre Slam (con l'amica Sara) e tuttora imbattuta in Fed Cup in 18 partite. Perché, purtroppo, Robertina, che già subisce di fisico certe picchiatrici, sotto pressione, s'irrigidisce, s'arrabbia con se stessa, diventa terribilmente autolesionista. Nei tornei l'aiuta coach Francesco Cinà, il dolce. In nazionale, come poteva la Vinci resistere a quell'appassionato Bolero inscenato dalla scatenata Flavia Pennetta, dalla prima riserva Karin Knapp e da Francesca Schiavone che non t'aspetti dopo il no alla convocazione? Come poteva cadere nella trappola-Lepchenko di Rimini e nella mezza palude-Safarova di Palermo? No, non poteva aver paura, non poteva perdere. Non con accanto una squadra e un gruppo d'amiche che tutto il mondo c'invidia.

 

Italia -Russia 2.0 Infinita Roberta più forte di tutto (Mario Viggiani, Il Corriere dello Sport, 03-11-2013)

Eh sì: è la Coppa, bellezza, che sia Davis o Fed, come in questo caso. Uno legge o sente: Italia-Russia 2-0, com'è giusto che sia dopo la prima giornata di questa finale di Fed Cup. E invece dietro questo punteggio c'è ben altra che la passeggiata di salute attesa da tutti. Soprattutto in occasione del primo punto azzurro, quello che mette a segno Roberta Vinci. Per fortuna Alexandra Panova ha una bella chioma: succede così che Robi riacchiappi per i capelli della russa una partita ormai persa, con la numero 136 del mondo andata a servire sul 7-5 5-2 a proprio favore. E invece l'azzurra, sospinta dal tifo che a sorpresa aveva Francesca Schiavone come capo ultrà, avanti e indietro per gli spalti con Flavia Pennetta e Karin Knapp nell'angolo di tribuna più vicino alla compagna, alla fine esce vincitrice dal Centrale del T.C. Cagliari, gremitissimo fino all'ultimo dei posti più in alto, quelli più vicini al Paradiso che al Monte Urpinu.

LA PARTITA - Robi batte la Panova per 5-7 75 8-6 dopo 3h13' di gioco, ma anche un fastidioso torcicollo, che mercoledì le aveva impedito di allenarsi e che ieri è rispuntato nel primo set, al punto da richiedere l'intervento del fisioterapista. Eppoi 1 crampi, che in quello decisivo, negli ultimi game, quasi le impediscono di servire, incapace di caricare lo sforzo sulla gamba sinistra. È stato un lungo, interminabile giro sul-l'ottovolante, per la trentenne tarantina. Il punteggio rende l'idea: 2-0 e poi 4-2 nel primo set per la Vinci, che infine lo perde per 7-5; da 2-2 a 2-5 nel secondo perla Pa-nova, che ll resta malgrado tre-matchpoint e lo cede a Robi per 7-5. La Vinci sembra non fermarsi più: aggiunge altri due game di fila ai cinque del secondo set e nel terzo va 2-0, ma la russa non molla affatto e la partita torna equilibrata. I break non si contano più e così Panova va nuovamente al servizio per chiudere il match, sul 5-4 per lei. Roberta spreca molto (schizza a 0-40 ma non trasforma tre palle-break), la Panova a sua volta fallisce un quarto match-point e l'azzurra la castiga acciuffando il 5 pari. La Vinci riesce ad andare sul 7-6 nonostante la gamba di legno e infine è lei a chiudere la partita al secondo match-point, sull'ultimo errore di una Padova mentalmente sfinita.

