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15/04/2011 08:58 CEST - Rassegna Stampa del 15 aprile 2011

Spagnoli o slavi quando il sangue gioca a tennis (Clerici), Murray ritrova la vittoria «Non avevo più fiducia» (Crivelli), Federer 2011 è in calo oppure no? (Valesio)

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Rubrica a cura di Daniele Flavi

Spagnoli o slavi quando il sangue gioca a tennis

Gianni Clerici, la repubblica del 15.04.2011

I miei abituali soggiorni in quelle che i più realisti definiscono vacanze tennistiche sono allietate da visite di amici aficionados. È oggi la volta di Carlino Zuccoli, uno dei massimi esperti di ippica, e di conseguenza di scommesse che, secondo lui, stanno distruggendo quello sport. «Speriamo non il tennis», affermo io, mentre l'amico sfoglia il programma. Lo vedo sempre più incredulo, sinché eccolo esclamare: «Ma ci sono undici spagnoli!». Me li mostra, rilevando che, negli 11, figurano 4 catalani, due murcianos, due valenziani, due castigliani e, unico e splendente, l'isolano Nadal. Come tutti gli ippofili, Carlino è un discepolo del grande Federico Tesio, l'autore del "Purosangue, animale da esperimento", in cui si analizzano quelle che, almeno per i cavalli, ancora si possono definire razze. Come mi chiede la mia opinione sull'attuale predominio spagnolo non posso non ripetergli la mia antica opinione. Dall'antichissima pratica della pelota si è sviluppato l'istinto, e l'istinto è stato confortato da una Federazione modernissima e meritocratica, come non ce n'è altra. Carlino annuisce ma, nello sfogliare il programma, mi informa d'improvviso che «se ancora esistesse la Jugoslavia, ce ne sarebbero in campo altri sei, nonostante l'assenza di Djokovic. Tre di loro figurano come croati, due Spagnoli o slavi quando il sangue gioca a tennis serbi, e uno, il montenegrino Raonic, ha preferito il passaporto canadese». Il mio amico mi guarda ironico, e non mi resta che suggerirgli la lettura di quel gran libro, "Le Razze e la Storia" dell'illustre Professor Pittard, nato a Ginevra e quindi insospettabile di razzismo, non solo per icavalli. «A parte il fatto che - aggiungo - i suoi marines la Repubblica di Venezia li andava a cercare lì, per qualche buona ragione che mi sfua:e». Carlino si indigna per l'associazione di Pittard con Tesio, e cominciamo a guardare il gioco. Vediamo un Nadal trasformato da quella sua mediocre controfigura da cemento americano disputare un incantevole allenamento contro il francese Gasquet, rigenerato dalle cure del mio passato allievo Riccardo Piatti. Ammiriamo un disinvolto esordio di Federer, capace addirittura di tre serve and volley consecutivi contro Cilic. Ma le autentiche sorprese sono due: il vecchio Ivan Ljubicic, italiano adottivo mancato, capace di sommergere il n. 7 del mondo, Tomas Berdych. E soprattutto il primo tennista nato in Portogallo, Federico Gil, un semplice qualificato, vincitore del miglior tennista francese, Gael Monfils, n. 10 del mondo. «E allora, le teorie di Tesio e del professor Pittard?» ironizza limioamico. «Mater semper certa» rispondo. E se uno jugoslavo o uno spagnolo fosse passato di lì?

Murray ritrova la vittoria «Non avevo più fiducia»

