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20/03/2012 20:44 CEST - Indian Wells

Pensieri sparsi su Indian Wells

TENNIS - Dopo gli Australian Open, riviviamo il Masters 1000 di Indian Wells attraverso alcune considerazioni sulla vittoria di Federer e la con Nadal, ul dominio della Azarenka e sulla faziosità di Ellison. Stefano Pentagallo

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L'esito con cui si è concluso il Master 1000 di Indian Wells, il primo stagionale, avrà senz'altro soddisfatto il proprietario del BNP Paribas Open, Larry Ellison. Il co-Fondatore e CEO della Oracle Corporation, a capo del torneo californiano dal dicembre del 2009 quando lo acquisì per cento milioni di dollari, durante lo svolgimento dello stesso, pescato a più riprese dalle telecamere, non ha mai mancato di esprimere il suo tifo verso il futuro vincitore del torneo, Roger Federer. Addirittura, nel corso della prima semifinale, mi è parso che scuotesse la testa in occasione dei match point avuti da Isner nel tiebreak del terzo set. Evidentemente non era troppo felice per il prospettarsi della vittoria dello spilungone americano, che lo stava privando di un'eventuale finale Djokovic-Nadal o Djokovic-Federer. Ora va bene avere una predilezione verso un giocatore o un altro, poiché tutti ce le abbiamo, ma esternarla in questo modo proprio no. In qualità di organizzatore il suo comportamento dovrebbe essere un tantino meno di parte, ma tant'è.

Passiamo al tennis giocato. È stato il torneo delle rivincite per Federer: nei confronti di chi, per la centomilionesima volta, aveva dubitato di lui dopo le due batoste subite in Coppa Davis; nei confronti di "Big John", reo di averlo umiliato sulla terra rossa di Friburgo e nei confronti di Rafael Nadal, con cui, ormai, pare essere in aperta polemica, aldilà delle dichiarazioni di facciata.

Proprio la partita con Rafa può essere considerata a tutti gli effetti la finale anticipata. Sia sotto il profilo tecnico, sia sotto il profilo emozionale. E non solo per la grande attesa che suscita sempre ciascuna sfida tra i due, ma anche per le recenti frecciatine lanciatesi mezzo stampa, che stanno movimentando una rivalità fino all'anno scorso piatta. L'ultima in ordine di tempo è stata la frase di Nadal "non so forse l'anno prossimo renderanno questo campo molto più veloce visto che l'ha detto Roger. Questa settimana ho già ricevuto un sacco di time violation" in riferimento alle parole di Federer, che aveva invocato campi più rapidi. Ecco, sulla querelle riguardante la time violation, io sono d'accordo con Rafa. La regola va interpretata e non applicata alla lettera, e né tantomeno c'è bisogno dell'orologio in campo, poiché tante possono essere le variabili in gioco: uno scambio lungo oltremodo, un raccattapalle a cui può cadere l'asciugamano o una pallina, il pubblico che disturba la ripresa del gioco. Il problema emerge quando queste perdite di tempo vengono perpetuate durante l'intera partita o, peggio ancora, quando ci si attarda a riprendere il gioco dopo il cambio campo. Come nella famosa finale di Wimbledon 2008, quando Nadal fece aspettare Federer, già pronto in risposta, per ben 50 secondi, andando a servire la sua prima di servizio 111 secondi dopo che l'arbitro chiamò il "Time".

Detto questo, mi piacerebbe sapere cosa abbia portato a questo deterioramento nel loro rapporto. Forse la nomina di Brad Drewett (del partito di Federer) come nuovo Chairman dell'ATP a scapito di Richard Kracijek (del partito di Nadal e Djokovic), forse qualcos'altro. Fatto sta che i rapporti tra i due non sembrano più idilliaci come un tempo. E il rifiuto di Federer - poi tramutato in un nì - a disputare l'esibizione del Bernabeu nel mese di luglio può essere letto come cartina al tornasole dei recenti accadimenti.