LE SUE PAROLE - Sempre molto schietta e onesta, Robi, nel commentare la sua partita. «Non pensavo certo di risolverla con un 6-2 6-2, sottovalutando la mia avversaria. Tuttavia è venuto fuori un match con tan- Roberta Vinci durante le cure PASSIONE Operai dello stabilimento Alcoa manifestano all'Interno del Tennis Club di Cagliari (Ansa) A destra, Il tifo scatenato di Francesca Schiavone e Flavia Pennetta per Roberta Vinci (Reuters) ti proiblemi, nel quale però quello principale t stato non aver giocato bene, più che i fastiidi al collo prima e alla gamba poi. Mettiamoci che la Panova è stata brava, giocando bene, al meglio delle sue possibilità, ed ecco che si spiega tutta la fatica che ho fatto. E poi, tutti quei dritti sbagliati: è un colpo che di solito mi aiuta tanto, invece stavolta non ero in fiducia quando lo eseguivo e così la tensione aumentava. Mettiamoci pure la pressione di essere strafavoriti, e ancora che questa è la mia prima stagione di Coppa anche da singolarista... Oltretutto non è neppure facile tornare a giocare sulla terra dopo la lunga stagione sul cemento. Però sono felice di aver vinto giocando male, è meraviglioso soprattutto in un'occasione così importante. Non ricordo di aver mai vinto in carriera annullando quattro match-point». E un ringraziamento speciale alle sue compagne ultrà. «La Schiavone ci aveva detto che sarebbe venuta, c'eravamo sentite tutti i giorni, ma è comparsa solo all'ultimo: sapete che è imprevedibile... Sono state eccezionali, lei, Flavia e Karin, a fare la spola da un angolo all'altro della tribuna».

 

Errani, il tifo è una zavorra (Mario Viggiani, Il Corriere dello Sport, 03-11-2013)

Anche Sara Errani piazza la sua bandierina intorno alla Coppa, piazzata in bella vista in tribuna alle spalle del seggiolone per l'arbitro, in attesa di avvolgerla oggi con un tricolore grosso così. Tuttavia anche la 26enne romagnola, numero 7 del mondo, fatica almeno un po' contro la teenager russa Irina Khromacheva, 18enne mancina che gioca con tutta la sfrontatezza che si chiede alla sua età e a una partita dove ha tutto da guadagnare, al confronto di un'avversaria che i bookmaker offrono a 1,01 (contro il suo 18), proprio perché non possono scrivere 1,00 sulla lavagna ormai telematica. "Sarita" ci mette 1h27' per venire a capo di Irina tignosetta, che addirittura la costringe a giocare 24-punti-24 (!) per aggiudicarsi il terzo game dell'incontro. E alla fine se la cava comunque per 6-1 6-4, nonostante un secondo set, disputato alla luce dei riflettori, nel quale va sotto per 1-3 e poi per 2-4. «Sono calata molto fisicamente - la spiegazione della Erravi - Forse ho anche pagato un po' il fatto di aver seguito tutta la partita di Robi (la Vinci; ndr) negli spogliatoi. Partivo in ritardo, specie sulle palle corte della Khromacheva, facendo arrabbiare il mio allenatore (Pablo Lozano; ndr) che invece mi sollecitava a muovermi per tempo. Tuttavia mi sono ripresa e ho chiuso il match, facendo in tempo a piazzarle anche io qualcuna delle mie tipiche smorzate. In ogni caso la russa, che non conoscevo affatto, mi è sembrata una giocatrice di talento: è ancora giovane, potrd far bene in futuro».

BARAZZUTTI - Nonno Corrado Barazzutti, qui a Cagliari con figlie e nipotina al seguito, attacca con il ritornello che non abbandonerà mai. «In Coppa non ci sono match facili. Certo, sul 7-5 5-2 e match-point per la Panova era difficile pensare che la Vinci avrebbe portato a casa il punto, però...». E dopo rinnova la sua fiducia in questa squadra, che ha le mani sulla quarta Fed Cup della sua storia, dopo quelle conquistate nel 2006, nel 2009 e nel 2010. «Sono ragazze eccezionali, che vincono con il cuore anche quando magari non sono nella giornata migliore, come successo qui alla Vinci».

 

Intervista a Pablo Lozano «Vi spiego la mia Sara Piccola e dolce belva» (Piero Valesio, Tuttosport, 03-11-2013)

Pablo sa tutto. Sa come cullare il figlioletto di due mesi, per esempio. Che da lui ha ereditato lo smagliante sorriso valenciano. Sa come si costruisce una campionessa di tennis, per esempio. Sa come si prende una ragazzina di 18 anni scarsi e la si porta fra le prime 10 del mondo. E lì la si fa restare per due anni consecutivi. Pablo Lozano di Sara Errani sa tutto. E' il fratello più grande, il coach, l'amico, quello che si prende gli insulti quando servono e non batte ciglio. Pablo Lozano ci offre della nostra giocatrice più prestigiosa, colei che oggi potrebbe regalare all'Italia nel primo match di giornata. il quarto titolo irida- to della sua storia, un quadro diverso, nuovo. Nascosto.

