15/01/2014 18:05 CEST - Il personaggio

Garbine Muguruza, la futura Nadal in rosa?

TENNIS AUSTRALIAN OPEN - Occhi puntati sulla spagnola Muguruza, giovane speranza del tennis iberico, rivelazione di Miami 2012 e tornata alla ribalta, dopo un brutto infortunio alla caviglia, con la vittoria a Hobart e il passaggio del primo turno agli Australian Open sulla Kanepi. Siamo di fronte a una potenziale Nadal in gonnella? Ruggero Canevazzi

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Garbiñe Muguruza
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Garbine Muguruza Blanco, classe 1993, sta vivendo il momento migliore della fase iniziale della sua carriera. Ha appena eliminato al primo turno dell’Australian Open un’avversaria di livello come Kaia Kanepi (6-2 2-6 6-2) ed è reduce dal trionfo della scorsa settimana nel WTA di Hobart, oltre che dalla buona prestazione nel WTA di Auckland, dove la sua corsa si è interrotta ai quarti, battuta da Venus Williams. Ciò che ha più impressionato finora non è stato tanto il primo successo WTA della giovane iberica, quanto il modo con cui è arrivato: partendo dalle qualificazioni, ha vinto consecutivamente 8 partite senza perdere un set prima di alzare il trofeo, battendo fra le altre anche Kirsten Flipkens, n. 20 del mondo e semifinalista a Wimbledon l’anno scorso. Questo successo le ha permesso d’issarsi al numero 38 del ranking, entrando di prepotenza per la prima volta tra le prime 50 del mondo.

La Muguruza è nata a Caracas da madre venezuelana e padre spagnolo, ha vissuto l’infanzia in Sud America prima di trasferirsi a 6 anni con la famiglia a Barcellona, dove oggi risiede. Ha cominciato a giocare a tennis all’età di 3 anni assieme ai suoi due fratelli, che hanno poi preso strade diverse (Asier fa l’ingegnere mentre Igor è economista), ma è a Barcellona che si forma tennisticamente all’Accademia di Sergi Bruguera. Dopo il rapporto col primo coach, Alberto Lopez, approda al team Adidas sotto la guida, tra gli altri, di Alejo Manasidor e Xavier Budo.  Da adolescente i suoi miti sono stati Serena Williams e Pete Sampras.

Il carattere e l’autoconvinzione mostrati a parole dopo la sua prima vittoria WTA a Hobart (“Ho lavorato duramente per questo risultato. Quando ero a casa pensavo che appena sarei scesa in campo avrei dato l'anima, ed è quello che ho fatto. Mi piace essere come un toro quando gioco”) sono decisamente confermati dal superamento del grave infortunio che la tennista originaria di Caracas ha subito alla caviglia destra l’anno scorso, durante il torneo di Birmingham. Il conseguente intervento chirurgico all’inizio di Luglio l’ha costretta a stare ferma ben sei mesi, saltando così tutto il resto della stagione. Gli addetti ai lavori spagnoli si erano subito mostrati molto preoccupati al momento del crack, per quello che avrebbe potuto costituire un serio ostacolo al già promettente cammino della giovane giocatrice, che era assurta agli onori della cronaca come assoluta rivelazione del WTA Sony Ericsson Open di Miami del 2012. In quell’occasione, la sconosciuta iberica, allora diciottenne e all’esordio assoluto in un torneo WTA (ottenne una wild card), fu capace di raggiungere il quarto turno (record già di per sé impressionante per una rookie pura), battendo al debutto la giapponese Morita, ma soprattutto la top ten Vera Zvonareva (allora n.9) e la nostra Flavia Pennetta (allora n.26, ma anche lei ex top ten), prima di perdere da Agnieszka Radwanska. 

Prima di quell’exploit, la Muguruza aveva fatto il suo ingresso nel circuito professionistico l’anno precedente (2011), raggiungendo sette finali ITF e vincendo quattro titoli, di cui due sulla terra, a Torrent e a Benicarlo (Spagna), e due sul duro, a Montemor-o-Novo (Portogallo) e a Caceres (sempre in Spagna). Nel 2012, dopo gli ottavi di finale a Miami, raggiunse il terzo turno al Roland Garros, al suo debutto nei tornei dello Slam, e il secondo turno a Wimbledon (sconfitta da Maria Elena Camerin), prima di complicare non poco la vita al primo turno dello US Open a Sara Errani, che superò la giovane avversaria solo al terzo set, dando il via alla cavalcata che avrebbe portato la n.1 azzurra fino alle semifinali. La prima parte del 2013 conferma il talento della Muguruza, protagonista a Indian Wells, dove dalle qualificazioni arriva fino al quarto turno, sconfitta dalla n.6 WTA Angelique Kerber, e ancora a Miami, dove bissa gli ottavi dell’anno precedente raccogliendo lo scalpo della Wozniacki (allora n.9), prima di cedere alla n.5 del mondo Na Li. Raggiunge inoltre la prima semifinale WTA a ‘s-Hertogenbosch, mentre negli Slam passa sempre il primo turno fino a Wimbledon, prima d’incappare nell’infortunio alla caviglia di cui si è detto.

Il gioco della Muguruza fa leva su un solido servizio e una tattica aggressiva, forte della potenza di un fisico imponente (1,82 m per 73 kg), che a partire dai colpi di inizio scambio le permettono di entrare in campo mettendo pressione all’avversaria. I risultati sin qui raggiunti dimostrano che la sua superficie preferita è il cemento, pur essendo molto competitiva anche sulla terra e sull’erba. Le caratteristiche fisiche tipiche di un gioco moderno fatto di potenza e pressione da fondocampo, la forza mentale con cui ha saputo scardinare le certezze di avversarie più quotate nel ranking e in generale i risultati finora ottenuti suggeriscono che la spagnola abbia un potenziale altissimo, quanto meno da top ten. Di fatto, dal suo ingresso nel circuito professionistico ha sempre mostrato un rendimento elevato, oltre alla capacità di saper battere anche le giocatrici più forti, e l’ottimo inizio di 2014 subito dopo il rientro da un periodo d’inattività di 6 mesi farebbero quasi pensare a un parallelo col suo connazionale più grande, Rafael Nadal. Certo, l’ultima cosa di cui la promessa del tennis iberico femminile ha bisogno è un carico di pressioni eccessive, derivanti da un paragone così ingombrante come questo e, almeno per il momento, decisamente ottimistico, avendo la ragazza di Barcellona ancora tutto da dimostrare. Di sicuro comunque, le premesse sono ottime. 

La Federazione Spagnola a livello WTA spera dunque in cuor suo di rivivere i fasti degli anni Novanta, caratterizzati dai trionfi di Arantxa Sanchez Vicario e Conchita Martinez. La Sanchez Vicario è stata l’unica iberica n.1 del mondo, vincitrice di quattro Major (tre Roland Garros e uno US Open) e protagonista di altre otto finali perse, due all’Australian Open, due a Wimbledon, tre al Roland Garros e una agli US Open. Delle 12 finali Slam disputate dalla Sanchez, sette di queste caratterizzarono quella che è stata una delle rivalità più celebri del tennis femminile, quella con Steffi Graf. Sempre negli anni Novanta, la Martinez vinse Wimbledon nel ‘94 (battendo in finale Martina Navratilova), unica spagnola vincente a Church Road, e giunse la finale degli Australian Open nel ‘98 e del Roland Garros nel 2000.


 

Ruggero Canevazzi

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