13/11/2013 19:36 CEST - Personaggi

Troicki è un danno collaterale nella lotta al doping

TENNIS - Novak Djokovic ha difeso l'amico Viktor Troicki, sospeso 12 mesi per doping. Ma Federer e Nadal hanno sostenuto il sistema. "E' vero, la dottoressa ha sbagliato, ma lui doveva fare il test quando gli è stato chiesto". L'attacco del ciclista Mark Cavendish. Il tennis deve continuare a essere pulito. Henry Wancke, Tennis Today

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Viktor Troicki e Jack Reader
Viktor Troicki e Jack Reader

Viktor Troicki, protagonista del trionfo serbo in Coppa Davis nel 2010, sarà il grande assente nella finale di questa settimana tra Serbia e Repubblica Ceca. Le speranze di vedere la sua squalifica per violazione del regolamento antidoping in tempo per vederlo in campo sono state cancellate dalla Arbitrale dello Sport (CAS) che ha respinto il suo appello. “Il CAS ha determinato che il giocatore ha commesso una violazione, ma non significativa, e ha deciso di ridurre la sospensione da 18 a 12 mesi” si legge. Il 27enne con la paura degli aghi, è stato sospeso dall'ITF a luglio per non aver fornito un campione di sangue durante un test al Masters 1000 di Montecarlo e non potrà tornare in campo fino al 15 luglio del prossimo anno.
Troicki, che ha ricevuto pubblico sostegno dall'amico e connazionale Novak Djokovic, ha sempre negato ogni accusa e ha dichiarato che la dottoressa responsabile dei controlli l'aveva rassicurato che avrebbe potuto rimandare il test perché non si sentiva bene.

Questa sentenza è arrivata 11 giorni dopo che il croato Marin Cilic ha visto la sua squalifica per doping ridotta da nove a quattro mesi, in tempo per riprendere la sua carriera a Parigi Bercy. “Questa sentenza mette fine al mio sogno di essere un top player, di giocare il Masters e lottare contro i migliori del mondo” ha dichiarato Troicki. “Ho lavorato per questo tutta la vita, e ora una dottoressa che non conosco mi ha tolto tutto in un pomeriggio. Riguardo al CAS, posso solo dire che sono uomini anche loro, che probabilmente non hanno avuto il coraggio di andare contro l'ITF, di mettere la federazione internazionale in una brutta posizione cancellando la mia squalifica. Sono sicuro che questa scelta non li fa sentire bene, però loro domani torneranno al loro lavoro, compresa la dottoressa Gorovilova (incaricata dei controlli a Montecarlo), e io no. Ringrazio tutti quelli che mi hanno sostenuto, Djokovic, Tipsarevic, la mia famiglia, il mio staff e tutti quelli che credono sinceramente che io sia innocente. Non lo dimenticherò. Ora non so cosa fare. Non so come andare. Spero di riuscire un giorno, in qualche modo, a tornare”.

La questione rimane al centro dell'attenzione. Djokovic ha prodotto una dichiarazione da 1000 parole sostenendo l'amico e attaccando le autorità e la sentenza, descrivendo la dottoressa come “negligente” e “poco professionale” e dichiarando di non fidarsi più delle procedure antidoping. Altri giocatori, però, hanno difeso il sistema.

Il campione di Wimbledon, Andy Murray, non crede esistano scuse per giocatori che assumono accidentalmente sostanze proibite (Marin Cilic) e che Cilic e Troicki non sono stati professionali. Ha dichiarato a BBC Sport: “Devi conoscere le regole. Controllano tutti gli integratori che prendi, dalle miscele di proteine all'olio di pesce. Ora siamo professionisti, nessuna scusa. Non sappiamo se abbiano cercato intenzionalmente di barare, e io personalmente non lo credo, ma entrambi sono stati poco professionali. Uno dei due si è rifiutato di fornire un campione di sangue, non sappiamo cosa si siano detti con la dottoressa nella sala dei controlli, ma la realtà è che le regole ci sono, e devi rispettarle”.

“Sono contento che il programma antidoping stia andando nella giusta direzione” ha aggiunto. “Stanno cominciando ad aumentare i test, a fare più controlli sul sangue, e abbiamo il passaporto biologico. Ci deve essere una tolleranza quasi zero sulla questione, altrimenti i giocatori inizieranno a pensare che possono sempre cavarsela”.

E' d'accordo Roger Federer: “Quando ti richiedono di fornire un campione, devi fornire un campione” ha dichiarato. “La dottoressa è stata ingiustamente attaccata da alcuni, anche se due tribunali indipendenti hanno concluso che avesse informato il serbo delle conseguenze cui sarebbe andato incontro saltando il test. Non importa quanto stai male” ha aggiunto. “Mi spiace, ma per me il test del giorno dopo non è un test: che sarebbe potuto accadere durante la notte? E' fondamentale fornire il campione quando te lo chiedono perché sei di fronte a loro e non hai modo di scappare. Ecco dove serve essere estremamente severi, credo. In generale, mi fido del sistema e devono esserci più controlli” ha detto il 32enne svizzero.

Altrettanto schietto il numero 1 del mondo, Rafa Nadal. “Abbiamo delle regole. Possono piacerci o no, ma ci sono. Mi dispiace per Viktor, gli credo al 100%. Probabilmente la dottoressa ha sbagliato. Però lui sapeva che doveva passare il test”.

E' interessante il contributo che indirettamente ha fornito alla discussione il campione di ciclismo Mark Cavendish. Nella sua autobiografia da poco pubblicata, At Speed, Cavendish mette in evidenza la disparità nel numero di controlli sul sangue fuori dalle competizioni tra tennis e ciclismo, e critica due campioni slam perché non riconoscono l'eventualità che il doping possa esistere nel loro sport. Attacca anche le autorità per la lentezza con cui hanno introdotto il passaporto biologico, che monitora nel tempo i valori nelle urine e nel sangue di un atleta e si è dimostrato efficace nella lotta al doping nel ciclismo. Scrive Cavendish: “La mia altra persistente frustrazione è la differenza tra il nostro sport e gli altri. Prendete il tennis. Cinque anni dopo l'UCI [l'unione ciclistica internazionale], l'ITF ha finalmente introdotto il passaporto biologico, nel 2013. Nel 2011 nel tennis ci sono stati solo 21 controlli sul sangue fuori dalle competizioni, nel ciclismo 4613. Ho notato un'altra discrepanza quando ho sentito Tim Henman rispondere a una domanda sul recupero dei giocatori dopo le partite al quinto set e spiegare che effettivamente ricorrevano a iniezioni intravenose. Tutto ok, tutto perfettamente legale nel loro sport, ma strettamente vietato per noi”.

Troicki mancherà, ai suoi connazionali serbi questo weekend, e a tutti i tifosi. C'è simpatia per lui, ma lo sport deve continuare a rassicurare di essere pulito e nella lotta al doping ci saranno senza dubbio degli effetti collaterali. In questo caso è Viktor Troicki.

Henry Wancke, Tennis Today

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