Riccardo Crivelli, la gazzetta dello sport del 15.04.2011

Il fumo della Queen Mary II ancorata in rada porta con sé il ricordo della Gran Bretagna imperiale. All'ombra del Country Club, il transatlantico sembra vegliare su Andy Murray, il principino di Scozia trasformato in rospo dalla maledizione dello Slam. Troppa pressione sul ragazzo di Glasgow, il predestinato a riportare una delle quattro perle del circuito nella patria del tennis dal 1936, ultimo trionfo di Fred Perry agli Us Open: e così, dopo la finale persa con Djokovic in Australia, il numero 4 del mondo è uscito di testa tecnicamente, ha cacciato l'allenatore Corretja e non ha più vinto. Boati Almeno fino a qui. Su quella terra che non sta in cima alle sue passioni, ha messo in riga prima Stepanek e poi Simon, mostrando soprattutto a sé stesso di sapere ancora come si fa: «Ho ritrovato l'impatto con la palla, le sensazioni giuste nei colpi». E pazienza se in più di un frangente del secondo set il suo comportamento non abbia tenuto un'etichetta nobiliare, con tutte quelle palle corte (sette) a sollecitare la corsa monca del francese, infortunatosi a una caviglia durante il match. E ad ogni smorzata, valanghe di buuu dal pubblico: «Ho fatto quello che serviva per vincere — dirà senza pentimenti — e nel primo set, quando lui stava bene, ho dimostrato che stavo giocando alla grande». Fiducia Come non capirlo, povero Andy, dopo tre mesi d'inferno incomprensibili per uno della sua sensibilità, capace pure di scherzare sulle sventure sportive inventandosi un allenatore sconosciuto su Twitter per poi salutare i fan ricordando loro che era il 1 aprile: «E' stato un periodo tremendo — spiega — mi allenavo bene, stavo bene e poi in campo ero un disastro, mi mancava totalmente fiducia». Peraltro, la questione della scelta del coach mica è ancora risolta, tanto che si è perfino arrivati ad immaginare che il monumento Lendl potesse accoglierlo sotto le sue ali: «Non voglio decidere sull'onda delle emozioni — fa serio Murray — e deve essere quello giusto: intanto Cahill e Groeneveld mi seguiranno nei prossimi tornei». Terzo incomodo Andy, uomo e giocatore intelligente, prima del match d'esordio con Stepanek ha passato una giornata a chi picchiava più forte con Nadal, «per cercare di capire i suoi movimenti e il suo impatto sulla palla» e adesso, se scavalca la sorpresa Gil, il primo portoghese di sempre nei quarti di un Masters 1000, torna in semifinale dopo due anni e ricomincia a sgomitare. Perché, prima dell'esplosione di Djokovic, tutti scommettevano che il terzo incomodo tra Rafa e Federer (che intanto avanzano verso la loro quarta finale a Montecarlo) avrebbe avuto la faccia con la barba a mucchietti e i capelli ricci dello scozzese. Che con il gioco ha ritrovato la verve: «Il torneo? Magari lo vinco io». Sarebbe il bacio del definitivo cambiamento.

Federer 2011 è in calo oppure no?

Piero Valesio, tutto sport del 15.04.2011

Difficile ribattere a quelli che negli ultimi mesi hanno detto: Federer non è più un vincente. Continua a essere il miglior esecutore di colpi assestati ad un pallina con un racchetta che ci sia sul pianeta: ma la sua arte non è più sufficiente per vincere o almeno per vincere i torni da Federer. Però, però. Chiunque ieri abbia seguito l'incontro che ha opposto Roger a Marin Cilic uno che aveva (e avrebbe tuttora) i numeri per salire molto in alto nella classifica mondiale, non ha potuto non apprezzare la sua autorevolezza e la sua perfetta padronanza di campo su una superficie che lui ama ma dalla quale in carriera è stato poco amato. E sarebbe questo un Federer non vincente? avrà detto più di un osservatore. La sensazione è che il problema di Roger in questi mesi non sia stato tanto Roger medesimo quanto l'asticella che Djokovic e Nadal hanno deciso di alzare di quel tanto necessario per far rendere al meglio la loro superiorità fisica. Nessuno può dire oggi se l'asticella resterà così alta per tutta la stagione: e il Federer visto ieri se si dovesse abbassare anche di un nonnulla,sarebbe vincente come sempre. Oggi test attendibile contro Melzer e soprattutto gustiamoci il tentativo del grande Ljubo di mettere in difficoltà Nadal nel suo regno. Non succederà ma se succedesse sarebbe una bella storia.
 

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