Pablo, prima curiosità. Ma Sara è mai stata fidanzata? Ha 26 anni, insomma...Ha avuto dei compagni di cammino, certo. E' un po' difficile definire fidanzato uno con cui sta un paio di mesi: ma mica pensa solo al tennis nella sua vita.

Lei è parte della mia famiglia. Racconti la vostra giornata tipo a Valencia. "Vado a prenderla a casa alle 8.45. Andiamo in campo e ci restiamo fino alle 11.15. Mangiamo qualcosa. Verso mezzogiorno andiamo in palestra, sino alle due e un quarto. Un po' di riposo e poi dalle quattro alle sei di nuovo in campo. Poi la riaccompagno a casa. Così da nove anni".

La manda mai al diavolo? "Lei a me? Tantissime volte. Mi faccio mandare al diavolo quando serve. Se serve a trovare energia per esempio. Lei non si accontenta mai. A volte mi chiede di fare qualcosa in campo a cui non potrà mai arrivare e allora la insulto io: sei alta un metro e 60, che cavolo vuoi? Glielo urlo".

Sara e la Vinci hanno litigato l'estate scorsa? Se n'è parlato parecchio. «Mai. Ve lo giuro. Nella finale di Palermo si era infuriata per-ché si era accorta di non avere le armi per contrastare Roby. Lei quest'anno ha patito parecchio il fatto di aver dovuto affrontare le amiche compagne di squadra. Non sono mai partite come le altre».

Punto delicato, Quanto avete sofferto per il fatto che il nome di Sara sia stato sfiorato tempo fa, dal sospetto di doping? Si parlò di una frequentazione col dottor Garcia del Moral, uno dei "santoni"' del settore. «Allora io amo dormire sereno e tranquillo. Sara è come me, se non di più. Da Del Moral noi ci siamo stati tre o quattro anni fa a fine stagione per far effettuare a Sara una prova da sforzo e valutarne gli esiti».

Ma proprio da Del Moral dovevate andare? «Era conosciuto come una delle massime autorità nel campo della medicina applicata allo sport. Io posso capire che ci sia chi vede certi atleti e vedendo come si muovono, come sopportano la fatica e quanto vanno oltre i limiti possa pensare: quello o quella chissà cosa ha preso. Sara ha sofferto molto perché qualcuno lo ha pensato di lei. E io ho cercato di trasformare la rabbia in positività».

Come? «Le ho detto: se qualcuna pensa che tu sia dopata e che dunque tu sia più forte e superiore sul piano fisico lasciaglielo credere. I suoi timori -faranno il tuo gioco. Sara è pulita. Una che ha imparato a guidare alla perfezione la sua macchina fisica, che non è certo quella di Serena, per dire».

In che senso? «Se sei Serena e disponi di quel fisico è come avere una Red-Bull in Formula 1 di questi tempi. Anche se non sei Vet tel vai bene quasi lo stesso. Se invece hai una macchina inferiore devi guidare come una belva: ecco Sara è una belva».

Con qualche scaramanzia? «II cerchietto per i capelli. E' sempre lo stesso da quando lo conosco, lei deve scendere in campo con quel cerchietto. E se per caso non lo trova è un dramma».

Sara Errani, bolognese dl 26 anni, e tra le prime dieci el mondo nonché la numero uno nel doppio con la compagna Roberta Vini (Reuters) Lozano, lei si è spaventato quando dopo lo Us Open Sara ha detta non so cosa mi succeda, entro in campo e non vedo l'ora di uscirne? «Le ho suggerito io di dirlo. Era inutile che si tenesse dentro quel peso. Tanto valeva che lo dicesse in modo da scaricarsi. E abbiamo avuto ragione: dopo ha giocato benissimo».

