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30/10/2010 13:45 CEST - COPPA DAVIS

"Serve and volley" per l'Australia

TENNIS - Per risalire la china dopo la retrocessione nel gruppo I Asia-Oceania, la federazione australiana ha affidato le redini della squadra di Coppa Davis alla coppia Rafter-Roche ed il  serve & volley sembra essere la soluzione. Giulia Vai

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Doppio cambio al comando della squadra di Davis australiana: dopo l’annuncio di qualche giorno fa della nomina di Patrick Rafter come nuovo capitano degli Aussie (al posto di John Fitzgerald) e della collaborazione di Tony Roche come allenatore sembra più che naturale una modifica nell’orientamento tecnico della squadra. Più “serve-and-volley” è lo slogan.

Per ripartire, dopo la retrocessione nel gruppo I Asia-Oceania in seguito alla sconfitta contro il Belgio lo scorso settembre, Rafter ha giustamente pensato ad un modo per riportare l’Australia dove le compete (ossia nel gruppo Mondiale), perché no, riportando agli antichi fasti il gioco d’attacco che per molti decenni, da Laver a Rafter stesso, è stato il marchio di fabbrica di una nazione che cresceva talenti ad un ritmo impressionante.

Sicuramente la mancanza di grandi talenti all’orizzonte permette a Pat di poter lavorare con un programma a lungo termine, iniziando quindi dai giovanissimi perché “non puoi iniziare a 20 anni ad andare a rete”. Si può anche imparare la tecnica a quel età, ma manca l’istinto che può derivare solo dalla pratica fin da una giovane età.

Altri grandi tennisti australiani si erano già espressi a riguardo: tra questi Margaret Court Smith, Brent Larkham, Ray Ruffels, Nicole Pratt, Pat Cash e Todd Woodbridge. Alcuni di questi sono direttamente coinvolti nel settore giovanile australiano.

Tutti si rendono conto che il “serve-and-volley” è stato naturalmente messo da parte con l’evoluzione del gioco, dei materiali e dello schema “servizio e diritto”, più adatto al cemento. Allo stesso tempo però è importante mostrare ai giovani che è possibile usarlo ancora in modo intelligente e a volte inaspettato. Quello che vogliono fare è soprattutto evitare di impostare i tennisti come giocatori da fondo campo in attesa dell’errore dell’avversario come è invece la tendenza oggigiorno (in questo senso è stato ammirevole e precursore lo sforzo di Lleyton Hewitt di affiancarsi a Roche per allargare il suo bagaglio tecnico, limitato proprio al fondo campo).

Quindi la speranza aussie è riposta, più che in un singolo giocatore, nella rinascita di un modo di giocare e di intendere il tennis diverso, maggiormente offensivo con l’aggiunta magari di qualche incursione a rete, come Pat avrebbe fatto!
 

Giulia Vai

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Tratto da: On This Day in Tennis History di Randy Walker