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14/07/2011 23:58 CEST - COPPA DAVIS

Quando la Davis diventa una guerra

TENNIS – Molto probabilmente giocheremo all'Estadio Nacional, lo stesso in cui vincemmo la Davis nel 1976. Ma al Cile è associato anche l’episodio più triste nella storia della Davis, “el dia de los sillazos”, quando il pubblico si scagliò contro gli argentini e provocò la sospensione del match. Una storia che pochi ricordano, ma che ha segnato un'epoca. Riccardo Bisti

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L'hanno chiamato “El dia de los sillazos”. Fu il giorno più triste nella storia della Coppa Davis. Da quando l’urna di Londra ci ha assegnato il Cile, l’ambiente tennistico italiano si è immerso nel tunnel dei ricordi. Pensieri che rimandano, naturalmente, alla storica finale del 1976. Ma al Cile è legata anche una pagina incredibile, forse mai raccontata a dovere dalle nostre parti. Ci proviamo noi, nella consapevolezza che anche le pagine più brutte devono essere ricordate. Anno 2000: mentre l’Italia perde nettamente contro la Spagna, si gioca Cile-Argentina, match valido per il Gruppo I – Zona Americana. La vincente avrebbe raggiunto lo spareggio per tornare nel Gruppo Mondiale. Un traguardo ambizioso, desiderato, agognato. L’Argentina mancava dal World Group del 1992, il Cile addirittura dal 1985 (proprio l’anno in cui lo battemmo a Cagliari). Inutile fare filosofia sul rapporto tra cileni e argentini. Si odiano, tutto qui. In particolare, in Cile non sopportano lo snobismo argentino nei loro confronti. Per l’Argentina, il rivale storico è il Brasile. Il resto conta poco, forse niente. Il 29 marzo 2000, a una settimana dal match, Argentina e Cile si sfidano sul campo di pallone. L’incontro, valido per le qualificazioni ai Mondiali del 2002, è un bagno di sangue. L’Argentina domina e vince 4-1. All’uscita dallo Stadio Monumental, i tifosi argentini cantano, ballano. Ma soprattutto prendono in giro i cileni. “Ma chi sono? Hanno mai vinto qualcosa?”.

Un impianto improvvisato
L’odio si alimenta, lento e feroce. L’occasione per prendersi la rivincita è lì, dietro l’angolo. E’ un incontro di tennis. Josè Ramon de Camino, presidente della federtennis cilena, aveva annusato l’odore del business. Per questo, dopo aver preso atto della volontà di giocare sul cemento, scelse di giocare l’incontro nella “Cupola” del Parco O’Higgins di Santiago, detta anche “Elefante Bianco”, un immenso palazzetto pensato negli anni 50 e mai terminato, reduce da anni di incuria. 12.000 cileni indemoniati fecero registrare il sold-out in poche ore, ma l’impianto non era ancora pronto. Gli operai lavorarono giorno e notte. Il campo venne predisposto in tempo, ma i giocatori hanno passato la vigilia allenandosi con il sottofondo di trapani e picconi. Non ci fu il tempo di posare i seggiolini sulle gradinate. E così si decise di portare migliaia di sedie dentro l’impianto. Venerdì 7 aprile il clima era infuocato. Nel primo singolare giocarono Marcelo Rios ed Hernan Gumy, all’epoca in fase calante ma scelto dal capitano Alejandro "Colo" Gattiker in virtù degli ottimi precedenti contro Nicolas Massu, potenziale avversario sul 2-2. L’argentino entrò in campo con un asciugamano in testa, degno di Rocky Balboa. Fischi assordanti. Pochi istanti dopo, Rios fece un ingresso trionfale con 4 guardie del corpo alle spalle. Al primo punto del match, con Gumy al servizio, gli urlarono “argentino figlio di t….”. Ogni qual volta Gumy metteva in difficoltà Rios, il pubblico deflagrava. Ma la differenza di talento era immensa: 6-4 6-3 4-6 6-1 e Cile in vantaggio.