Ora le vacanze. Quando ricomincerete ad allenarvi? «Abbiamo appuntamento per il 18 novembre».
Ma è fra poca Forse troppo poco. E per arrivare dove? «D fatto che Sara sia fra le top ten da due anni e che abbia preso parte a due Masters è un fatto straordinario. Io non mi sentirei mai di dire che ci riuscirà per un terzo anno di fila. Però so Dosa si manca la vittoria in un supertorneo. D blitz dee vale una carriera. Lei lo meriterebbe. Non avete idea di quanto».

 

Vinci, lo psico-match rimediato col cuore (Piero Valesio, Tuttosport, 03-11-2013)

Lo psicamatch è durato 3 ore e tredici minuti. Tre e tredici... perchè è una combinazione di numeri che dice cosa' Se fossimo in un fumetto non ai potrebbe che, a questo punto, scrivere nella nuvoletta: mumble mumble. Tre e tredici...Ci vuole Google. Basta un rapido sguardo per ricordare che 3.13 è un versetto del Vangelo di Giovanni. II celebre John 3:13. D quale recita: "Nessuno è asceso al cielo se non colui che è disceso dal cielo". A adesso provate a sostenere che i cabalisti sprecano il loro tempo nel trascorrere la vita a cercare di capire il mondo attraverso il linguaggio dei numeri. Perfino una psicopartita di tennis femminile si rivela al mondo attraverso i numeri, 3 e 13, tre ore e tredici minuti: tanto ci ha messo Roberta Vinci per ascendere al cielo dopo essere talmente discesa dal cielo medesimo da aver toccato gli inferi.

MATCH POINT Quattro matchpoint annullati ad Alexandra Panava, una Petrova ingentilita, una a cui non è sembrato vero di potersi giocare una partita del genere. E che quando si è trovata vicino a vincerla ha ceduto alla paura. Ma una psicomatch si gioca in due, non da soli. Ed ecco la Vmci consegnare più e più volte all'avversaria un match che in un altro contesto avrebbe vinto giocando con la sola mano sinistra. Eccola recuperare il secondo set da 26 dopo aver annullato tre matchpoint. Eccola volare 2-0 nel terzo e poi ricrollare, eccola annullare un altro punto di match sul 5-3 per la russa. Ecco Permetta, Knapp e Schiavone (sì, Francesca, piombata a Cagliari indossando una t-shirt con su scritto «Endn, fine: un annuncio programmatico inconscio? Boh) che si spostano a destra e a sinistra della tribuna a seconda della parte da cui gioca Roberta. Lei che inizia a zoppicare, che serve a 120 l'ora senza caricare sulle gambe, che cerca di assorbire energia esterna e.chiude il match nell'unico modo in cui una psicopartita del genere si sarebbe potuta vincere: sfruttando un errore altrui.

OROLOGIO Quando il match si chiude e l'orologio si fissa sul 3:13, l'Italia di Fed Cup è sull'1-0. Poco dopo Sara Errani la porta sul 2.0 disponendo con un certo agio della giovincella Kromacheva, Ma mentre si esce dallo stadio è impossibile non guardare quell'orologio digitale come se ancora riportasse quel numero che rimanda a quel versetto. In quel momento ti sorge dentro un'altra curiositk ma quanto sono in classifica Vinci e Penava? La Vinci è 13, ma guarda un po'. E lei Panova? 138, Tredici più otto 21; due più uno= tre. Provate ancora a dire che un match di tennis non rivela nulla della vita, adesso.  

 

Vinci psicotennis a lieto fine, Errani vola (Gaia Piccardi, Il Corriere dello Sport, 03-11-2013)

Sotto 5-7 2-5 15-40, la curva di ultrà speciali al capezzale (Pennetta, Knapp e Schiavone, arrivata a sorpresa in Sardegna a fare il tifo), con la schiena irrigidita dal torcicollo e i primi crampi che s'insinuano subdoli nelle gambe, la quarta Federation Cup dell'Italia sembra all'improvviso popolata da dubbi e fantasmi. Roberta Vinci, al debutto da titolare in una finale, resta in campo per la ragion di Stato, tenuta lì, piantata nella terra rossa di Monte Urpinu come un totem, da quella volontà di ferro che l'ha issata al numero 13 del mondo, ogni punto è una piccola agonia, ogni cambio di campo un massaggio del fisioterapista, un'ispezione del medico sociale, un inizio di pianto trattenuto sotto lo sguardo impotente di capitan Barazzutti, consunto dalla tensione fino quasi a diventare trasparente.