Mettiamo, però, da parte la diatriba e parliamo della partita. Federer l'ha interpretata in maniera praticamente perfetta, senza mai perdere campo nelle rare occasioni in cui Rafa ha avuto modo di impostare lo scambio sulla diagonale di sinistra e giocando un tennis di controbalzo, dal lato del rovescio, divino. Anzi, è stato poi lui ad attaccare ripetutamente il rovescio di Rafa con il suo dritto. L'unico momento in cui lo svizzero deve aver rivissuto gli spettri del passato è stato, quando in vantaggio 5-2 nel secondo set, si è fatto rimontare sino al 5-4, 30-30. Lì Rafa ha sbagliato un dritto che non avrebbe dovuto sbagliare e la partita ha preso la via di Basilea. Non è poi riuscito a Nadal il tentativo di far innervosire lo svizzero facendo interrompere l'incontro per poche gocce di pioggia sul match point. Alla ripresa del gioco: ace e tutti a casa. Una vittoria eccezionale per Federer, ma non mi farei prendere da facili entusiasmi. Troppe volte, infatti, è stato detto che lo svizzero aveva finalmente capito come battere il suo eterno rivale, per poi essere immediatamente smentiti. La verità è che ogni partita è una storia a sé. Federer come battere Rafa l'ha capito da tempo, ma non sempre riesce ad eseguire il suo piano tattico alla perfezione. Dipende dalle condizioni, dal proprio livello di gioco, dall'avversario. Se, poi, dovesse battere Nadal con una certa continuità, allora avrebbe senso affrontare il tema.

In molti Rafa lo avevano addirittura indicato come il favorito visto il suo stato di forma rapportato a quello degli altri. Io tutta questa forma ad essere onesti non l'ho vista. Nei primi tre incontri aveva lasciato per strada solo quattordici giochi ma non aveva affrontato praticamente nessuno, fatta eccezione per Dolgopolov che, però, è un giocatore troppo umorale per far testo. Ai quarti, contro un redivivo Nalbandian, ha vinto da grande campione qual è, prima di arrendersi ad un grande Federer. La mia impressione è che l'effetto Djokovic l'abbia costretto a giocare un tennis più rischioso, più offensivo che in passato, con l'ovvia conseguenza di commettere anche qualche errore in più. Da salvare, come sempre, c'è la sua voglia di lottare su ogni punto, di non mollare mai. Mi auguro per lui che possa bastare per difendere la seconda posizione mondiale dagli attacchi di Federer che, qualora si verificasse lo stesso scenario di Indian Wells con Rafa in semi e lui vincitore, potrebbe scalzarlo già a Miami.

C'è un altro giocatore che la sua posizione in classifica non rischia di perderla, ma che di punti da difendere ne ha tanti da qui agli Us Open: è Novak Djokovic. Il serbo, fin qui, non ha ancora strabiliato come nella passata stagione. Ha sì vinto gli Australian Open, pur non giocando il suo miglior tennis, ma ha poi perso malamente da Murray, a Dubai, e da Isner questa settimana. Probabilmente il suo unico pensiero, al momento, è il Roland Garros, con cui completerebbe il Career Slam e, cosa più importante, il Nole Slam (quattro Slam vinti di fila). Vista la portata dell'impresa il ragazzo è da capire, anche se un vero numero uno dovrebbe concentrarsi su un torneo alla volta e pensare a vincere tutto ciò che gli capita a tiro. L'anno scorso ci è riuscito, quest'anno ancora no. Ma ha tutto il tempo per riprendersi e tornare a spadroneggiare. Fermo restando che, a dispetto del suo strepitoso 2011, non mi dà ancora quell'aria da cannibale che invece circondava Federer e Nadal quando occupavano la medesima posizione.

Diamo, però, anche a Cesare quel che è di Cesare. E in questo caso Cesare corrisponde al profilo di John Isner. L'americano di cui sento parlare per il suo grande servizio. Servizio qua, servizio là. Beh, mi auguro che abbia sfatato questo luogo comune. Isner è molto di più. Possiede un altro colpo risolutore nel dritto, soprattutto quando è giocato a sventaglio, è più solido anche dalla parte del rovescio, si muove meglio rispetto ad altri giocatori della sua stazza e in risposta non è poi così male. Purtroppo per lui in finale ha trovato un ostacolo insormontabile. Non gli è bastato portare Federer al tiebreak. Perso quello è finita la partita. Del resto lo svizzero ha un gioco che calza a pennello con questo tipo di giocatori, perché non gli propone mai una palla uguale all'altra. Ma allo stesso tempo li soffre tremendamente nelle giornate di scarsa vena, perché non gli danno ritmo, non gli permettono di impostare lo scambio come piace a lui e talvolta lo costringono sulla difensiva. Di conseguenza una sconfitta che poteva essere clamorosa qualche anno fa, oggi non lo è più. Resta il fatto che, contro avversari come Isner, Raonic o anche Del Potro, Tsonga è Soderling, raramente ne uscirà sconfitto.