Pioggia di sedie
A seguire scesero in campo due giovanissimi Nicolas Massu e Mariano Zabaleta. L’argentino vinse il primo 7-5 e le intemperanze del pubblico costrinsero Patricio Cornejo (capitano cileno, membro del team battuto dall’Italia nel 1976) a prendere il microfono e predicare calma. Massu vinse il secondo, il terzo si trascinò al tie-break. Lo dominò Zabaleta, Massu chiuse addirittura con un doppio fallo. La gente era imbufalita, in preda a un raptus collettivo. A nulla servirono gli appelli al microfono di Ramon de Camino e Rios. Sul 3-1 per Zabaleta nel quarto, il giudice di sedia diede un penalty point al Cile per comportamento scorretto del pubblico. Ricorda Cornejo: “Andai dal giudice arbitro, il portoricano Toni Hernandez, e gli dissi che se avesse dato la penalità il clima si sarebbe ulteriormente surriscaldato”. Il match non poteva riprendere. Altro penalty point per il Cile. La reazione? In campo piove di tutto: arance, bottiglie, accendini…viene decretata la sospensione dell’incontro. Il rientro negli spogliatoi del team argentino è l’immagine passata alla storia. La polizia entra in campo e prova a proteggerne l’uscita, ma il pubblico non ci sta. Piovono sedie dagli spalti. Le immagini televisive, a un certo punto, mostrano un imbufalito Zabaleta andare a cercare lo scontro con chissà chi. Solo dopo si è appreso che il giocatore aveva trovato negli spogliatoi il padre sanguinante alla testa. Le immagini mostrano scene di ordinaria follia, in cui si riconosce un giovanissimo Guillermo Coria con addosso la maglia del River Plate. Scandalizzati, gli argentini si rifutarono di scendere nuovamente in campo, nonostante il giudice arbitro avesse imposto la prosecuzione dell’incontro a porte chiuse. Niente da fare. Chiesero anche una protezione speciale per tornare in hotel e poi dirigersi all’aeroporto.

Ci aspetta l’Estadio Nacional
La Federazione Internazionale assegnò il 5-0 al Cile ma poi lo squalificò da quella edizione, impedendogli di giocare il play-off contro il Marocco, oltre a comminare una multa di diverse decine di migliaia di dollari e squalificare il campo per tre anni (sanzione poi ridotta, anche se di fatto i cileni tornarono a giocare in casa solo nel 2004). Un’esibizione tra vecchie glorie e il tempo permisero di ricucire i rapporti, tanto che la federtennis argentina diede parere favorevole alla riduzione delle sanzioni. Gli episodi del 2000, tra l’altro, convinsero i cileni a darsi una mossa per completare lo stadio del Parque O’Higgins, inaugurato finalmente il 15 aprile 2006 e oggi denominato “Movistar Arena”, impianto moderno e polinfunzionale in cui si sono esibiti personaggi e artisti di fama mondiale. E’ altamente improbabile che il Parco O’Higgins possa ospitare gli italiani, a meno che i cileni non decidano di giocare indoor. Difficile, anche perché le prime indiscrezioni parlano dell’Estadio Nacional di Santiago come possibile sede dell’incontro. Il dibattito si è subito acceso: Gregorio Jusic, consigliere comunale di Vina Del Mar, ha chiesto formalmente al sindaco di ordinare dei lavori presso il Club Union affinchè possa ospitare il match. Dalla federazione, tuttavia, replicano così: “Il campo dell’Estadio Nacional è in ottime condizioni – dice Josè Hinzpeter, attuale presidente – è chiaro, giocheremo lì. Anche perché in due mesi è difficile trovare una sede alternativa da qualche altra parte. Inoltre all’Estadio Nacional si sente molto la presenza del pubblico”. Ha detto qualche parola anche Hans Gildemeister, capitano cileno: “Se avremo Fernando Gonzalez è una sfida da 50 e 50. Ma attenzione all’Italia, hanno una grande voglia di tornare nel Gruppo Mondiale perché lo hanno perso da tempo. Poi hanno una squadra molto competitiva” Soprannominato “El Bionico”, Gildemeister sostiene che sarà una sfida molto equilibrata “E speriamo che Gonzalez recuperi al 100% entro settembre”. Vinca il migliore (sperando che siano gli azzurri…). L’importante che non si viva un altro “dia de los sillazos”. Mai più.

EL DIA DE LOS SILLAZOS (Parte 1) - (Parte 2)

Riccardo Bisti

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