Il dritto di Roberta, partito per le vacanze senza di lei (43 errori, saranno 63 non forzati in totale), la lascia in balia di Alexandra Panova, classe '90, n. 136 del ranking, russa tosta, basica e inesperta, meno avvezza alla tensione e agli snodi decisivi di un pomeriggio sardo. Dopo la protesta degli operai Alcoa di Portovesme, autorizzati a esporre uno striscione sul centrale, non è giornata per il tennis. O così pare. Deve trovarsi sull'orlo dell'abisso, Roberta, per contattare dentro di sé il filo dell'ispirazione e seguirlo fino in fondo, annulla tre match point, avanza on/off, pareggia 7-5 e s'infila nella giungla del terzo set senza mai riuscire davvero a liberare il braccio; risale da 5-3, attacca disperatamente coraggiosa sulla quarta palla match per la Panova, fa il break del 5-5 e dell'8-6 mettendo fine allo strazio dopo 3 ore e 13', «perché certe volte manca la qualità ma più importante è il risultato». È cresciuta, Roberta Vinci, da quando faceva la riserva e teneva allegro lo spogliatoio. «Ho pensato potesse perdere, certo — ammette il c.t. Barazzutti —, e invece ancora una volta ha dimostrato di avere un grande spessore umano». Sacrificio, intensità, il privilegio del dolore (fisico). Un match di psicotennis si vince solo così. «Non avevo fiducia nel dritto, ho sentito la pressione, non mi ricordo nessun'altra partita nella mia carriera come questa... Vincere senza giocare bene è sintomo di forza. Ho usato il cuore: mio e delle mie compagne eccezionali, sentivo il loro incitamento e mi teneva nel match. Questo significa essere una squadra di Fed Cup». Sull'i-o per l'Italia, con la tensione finalmente allentata, Sara Errani può raccogliere in scioltezza lo scalpo di Irina Khromacheva, 18 anni e sentirli tutti, una junior promossa titolare da c.t. Tarpishev per mancanza di alternative, troppo poco abituata a palcoscenici di Fed Cup per impensierire la numero 7 del mondo. Non in gran spolvero, nemmeno lei, ma sufficientemente concreta da chiudere la pratica in due set (6-1, 6-4). Torna in campo stamane contro quel che resta della Pa-nova, Sara, sul 2-o e con il rigore apparecchiato sul dischetto quasi a porta vuota, per sigillare l'impresa e scatenare la festa. Le bottiglie sono in fresco. I gavettoni già pieni. Presente (Errani, Vinci), futuro (Knapp, più la Giorgi che verrà) e memoria storica (Pennetta, Schiavone) dell'Italia di Fed Cup riunite sotto lo stesso cielo. No azzurre, no party.

 

Italia, batticuore Vinci ma la festa è a un passo (Paolo Rossi, La Repubblica, 03-11-2013)

Lo spavento c'è stato, inutile negarlo. Iniziato alle 12.39 e finito solo alle 15.52. Ora, su un tranquillo e comodo 2-0, si può ammetterlo. Sospirare di sollievo, sorriderci su. L'Italia pregusta la quarta Fed Cup della storia, e respinge una Russia che, con la migliore delle sue giocatrici, Alexandra Pa-nova, ha provato a rimescolare le carte già scritte di questa finale.

Stamattina, sul Monte Urpinu di Cagliari, alle 10.30 Sara Errani chiuderà (salvo sorprese o suicidi collettivi) la pratica e darà il via alla grande festa. Ma la giornata di ieri ha confermato che, quando si gioca su match singoli, tutto è possibile. Chiedere a Roberta Vinci e al suo torcicollo psicosomatico, dovuto allo stress accumulato in questi giorni di vigilia. Ve lo confermerà anche capitan Barazzutti: «Perché capita una giornata così? Perché, per giorni e giorni, non hai fatto altro che sentire che sei la più forte, che hai già vinto, che è la finale, che stai giocando perla nazionale».

