30/11/2013 19:23 CEST - Personaggi

Sepp Resnik, un preparatore molto speciale

TENNIS - A 60 anni, Resnik segue Dominic Thiem, 20enne promessa austriaca. Resnik odia le palestre e le programmazioni computerizzate. Il programma prevede corse nei boschi, nuotate nei fiumi, sollevamento di tronchi e sessioni notturne di addominali. Gli fa leggere testi di anatomia e buddismo. "Il dubbio mi tranquillizza" dice, "il fallimento non esiste". Alessandro Mastroluca

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Dominic Thiem e Sepp Reisnik
Dominic Thiem e Sepp Reisnik

Questo articolo è un adattamento del lungo profilo-intervista che Stefan Wagner ha dedicato a Reisnik sul magazine Fleisch. Qui la traduzione integrale in inglese

Dominic Thiem scopre davvero il suo preparatore Sepp Resnik un pomeriggio di marzo, sulle sponde del canale a Wiener Neustadt. "Guarda, Sepp, laggiù c'è il sole sul prato. Sarebbe un buon posto per allenarsi" gli dice il giovane austriaco, quasi senza fiato dopo aver smesso di correre. "Bene, facciamolo" gli risponde Resnik, che ha 60 anni e sta pure lui correndo ma di fiato ne ha ancora. "Ma non c'è un ponte?" chiede il giocatore. "E a che serve un ponte? Il canale non è largo più di cinque metri ed è profondo non più di due. Non affogherai di certo".

Resnik è stato ginnasta, calciatore, judoka e pentatleta, si è fatto un nome nei triathlon estremi: primo austriaco all'Ironman alle Hawaii nel 1984, ha partecipato alla massacrante prova di Grenoble del 1988 (13km a nuoto, 540 in bici e 126,6 di corsa) e attraversato il mondo in bicicletta nel 1994, arrivando a completare anche 300 chilometri al giorno.

Gunther Bresnik è stato il coach di Thiem per otto anni. Ha cercato diversi preparatori, ha parlato anche con Pierre Paganini, ma senza successo. Poi, nell'autunno 2012 incontra Resnik e lo invita al centro di allenamento Südstadt. Resnik guarda Thiem 10 minuti, e si convince che è perfetto a livello di tronco e di braccia, ma pessimo a livello di gambe. Inizia così un programma intensivo che contempla corse di 15 km nel parco dell'accdemia militare al Wiener Neustadt. Piccolo dettaglio: corrono a mezzanotte, per non essere disturbati. La prima volta, in 15 chilometri Thiem si ferma 16 volte camminando per riprendere fiato. Due settimane dopo, le pause sono solo due.

A Kitzbuhel Thiem batte Jurgen Melzer e raggiunge i suoi primi quarti di finale ATP: è il primo teenager dopo oltre un anno a spingersi così avanti in un torneo del circuito maggiore. Una settimana dopo ha in programma un richiamo di preparazione. Ma a Resnik non piacciono le palestre, gli ambienti chiusi, i software e la scienza applicata all'allenamento. Controlla il battito di Thiem mettendogli una mano sulla carotide, gli fa fare esercizi nei boschi, nella vallata intorno a Gutenstein, avendo come base una cabina di caccia. Chiede a Thiem di camminare con un tronco da 25 chili su una spalla. "E' ottimo per le spalle, per la capacità aerobica, per la parte superiore del corpo. Ogni cinque minuti ci scambiamo il tronco. Andiamo avanti così per due ore" racconta Resnik. "In tutto questo c'è uno scopo, non per me, per lui. Quando dice che i muscoli gli fanno male mi guarda. E vede un vecchio di sessant'anni che fa le stesse cose e fischiettando tutto il tempo, per giunta".

In quella settimana Resnik sveglia Thiem a mezzanotte per una sessione di addominali da 45 minuti. "Non ce la faccio più" protesta. Ma Resnik non ci sta: "Se ci riesco io che ho 60 anni, tu che ne hai 20 devi farne almeno tre volte di più". La mattina dopo si fanno la doccia sotto una cascata.

Quando gli dicono che è fuori dall'ordinario, Resnik sorride. "Il progetto di Dominic mi rassicura" dice. "Gli obiettivi straordinari richiedono misure straordinarie. Se fai la strada che fanno tutti, raggiungi solo gli obiettivi che raggiungono tutti. E' un onore per me sentir dire che sono lunatico, perché vuol dire che faccio qualcosa che gli altri non capiscono. Il dubbio mi tranquillizza. Per me il fallimento non esiste. Il fallimento dimostrerebbe solo che ho commesso un errore e che devo cambiare qualcosa".

I soldi non sono un problema. "Ho quello che mi serve. Ho la mia Mercedes 500 coupé, la mia Jaguar blu scuro con i sedili di pelle beige come l'avevo sempre desiderata. Ho detto allo staff e ai familiari di Thiem che avrei lavorato gratis per tutto il primo anno con Dominic, che non volevo soldi nemmeno per il cibo e  la benzina. Così sono totalmente libero in quello che faccio e sono libero di farlo come voglio e in come lo faccio. Quando Dominic inizierà a guadagnare bene col tennis, mi ripagherà. E sicuramente ci arriverà".

L'approccio di Resnik si potrebbe definire terrigno. Rifugge le scientificità, le sottigliezze, le sofisticazioni. Per verificare le pulsazioni di Thiem, Resnik gli mette semplicemente le mani sulla carotide. Ed è convinto che sia sbagliato per un giovane tennista pensare solo al tennis, vivere, pensare, respirare solo tennis 24 ore al giorno. "Il tennis è un ghetto. Nello sport professionistico tutti parlano la stessa lingua. Pensando solo e soltanto al tennis, Dominic non avrà mai successo. Ci sono delle perle che puoi prendere da un'altra disciplina, e se riesci ad accettare l'esperienza che altri hanno fatto in altri settori e trasferirla nel tennis, allora i grandi miglioramenti diventano a portata di mano". Per questo ha regalato a Dominic un libro sul buddismo zen, "così può imparare cosa può fare con la respirazione" e un altro sull'anatomia umana. E promette che gli farà leggere Solzenytsin, perché la sua esperienza dimostra come davvero per l'uomo non ci sia niente di impossibile, nessun limite insuperabile.

Per il suo 60mo compleanno, Thiem gli ha fatto un regalo speciale. Ha spaccato una racchetta dopo uno scambio ravvicinato a rete chiuso da un passante dell'austriaco finito sul nastro. Era la finale del Future di Este. Perso il punto, Thiem distrugge la sua racchetta e si volta verso le trubune gridando: "Buon compleanno, Sepp!". Dominic non aveva mai rotto una racchetta prima di quel momento.

"E' stato un grande regalo, un dono speciale" ha detto Resnik. "Perché per me Dominic si era sempre comportato troppo bene in campo. Io gli ho detto: ascolta, quando vai là fuori devi essere un animale. Il tennis non è un gioco, è una guerra".

Alessandro Mastroluca

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