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13/08/2010 18:06 CEST - Storie di tennis

La meglio gioventù del tennis

La classe '92 offre prospettive interessanti per il futuro, con i vari Krajinovic, Harrison, Bhambri, Tomic. Ma l'evoluzione delle racchette e del gioco impedisce oggi ai teenager di arrivare presto ai vertici. Alessandro Mastroluca

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Nessuno è tra i primi 150 del mondo; solo uno ha vinto tornei Challenger, gli altri al massimo qualche Futures. Se si guardano questi primi dati, la prima impressione sulla leva tennistica della classe '92 non può essere così positiva. Ma guardando in termini futuribili, la prospettiva è destinata a cambiare.

Sono almeno quattro le possibili stelle di una generazione che ha, e avrà, molto di più da dire di quanto la prima impressione lasci presagire. Il meglio classificato, e anche l'unico tra i primi 200, è Filip Krajinovic, serbo che dal 2007 si allena all'accademia di Nick Bollettieri: dritto già importante, rovescio in top-spin da governare e controllare, struttura muscolare da potenziare. Ha la significativa abilità di giocare in decontrazione, di riuscire a sviluppare rapide rotazioni e imprimere energia e velocità alla palla in uscita dalle corde pur essendo troppo magro per gli standard del tennis moderno. Due semifinali, a Wimbledon e agli Us Open 2008, poi l'ingresso nel circuito. In carriera ha raggiunto, e perso, quattro finali equamente divise tra Challenger e Futures, ma quest'anno ha tentato i primi significativi ingressi nel circuito maggiore. Ha tolto un set a Blake a Miami (ha perso 67 64 64 regalando il break decisivo nel quinto gioco del terzo set con un doppio fallo e non sfruttando palle break sul 2-3 e sul 3-4), perso al primo turno da Chela a Barcellona, ma soprattutto è diventato a Belgrado il più giovane semifinalista ATP del 2010. A 18 anni e due mesi ha messo in fila Donskoy, che l'aveva battuto in ottavi al Roland Garros junior del 2008, Zeballos, Djokovic (6-4 e ritiro) prima di cedere 6-1 6-2 a Sam Querrey. La terra, però, è una superficie che si presta meno al suo tennis che insegue i vincenti più che le percentuali di rendimento, e la recente sconfitta 6-3 6-2 contro Desnieres al Challenger di San Marino, con nove palle break non sfruttate, dimostra quanto lavoro ci sia ancora da fare.

Scorrendo la classifica dei migliori prospetti del 1992, il secondo nome è quello di Ryan Harrison, fenomeno di precocità, diventato a 15 anni, 11 mesi e 7 giorni il terzo più giovane dal '90 ad oggi (dopo Gasquet a Montecarlo 2002 e Nadal a Mallorca 2002) a vincere una partita ATP: ha battuto Cuevas sulla terra di Houston nel 2008. Allora era numero 1277 del mondo, in 24 mesi ha scalato oltre 1000 posizioni e ora è n.227. Nel 2009 non ha giocato fino ad aprile, poi è rimasto tra Challenger e Futures, con due titoli, quest'anno prova a competere con “i grandi”. Tre primi turni, a Memphis, San Jose e Delray beach, secondo a Indian Wells dove elimina Dent e perde da Ljubicic, primo turno a Miami e al Queens e soprattutto quarti a Newport: all'esordio lascia tre giochi a Beck, al secondo elimina l'altro youngster Kudla, prima di cedere in tre al britannico Bloomfield.

Si fa notare poco negli Slam junior, a parte la semifinale in Australia nel 2008, ma l'ambizione e la voglia di crescere non gli mancano. Impara a giocare a tennis a due anni, cresce nel mito di Sampras, il più giovane vincitore si sempre agli Us Open, e mette in mostra un servizio solido, una propensione alla verticalizzazione e alla presa della rete, una inusuale, soprattutto per gli statunitensi, disponibilità ad alternare il rovescio a una mano con quello bimane. La storia recente, è vero, è piena di promesse non mantenute (vedi Donald Young), ma Harrison è tra quelli da tenere d'occhio. E in più, ha anche un fratello classe '94 di cui parla un gran bene: chissà che dopo i Bryan e le Williams il tennis Usa non trovi un'altra coppia di fratelli di cui innamorarsi.

Finora l'unico capace di vincere a livello Challenger è Bernard Tomic, indicato come l'homo novus del tennis mondiale da oltre due anni, da quando ha vinto gli Australian Open junior del 2008 a 15 anni e 3 mesi diventando il più giovane di sempre a vantare un titolo in un major juniores. Sempre al limite tra sogni di gloria e manie di grandezza, in Australia speravano di aver trovato il nuovo Hewitt (che a 16 anni vinceva un torneo Atp, a Adelaide, battendo Agassi in semifinale). Alto già 1.90, dal fisico però fragile, può appoggiarsi su un servizio non da bombardiere ma comunque solido e continuo, e sul rovescio bimane, giocato piatto, fluido sia in cross che in lungolinea. Ma deve soprattutto decidere cosa fare da grande, limare certi spigoli del carattere ed evitare certe uscite polemiche come le risentite osservazioni dopo la sconfitta al quinto set contro Cilic al secondo turno degli Australian Open. Da un giovane che ha giocato la miglior partita della carriera proprio non si possono accettare lamentele perché si è finito di giocare troppo tardi: il tempo di andare a letto dopo Carosello è passato.

