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09/12/2010 22:43 CEST - Tennis e integrazione

Uno sport che unisce

TENNIS - La racchetta come mezzo per unire due comunità in uno dei luoghi storici della lotta contro la segregazione razziale. Nella cittadina di Yeadon, sobborgo di Filadelfia dove la tensione tra cittadini afroamericani e immigrati provenienti dall'Africa è alle stelle, il tennis è diventato uno strumento d'integrazione sociale. Grazie agli sforzi di un maestro liberiano. Francesco Ferrando

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"La linea che separa i neri dai bianchi è stata - almeno temporaneamente - cancellata, per la prima volta nella storia del tennis americano. Don Budge, il più grande giocatore del mondo, ha sfidato ieri il campione nazionale nero, battendolo per 6-2 6-1".

Così scriveva un giornale newyorkese del 29 luglio 1940, a proposito dell'esibizione tra Donald Budge e Jimmy McDaniel, il miglior giocatore afro-americano dell'epoca. Budge entrò sul campo passeggiando sul tappeto rosso, mentre la folla si accalcava sugli spalti, nelle strade vicine e persino sulle scale antincendio dei palazzi circostanti. Fu un evento epocale per la comunità nera di New York e per i 28mila tennisti afro-americani iscritti all'American Tennis Association. Passeranno altri dieci anni, prima che un nero americano venga ammesso ai campionati nazionali USTA. Sarà una donna, Althea Gibson.

Settant'anni dopo molte cose sono cambiate, tensioni comprese. Certo, la segregazione è stata abolita da un pezzo, Arthur Ashe ha vinto tre Slam e Barak Obama è diventato il primo presidente nero degli Stati Uniti. Ma c'è una cittadina della Pennsylvania che sembra essere il termometro delle contraddizioni sociali, un luogo dove lo sport e gli attriti razziali si sono incrociati spesso nel corso della storia. Si chiama Yeadon, poco più di diecimila abitanti, nella contea del Delaware. Non lontano da qui, a Filadelfia, nel 1898 si disputò il primo torneo per tennisti di colore e furono poste le basi per la fondazione dell'ATA, la prima associazione sportiva afro-americana nella storia, nata nel 1916 in opposizione alla politica razzista che caratterizzerà la USTA fino al 1950.

E proprio alla fine degli Anni '50 in questo piccolo sobborgo fu fondato il Nile Swim Club, primo circolo di nuoto riservato ai neri, uno dei simboli sportivi della lotta alla segregazione razziale. Ma da queste parti le tensioni non sono scomparse, hanno solo cambiato forma. Non si tratta più di "neri" e di "bianchi", ma di cittadini afro-americani e immigrati africani: due gruppi sociali che assieme raggiungono il 73% della popolazione locale, che hanno le stesse radici ma sono ormai profondamente diversi per valori e cultura e da qualche tempo non riescono più a convivere.

É in questo contesto che Jeffrey Harmon - nato in Liberia, istruttore di tennis e fondatore dello Yeadon Community Integration Program - deve aver pensato che il tennis poteva essere, ancora una volta, l'elemento da cui ripartire. Come riporta Bernard A.Chavis su Bleach Report, Harmon si mette al lavoro e ottiene due campi che cadono a pezzi, all'interno dell'ex Yeadon Swim Club (quello "dei bianchi"). Bussa anche alle porte della Black Tennis Foundation, che gli fornisce racchette e attrezzature, e della USTA con la quale riesce a organizzare una grande evento a favore dell'integrazione, sostenuto e sponsorizzato dall'amministrazione locale. La festa è un successo, riesce a coinvolgere un gran numero ragazzi e genitori provenienti dai due gruppi in conflitto e non è che l'inizio di un progetto più vasto.

Il sindaco Dolores Jones Butler organizza e prende parte, assieme a Harmon, a una gita in autobus con i giovani partecipanti all'evento e le loro famiglie, che fraternizzano e si confrontano, imparando a poco a poco a conoscersi e a rispettarsi. Nel frattempo, in appoggio al programma d'integrazione, vengono organizzati degli stage per giovani presso i due campi da tennis dello storico Nile Swim Club, che durano tutta l'estate. Il prossimo passo, già approvato dall'amministrazione locale, sarà quello di utilizzare gli spazi della vecchia "piscina dei bianchi" ristrutturando i campi fatiscenti e rimettendo in piedi la club house, per creare un centro supportato della USTA. Nella speranza che, passo dopo passo, un'altra linea di separazione sia pronta a svanire.

Francesco Ferrando

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Tratto da: On This Day in Tennis History di Randy Walker