09/03/2014 12:00 CEST - TENNIS PERSONAGGI

Althea Gibson, da Harlem a Wimbledon

TENNIS PERSONAGGI - Potrebbe vedere la luce a breve il docu-film “Althea”, realizzato dal produttore Rex Miller, sulla vita della grande campionessa afroamericana Althea Gibson. Ripercorriamo vita e carriera della prima atleta di colore ad affermarsi nel mondo del tennis. Alessia Gentile

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Althea Gibson
Althea Gibson

Era il 1950, qualche anno prima del famoso episodio in cui Rosa Parks rifiutò di cedere il proprio posto sull’autobus a un bianco, e 13 anni prima del discorso di Martin Luther King, quando una ragazza di 23 anni mise piede per la prima volta nel West Side Tennis Club di Forest Hills per giocare il primo turno degli US Championships (che oggi si chiamano US Open). Quella ragazza si chiamava Althea Gibson, e fu la prima atleta di colore ad affermarsi ad alti livelli in un ambiente come quello del tennis anni ’50 e ad affrontare – ancora prima di Arthur Ashe - quel razzismo che partiva dalla società dell’epoca ed entrava anche nei campi di gioco.

Trasferitasi a causa della Grande Depressione dalla nativa South Carolina ad Harlem, vinse i campionati nazionali femminili nel 1944 e nel 1945. La sua prima affermazione in un torneo internazionale avvenne nel 1951, quando vinse i Campionati caraibici in Giamaica. Nel corso della sua carriera, la Gibson vinse 56 titoli, compresi 11 tornei del Grande Slam tra singolare, doppio e doppio misto (tutti conquistati tra il 1956 e il 1958). In singolare vinse una volta il Roland Garros, due volte Wimbledon e due volte gli US Open.

Alla fine del 1958 abbandonò il tennis dilettantistico;  per il passaggio al circuito professionistico le donne avrebbero dovuto attendere ancora 15 anni. Nel frattempo, la Gibson cominciò a giocare una serie di esibizioni dichiarando senza troppi giri di parole che “E’ bellissimo essere la regina del tennis, ma non puoi mangiare una corona, e non puoi neanche mandare un pezzo di trono per pagare le tasse. Il padrone di casa, il panettiere e quelli del fisco sono un po’ strani: vogliono i soldi in contanti…io regno su un conto in banca vuoto e non posso pretendere di riempirlo giocando nel circuito dilettantistico”.

Ma anche i tornei di esibizione furono avari con la Gibson; avversarie che aveva regolarmente battuto anni prima venivano continuamente contattate per giocare, al contrario di lei. Nonostante tutti i suoi successi sul campo non riuscì mai a distruggere quel muro di razzismo che si era eretto intorno a lei.

Gli ultimi anni della sua vita furono caratterizzati da una serie innumerevole di problemi di salute; le continue cure a cui doveva sottoporsi la ridussero sul lastrico, costringendola a chiedere un sostegno economico a varie associazioni tennistiche, senza però ricevere risposta. Fu la sua partner di doppio, Angela Buxton (con cui vinse due prove del Grande Slam) a far conoscere al mondo la sua situazione e a raccogliere circa un milione di dollari per permetterle di proseguire le cure.

Althea Gibson morirà nel settembre del 2003 all’età di 76 anni ma il suo esempio ispirerà tutte le generazioni a venire.

La sua storia arriverà a breve sul grande schermo. Il produttore cinematografico Rex Miller infatti, ha realizzato un film documentario intitolato semplicemente “Althea” sulla vita di questa giocatrice dalle umili origini. L’ispirazione - sostiene lo stesso Miller - gli è venuta da una fotografia che aveva in camera quando era bambino e che ritraeva proprio la Gibson insieme alla mamma del produttore, la signora Millicent, davanti al Merion Cricket Club vicino Philadelphia. La mamma di Miller era stata una buona tennista ed ebbe l’opportunità di giocare contro la Gibson, che aveva appena vinto il torneo di Wimbledon. L’idea del film – ha affermato Miller - è così un tributo al grande talento di Althea Gibson, ma ha anche un grande valore affettivo nei confronti della madre. La realizzazione di questo film ha richiesto diversi anni e - attraverso materiale d’archivio, interviste, fonti dell’epoca - ha lo scopo di far conoscere non solo la storia di questa giocatrice che, figlia di mezzadri, arrivò a ricevere il trofeo di Wimbledon dalle mani della Regina Elisabetta, ma offre anche uno spaccato di quella che era la vita della comunità afroamericana di Harlem negli anni ’50.

Alessia Gentile

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