Anche se appena n.493 del mondo, Yuki Bhambri è la grande speranza dell'India, che dai tempi di Amritraj non riesce ad esprimere singolaristi di alto livello. Già sotto contratto con l'IMG, Bhambri ha fisico e gioco in linea con la tradizione della Middle Asia, che ricordano Srichapan o Hsun-Lu: struttura minuta, grande velocità di piedi, colpi da fondo anticipati e variazioni. Ha vinto l'Australian Open junior (quarto indiano nella storia a conquistare un major a livello giovanile), conquistato cinque futures e ha già esordito in Davis, battendo il sudafricano Izak Van de Merwe in tre set. Ma resta sempre il rischio che diventi “il nuovo Paes”: anche lui era stato n.1 junior, anche lui aveva vinto uno Slam (a Wimbledon), ma si è poi distinto “solo” in doppio una volta passato ai pro, ad eccezione del bronzo olimpico ad Atlanta '96 in singolare.

Questa settimana hanno poi raggiunto il loro best ranking, tra i primi 600, David Souto (448), stakhanovista venezuelano che ha già giocato più di 60 partite a livello ITF, Jordan Cox (544) e Andrea Collarini (564), speranza argentina che ha fatto parlare di sé più per la scelta di accettare l'offerta della USTA e giocare per gli Usa che per la sconfitta in finale al Roland Garros junior contro l'amico di sempre Agustin Velotti.

Il quadro finale è quello di una generazione ancora non sbocciata, una generazione “precaria”, futuribile ma con un presente marginale: un quadro in linea con l'evoluzione di uno sport, il tennis, che non permette più ai teenager di arrivare ai vertici. Vent'anni fa Chang vinceva un Roland Garros a 17 anni e 109 giorni, ultimo in ordine di tempo a conquistare un major prima dei 18 anni. Da allora solo Nadal è stato capace di vincere uno Slam prima dei vent'anni. Il maiorchino, che ha vinto il primo titolo a Sopot nel 2004 a 18 anni e 2 mesi, è anche uno dei pochi casi di teenager vincitori di titoli Atp: tra loro fenomeni precoci come Hewitt (vinse Brisbane a 17 anni), Gasquet (primo titolo a 19 anni) e casi isolati come Nishikori, trionfatore 2 anni fa a Delray Beach a 18 anni.
 

L'evoluzione del tennis, e soprattutto delle racchette, ha rivoluzionato lo stile di gioco e fatto salire il peso specifico della componente fisica, della potenza. Così è cambiata la morfologia fisica del tennista moderno, cui si richiede una maturità muscolare che gli under-18 difficilmente possono raggiungere.

La curva dell'età media dei vincitori di Slam conferma questa sensazione. Negli ultimi trent'anni si evidenzia un sostanziale innalzamento dell'età media, che comunque non scende mai sotto i ventun anni. Sembra perciò avverarsi, nel tennis, la convinzione di Pablo Picasso: “Ci si mette molto tempo per diventare giovani”.

Titoli vinti in carriera dai tennisti nati nel 1992
Bernard Tomic (AUS) 2 Challenger
Yuki Bhambri (IND) 5 Futures
Ryan Harrison (USA) 2 Futures
Javier Martí (ESP) 2 Futures
Facundo Argüello (ARG) 2 Futures
Nikoloz Basilashvili (GEO) 1 Future
David Souto (VEN) 1 Future
Jack Sock (USA) 1 Future
Gianni Mina (FRA) 1 Future
Yasutaka Uchiyama (JPN) 1 Future
Jordan Cox (USA) 1 Future


Classifica al 13 agosto degli Under-18
Filip Krajinović (SRB) 185
Ryan Harrison (USA) 227
Bernard Tomic (AUS) 228
Javier Martí (ESP) 414
David Souto (VEN) 448 (career high)

Yuki Bhambri (IND) 493
Facundo Argüello (ARG) 515
Jordan Cox (USA) 544 (career high)
Andrea Collarini (USA) 564 (career high)
Diego Sebastián Schwartzman (ARG) 610 (career high)

Denis Kudla (USA) 616
Nikoloz Basilashvili (GEO) 634
Tiago Fernandes (BRA) (1993) 645 (career high)
Carlos Boluda-Purkiss (ESP) (1993) 650
Jack Sock (USA) 655

Agustín Velotti (ARG) 685
Jason Kubler (AUS) (1993) 701
Gianni Mina (FRA) 704
Yasutaka Uchiyama (JPN) 726
Arthur De Greef (BEL) 770 (career high)

Guilherme Clezar (BRA) 782 (career high)
Suk-Young Jeong (KOR) (1993) 808
Kevin Krawietz (GER) 811 (career high)
Dovydas Šakinis (LTU) 833 (career high)
Benjamin Mitchell (AUS) 834

Liang-Chi Huang (TPE) 838
Federico Gaio (ITA) 861
Renzo Olivo (ARG) 875
Robert Rumler (CZE) (1993) 891 (career high)
Martín Cuevas (URU) 905

Duilio Beretta (PER) 916
George Morgan (GBR) (1993) 918
Dominic Thiem (AUT) (1993) 946 (career high) -new
Bowen Ouyang (CHN) 999
 

Alessandro Mastroluca

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Tratto da: On This Day in Tennis History di Randy Walker