Men che meno in questo periodo in cui sta vivendo una seconda giovinezza. Per me si tratta del miglior Federer da un paio d'anni a questa parte. L'impressione l'avevo già avuta a Dubai, questo torneo poi me ne ha dato la conferma. È in forma, con una reattività di piedi eccezionale, ed è centrato con tutti i suoi colpi. Tecnicamente, poi, non si discute. La cosa, però, che più mi ha impressionato è la sua voglia di lottare. Quella di vincere non è mai mancata, ma in passato qualche volta di troppo gli è capitato di alzare bandiera bianca non appena la partita iniziava a sfuggirgli di mano. Per il resto c'è poco da dire. I suoi numeri parlano da soli.

Ah, una chiosa finale su Murray prima di passare al tennis femminile. Vi prego di bacchettarmi ogni qualvolta che mi azzarderò ad usare nuovamente la parola Fab Four (a parte questa volta, of course). Perché Murray, fino a quando non vincerà nulla di veramente importante e fino a quando non smetterà di perdere partite come quella contro Garcia-Lopez, non meriterà di essere incluso nella stessa cerchia di giocatori del calibro di Federer, Nadal e Djokovic. La settimana prima sembra maturato e quella dopo sembra ricascare nel tunnel delle incertezze. Faccio fatica a capirlo. Quindi, d'ora in avanti, per me saranno i Fab Three +1.

Capitolo donne. La settimana scorsa, nel presentare il tabellone del torneo femminile di Indian Wells e nell'esporre la mia visione del momento che sta vivendo la WTA, sono stato accusato di non capirci molto di tennis femminile. Il motivo è presto detto: avevo parlato di dominio della Azarenka in questi primi mesi del 2012. Cosa io abbia detto di così sconvolgente nessuno lo sa. Addirittura adesso c'è chi parla di tirannia. Possibile che siamo tutti incompetenti? Fatto sta che la numero 1 del mondo ha allungato la propria striscia di vittorie consecutive a 23 e si è aggiudicata il suo quarto torneo stagionale. Ad impressionare di più, però, è il modo in cui batte le proprie avversarie. Quasi come se fosse una passeggiata di salute. Così, dopo aver rischiato di uscire subito all'esordio con la Barthel, ha lasciato alle sue avversarie la miseria di ventuno game. E tra queste c'erano la numero cinque del mondo, Agnieszka Radwanska - a cui Vika non deve aver perdonato le accuse mossegli per il presunto finto infortunio di Doha, visto il modo in cui l'ha liquidata (6-0, 6-2) - e la numero due, Maria Sharapova, battuta in finale 6-2, 6-3. D'altronde i precedenti tra la bielorussa e la russa parlano da soli (5-3 per l'Azarenka, ma degli ultimi cinque incontri Vika ne ha vinti quattro e perso uno per ritiro). La Sharapova potrebbe anche batterla se solo si muovesse meglio della Azarenka, ma le lunghe leve non glielo permettono. Dunque, temo che Maria avrà ben poco successo nei match contro l'Azarenka. Soprattutto contro questa Azarenka, che corre, lotta e muove bene il gioco. In una sola parola è "migliore" di Maria. Eviterei, però, di suonare le campane a festa. Le sue rivali più pericolose - Kvitova, S.Williams e Clijsters - erano assenti o fuori forma. Con il rientro delle ultime due ed il recupero della ceca potremmo assistere a tutta un'altra storia. A Miami magari avremo già le prime avvisaglie.

Stavo dimenticando una menzione speciale, che va ad Ana Ivanovic. È un piacere rivederla ad ottimi livelli in un torneo che conta davvero. Non arrivava così lontana in un "Premier Mandatory" (Indian Wells, Key Biscane, Madrid, Beijing) da Indian Wells del 2009, torneo in cui raggiunse la finale perdendo dalla Zvonareva. L'augurio è che possa mantenere continuativamente questo livello e non per un torneo o giù di lì. Farebbe un gran bene al tennis femminile e creerebbe un'alternativa alle solite note.

In Australia chiusi l'articolo domandandovi di Verdasco, in questo caso vi lascio chiedendovi: Nole Djokovic in conferenza stampa ha dichiarato che il suo torneo preferito è il Roland Garros; in passato, invece, disse Wimbledon, ma anche Monte-Carlo e Belgrado. È possibile sapere quale tra questi sia effettivamente il suo torneo preferito? Oppure bisognerà aprire le puntate per capire quale sarà il prossimo ad entrare nelle sue grazie?

Stefano Pentagallo

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