Succede, quindi, che tutti questi macigni finiscano sul collo di Roberta, che ne risente psicologicamente. E sbagli qualcosa come 43 colpi di dritto, oggettivamente una enormità. «Era in confusione, cercava il suo gioco e non lo trovava» spiega Barazzutti. E così, mentre laVinci cercava la sua strada, la Panova intasca un set (7-5) nel quale s'era trovata sotto 2-4. E mentre la strada della Vinci Italia, batticuore Vinci ma la festa è a un passo prendeva una pendenza in salita, imprevista, la russa acquista fiducia e speranze, tanto da issarsi rapidamente a 5-2, con servizio a favore. «Cosa facevo io? Soffrivo con e per Roberta» ammette Barazzutti, mentre Francesca Schiavone/Flavia Pennetta/Karin Knapp si improvvisavano ragazze pon pon spostandosi — sugli spalti — sempre sul lato di gioco della Vinci per incitarla. Ma l'amica, però, si vedeva costretta a fronteggiare l'imprevedibile: due match-point. «Cosa ho pensato? Di non pensare. Focus sui punti. Stare rilassata, basta» racconta a posteriori la tarantina. A volte basta: da 2-5 e 15-40 Roberta Vinci conquista cinque giochi di fila e porta la Pa-nova al terzo set. L'azzurra si trascina comunque i suoi dubbi esistenziali, ma mostra più voglia della rivale. «L'obiettivo era portare a casa il punto: come, dove e quando non lo sapevo, ma lo volevo». Più della russa, in confusione con il trascorrere del tempo. Perfino dopo il match, quando ha dichiarato di non ricordare di averne avuti quattro, di match-point. «Davvero ha detto così? Beh, io ricordo tutto, anche perché i punti non sono tutti uguali...» ha commentato poi la Vinci.

Scampato il pericolo, Sara Errani ha poi regolato la giovane Irina Kromacheva 6-1, 6-4 avviando i preparativi del 'Sardiniaparty', argomento che Barazzutti non ha voluto neanche sfiorare. «L'unica cosa che posso dirvi è che il programma prevede che il primo match sia della Errani, e la Errani sarà in campo». Top player, una garanzia.

 

Ferrer strapazza Nadal, Djokovic vede il n.1 (Luca Mariantoni, La Gazzetta dello Sport, 03-11-2013)

Sembra uno scherzo, David Ferrer, primo degli umani, si è permesso una giornata da extraterrestre tramortendo Rafael Nadal in due set nella semifinale di Parigi-Bercy. Il gregario di mille battaglie, questa volta non ha recitato la parte del predestinato. «Sono felice - ha detto Ferrer di come ho giocato, è andato tutto molto bene, anche il servizio». Con la risposta, e a forza di spolverare righe su righe, Ferrer ha trovato le risorse necessarie per sgretolare un Nadal fiacco, poco lucido e abbastanza prevedibile. Il numero 1 del mondo ha tentato di riscattarsi ad inizio secondo set senza riuscire a contenere gli errori. L'unico lampo quando ha strappato la battuta a Ferrer che serviva per il match. Ma il momento buono di Nadal è durato pochi attimi. «Ha giocato molto meglio di me, io ho fatto troppi errori», le parole di un Nadal alla sesta sconfitta stagionale e che ora dovrà per forza vincere due partite a Londra per azzerare le certezza di un Novak Djokovic ormai imbattibile.

Djoker Il serbo ha vinto un match in rimonta su un buon Roger Federer che ha esaurito la spinta iniziale quando è stato avanti un set e un break. Poi nel terzo Nole ha cambiato marcia e Federer è diventato un comprimario di lusso. Un vittoria che pareggia quasi il bilancio dei precedenti (16 a 14 per lo svizzero) e che permette al serbo di sperare in qualcosa d'impossibile. «Essere il numero 1— ha detto Djokovic, con Ibrahimovic a tifare per lui in tribuna — di questo 2013 sarebbe fantastico, ma purtroppo non dipende da me, dipende solo da quello che farà Rafa». Se però Nole non vince oggi, addio sogno.

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