12/08/2011 23:48 CEST - L'OPINIONE
Tre modifiche per il futuro (?)
TENNIS - In un articolo apparso su Tennis.com, Steve Tignor parla di come una maggiore coesione organizzativa interna da parte di organizzatori, proprietari e giocatori porterebbe ad un miglioramente del nostro sport. In particolare Tignor sottolinea tre punti focali, che costantemente vengono discussi: la lunghezza del calendario, la coppa Davis e i controlli antidoping. Traduzione di Riccardo Nuziale
Pochi giorni fa il nostro Karim Nafea sottolineava alcuni punti che andrebbero discussi e rivisti per migliorare il nostro sport. In un articolo apparso su Tennis.com, Steve Tignor ha fatto altrettanto, discutendo di tre argomenti da tempo sotto i riflettori e più volte portati in auge dagli stessi giocatori.
Ecco qui la traduzione dell’articolo (per leggerlo nella sua forma integrale in lingua originale, clicca qui).
Sotto diversi punti di vista, considerando com’è nata, è un trionfo che l’ATP abbia fatto così tanta strada. Prima che venisse creata nel 1972, i tennisti non avevano voce in capitolo in niente: il tennis era gestito da funzionari autocratici che fino al 1968 non offrivano ai giocatori neppure un premio in denaro. Per i suoi primi 15 anni di vita, l’ATP ha fatto parte di un “governo” instabile che includeva giocatori, direttori dei tornei, agenti, organizzatori.
Finalmente, nel 1988, dopo aver chiamato un’improvvisata conferenza stampa nel parcheggio degli US Open, i giocatori hanno preso la loro via e si sono incamminati da soli. Non si può dire abbiano fatto un brutto lavoro. I montepremi sono cresciuti incessantemente; ci sono tornei in tutto il mondo, nell’arco dell’intero anno; e, cosa più importante, l’ATP, che ha voluto per anni che i top player si affrontassero più spesso, arrivò alla sua innovazione più significativa, i Master Series.
Ma il gioco rimane diviso e la vecchia guardia persiste, essendo l’ITF ad organizzare Slam e Davis. Soprattutto sono gli stessi giocatori a rimanere divisi. In uno sport individuale i calendari, le necessità e i desideri dei professionisti differiscono enormemente. Se Rafael Nadal ed Andy Roddick vogliono accorciare la stagione, lo stesso non si può dire dei giocatori con una classifica inferiore alla loro, che hanno bisogno di tutti i tornei, i match, le vittorie e i soldi che riescono a guadagnare. Ci sono dei punti che l’organizzazione potrebbe cambiare? Vediamone qualcuno.
Calendario: come già detto, sentiamo regolarmente giocatori che si lamentano della durata eccessiva della stagione, ma questi sono generalmente i top players, che possono permettersi alcuni mesi di pausa. Da una prospettiva di appassionato, penso che la stagione andrebbe accorciata, per dare a tutti la possibilità di staccare col tennis per riassaporarlo in pieno quando riprende. Perché ciò accada, ci dovrebbe essere maggiore accordo tra gli amministratori che la salute e il benessere delle star – più di quella dei direttori dei tornei e dei giocatori di seconda fascia – sono la cosa che veramente conta.
Davis: qui c’è un esempio più chiaro di giocatori che entrano in disaccordo con i piani alti. È l’ITF, anziché l’ATP, ad organizzare la coppa Davis, ed uno sforzo importante per cambiare le cose è possibile, se i giocatori decidessero uniti di creare una nuova, meno onerosa competizione a squadre. Il problema è che, come ci ha dato prova Novak Djokovic lo scorso anno, i giocatori, anche i top player, amano davvero giocare la coppa Davis.
Antidoping: qui c’è divergenza di pensiero tra i giocatori che pensano che il sistema in vigore è troppo invasivo e quelli invece che invece ritengono che, per quanto fastidioso, sia necessario rimanga così. È noto come Federer, Nadal e Djokovic, quando a capo del consiglio dei giocatori, fossero in disaccordo sull’argomento. Come per la Davis, questo è un altro caso dove un’unione più forte potrebbe portare a nuovi accordi con l’ITF, che gestisce i controlli. Ma da appassionato e giornalista che vuole credere nella cristallinità di questo sport, e che pensa che il sistema di controllo vigente sia un male necessario, questo è un caso in cui sono contento non si siano uniti in pieno accordo.
Riccardo Nuziale
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