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09/03/2012 14:21 CEST - Rassegna

Ljubicic si ritira: diventerà capo Atp? (Valesio), L'8 marzo al Coni Malagò e le storie di donne e sport - Prima donne, poi fenomeni (Solms), Le donne sul podio «Senza più paura» (Greison)

9 marzo 2012

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Rubrica a cura di Stefano Pentagallo

Ljubicic si ritira: diventerà capo Atp?

Piero Valesio, Tuttosport del 9.03.2012

C'è stato chi ha scritto che con il ritiro di Ivan Ljubicic il tasso d'intelligenza dei membri dell'Atp è destinato a calare del trenta per cento. Conoscendo Ljubo si può obiettare che tale spread è destinato a scendere anche di qualche punto in più. Perché il croato ha rappresentato in questi anni un vero personaggio, unico come può essere un personaggio vero. L'allievo di Riccardo Piatti, lascerà il circus dopo il torneo di Montecarlo, a 33 anni. E di lui già di ora si può dire a ragion veduta che un futuro lo aspetta: non si sa quale ma non si va lontano dal vero se si pensa che il suo impegno nel tennis «politico» non potrà che aumentare trovando una collocazione di primissimo livello quale presidente della Atp medesima. Ma perché non immaginare per lui un futuro anche «politico senza il tennistico? E' possibile, visto che la carriera di Ivan è stata figlia di una situazione «politica» delicata quale la guerra serbo-croata: situazione dalla quale Ljubicic ha tratto la capacità di dare il giusto peso alle cose tennistiche e non. Più che la fine di un tennista praticante, peraltro nell'ordine delle cose visto che il nostro ha 33 anni e da tempo forniva la sensazione di essere in procinto di chiudere la sua vicenda tennistica, l'annuncio di ieri è da leggersi come l'inizio di un qualcosa di nuovo. Sul campo ci mancherà, è evidente: come può mancare uno che aveva delle specificità precise: volée, smash e soprattutto un elegante rovescio ad una mano di cui era rimasto uno dei pochi interpreti al mondo. E' arrivato, passando per l'Italia e le cure di Piatti a essere il numero 3 al mondo, a vincere dieci tornei con una semifinale al Roland Garros 2006 e a cogliere l'impresa guitto tre anni fa proprio a Indian Wells dove si gioca da oggi; battendo in sequenza Djokovic, Nadal e Roddick quando si parlava di lui già di un quasi-ex. Il Ljubo tennistico ha finito li, quello manager o chissà cos'altro inizia ora.

L'8 marzo al Coni Malagò e le storie di donne e sport - Prima donne, poi fenomeni

Fulvio Solms, il Corriere dello Sport Roma del 9.03.2012

Il Salone d'Onore del Coni è gremito. Uomini muscolosi e madri operose assistono dall'alto dell'imponente affresco "Apoteosi del Fascismo" alla presentazione di un libro che parla di donne e di sport, oggi. Anche se, a ben vedere, i due meravigliosi elementi hanno un diverso ordine di apparizione: «Storie di sport, storie di donne». L'autore è Giovanni Malagò - presidente del Canottieri Aniene, membro della Giunta esecutiva del Coni e ahinoi non più consigliere di Roma 2020 - che l'ha scritto assieme alla giornalista Nicoletta Melone. Diciassette atlete, tutte molto diverse tra loro, tutte italiane. Sedici storie, alcune rettilinee come quella di Francesca Piccinini che si apre con «poc, poc, poc» - il rumore di una palla sul muro, suo compagno di gioco nell'infanzia - e altre contorte come quelle percorse dalle atlete paralimpiche Annalisa Minetti, Francesca Porcellato, Paola Protopapa, Giusy Versace. Un labirinto in cui si rischia di perdere le speranze ma che svelerà, sempre, una luminosa via di uscita. Sono storie-matrioska: straordinarie storie di sport all'interno di specialissime storie di vita. Questi quattro racconti sono il cuore pulsante del libro: non a caso i proventi delle vendite saranno devoluti in favore delle disabilità dello sport femminile, come non è stato un caso ritrovarci per questa presentazione nella casa dello sport, il Coni, in questo 8 marzo festa della Donna. Una scorsa rapida. Libro libero da qualsiasi condizionamento: le storie toccano aspetti anche molto personali delle campionesse che si sono raccontate. Libro caldo, generoso di emozioni. Libro anticonvenzionale: «Non andate a letto con Flavia Pennetta» è l'incipit del capitolo dedicato alla tennista, e sta a voi scoprire il perché. Libro agile, frizzante: ogni storia ha una breve introduzione che, con discrezione, consegna una chiave di lettura. Ogni narrazione parte con una fucilata. «Splash. Un tuffo nell'infanzia» per Tania Cagnotto, «Mai scendere a patti. Neanche col diavolo» è il ritratto-twitter della Idem, «Saper portare la cuffia non è da tutte» è Fede Pellegrini. Ed ecco la Vezzali: «La chiamano cobra». E ancora: Deborah Compagnoni, Giulia Conti e Giovanna Micol, Antonella Del Core, Carolina Kostner, Alessandra Sensini. E' cosi che l'innamoramento di Malagò per lo sport e per le donne - a cominciare dalle sue gemelle Ludovica e Vittoria - viene consegnato al lettore. Nella vernice di ieri l'autore ha fatto un passo indietro, lasciando ad altri la parola. Il presidente del Coni Gianni Petrucci ha definito l'opera «uno spaccato di quello che le donne hanno conquistato nello sport» e con l'occasione ha raccontato che per Londra il Coni prevede il sorpasso: più medaglie per le donne italiane che per i colleghi maschi. Particolarmente coinvolto il vicepresidente Luca Pancalli, che ha tenuto a precisare il libro scardini un luogo comune, quello delle «atlete paralimpiche dipinte come donne che perdono la loro femminilità». Manuela Di Centa ha tenuto a ricordare come il libro dimostri il merito delle donne e oltre a vedersi raccontata in un capitolo, a far buon peso ha rimarcato «la prima atleta donna eletta nel Cio ai massimi livelli di dirigenza». Tutto bene insomma, tutto bello. Solo un problema, e non piccolo: di un libro così c'è (ancora) bisogno.

Le donne sul podio «Senza più paura»

Gabriella Greison, la Gazzetta dello Sport Roma del 9.03.2012

Non figlie, fidanzate, mogli. Ma donne vincenti. Professioniste dello sport. Sciolte, sicure, un po' narcise. Un made in Italy che funziona. Coi loro muscoli: da prestazione, ma anche da copertina. Con la loro volontà tatuata: non il corpo. Loro si tuffano, schiacciano, volano, segnano, infilzano, stendono, mirano. Pochi lamenti e rimorsi, perché il segreto per vincere è quello di imparare a perdere. E' questo che si capisce, guardandole, seguendole nelle rispettive carriere. E leggendo il loro ritratto nel libro «Storie di sport, storie di donne» scritto da Giovanni Malagò (il presidente del Circolo Aniene) e Nicoletta Melone. E' stato presentato ieri, al salone del Coni, con il presidente Petrucci, il vice Pancalli e il segretario generale Pagnozzi. «Solo alle donne è possibile riuscire in tanti settori della vita: solo le donne sanno rialzarsi, insistere, tenere duro, inseguire in maniera così ostinata i propri sogni», racconta Malagò. Sono femminili, ma aggressive. Sanno tutte aspettare, programmare, inchiodare avversarie e stress. Sono 17, le conosciamo tutte per le loro medaglie: Tania Cagnotto, Deborah Compagnoni, Giulia Conti e Giovanna Micol, Antonella Del Core, Manuela Di Centa, Josefa Idem, Carolina Kostner, Annalisa Minetti, Federica Pellegrini, Flavia Pennetta, Francesca Piccinini, Francesca Porcellato, Paola Protopapa, Alessandra Sensini, Giusy Versace, Valentina Vezzali. «Tutte bellissime, per la loro grinta, per la voglia di combattere», dice Malagò. Alla presentazione del libro (gli incassi saranno devoluti a favore della disabilità dello sport femminile) la prima a parlare di sé è Francesca Porcellato, con le sue 8 partecipazioni ai giochi paralimpici, e 11 medaglie: «E' bello sapere che c'è sempre tanto interesse in quello che ruota intorno alla donna. Noi sportive abbiamo tanto da raccontare». Poi, interviene Manuela Di Centa, pluricampionessa olimpica: «La forza che abbiamo noi donne, servirà per cambiare le cose che non vanno nel nostro paese». Tra i presenti, anche Gianni Letta, Virna Lisi, Paola Protopapa, Novella Calligaris, Nicola Pietrangeli, Gigi Di Biagio, Gianni Rivera, Adriano Panatta, Antonio Matarrese, Claudio Toti, Giorgia Meloni, Rosella Sensi. E, infine, anche Alessandra Sensini, già qualificata con il suo windsurf per Londra 2012: «Noi donne ci diamo dentro, se c'è da lavorare e da sacrificarsi. Ci siamo emancipate dalla paura. Forse la società non si muove, ma noi sì. Cerchiamo l'indipendenza, seguiamo le nostre aspirazioni».

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