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09/05/2012 11:41 CEST - Personaggi

I due anni magici di Camporese

TENNIS - Oggi, 8 maggio, Omar Camporese compie 44 anni. Per festeggiarlo, ricordiamo i suoi grandi successi tra il '91 e il '92. La sfida con Becker in Australia, i due tornei vinti, le imprese contro la Spagna a Bolzano. Alessandro Mastroluca

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Per chi l’ha visto e per chi non c’era. Omar, quel giorno lì, una sua chimera. E l’ha raggiunta. Si è regalato un’ultima emozione, un ultimo grande giro sulla giostra della sua amata Coppa Davis. C’è tutta la storia di Camporese nello scontro generazionale con Moya, in un pomeriggio di febbraio a Pesaro. Due generazioni tennistiche diverse. Omar, fermato dall’epicondilite e, almeno in parte, da una certa propensione a tirar tardi la sera.

Prima della sfida con Moya ha giocato sette partite e ne ha perse cinque. Ha vinto solo con Alvarez n.112 (7-6 7-6) e con il messicano Hernandez, n.127, 7-5 al quarto. È numero 156 del mondo. Moya è numero 8, ha otto anni di meno, e vince i primi due set al tiebreak. E sono altrettante mazzate. Perché lo spagnolo non è mai arrivato a 40 sul servizio di Camporese, che ha perso il primo 10-8 buttando via due set point con il primo doppio fallo del match e un dritto a mezza rete, e 7-4 il secondo.

Ma Omar tiene “el cabezòn” come Sivori, idolo del padre cui deve il nome, e conquista nel modo più improbabile il più improbabile dei punti. Scriveva Ubaldo Scanagatta sulla Nazione: “Magie della Coppa Davis. Omar Camporese, mai stato un fenomeno dopo le due ore e mezzo di gara, gioca il match della vita. Chi mai si sarebbe potuto immaginare, dopo quelle disavventure, dopo tanti risultati negativi, dopo un'ora e 54 minuti giocati all'altezza del n.8 del mondo ma crudelmente vanificati dai due tiebreak, una rimonta da parte di un giocatore noto per la sua scarsa tenuta atletica, solitamente così predisposto a deprimersi, così poco fiducioso nelle proprie possibilità? Miracoli della Davis, davvero. Servire come è riuscito a fare Camporese, per 3 ore e tre quarti senza mai subire un break, richiede una capacità di concentrazione, una continuità psichica che onestamente a Omar pochi gli riconoscevano. Credo neppure Panatta. In tutta la partita Camporese ha concesso appena 4 palle break: la prima sul 4 a 0 nel terzo set per lui, la seconda sul 4 a 3 30-40 nel quarto set, le due più pericolose sul 4-2 15-40 nel quinto. Ha annullato le prime tre con altrettanti servizi vincenti, la quarta seguendo a rete un'altra prima micidiale”.

Quando Moya sbaglia l’ultimo dritto della partita il Palas (così, con la “s” alla romagnola) esplode in un urlo che rivaleggia con l’acuto di Pavarotti che l’ha inaugurato cantando “Vincerò”. L’ultima immagine è l’abbraccio con capitan Panatta, che ha vinto un’altra scommessa. Perché in Davis Camporese ha sempre trovato dentro quel qualcosa in più che serve a ridurre le distanze, a stravolgere le logiche, le teorie, le classifiche. Già dal giorno dell’esordio, a Malmoe, il 3 febbraio 1989. Si presenta in campo con la racchetta di McEnroe, la stessa con cui Steffi Graf aveva appena fatto il Grande Slam. E con quel filo rosso ideale che unisce Fraulein Forehand al campione del “turbo-diritto”, batte Pernfors.

Nell’inverno del 1990 inizia ad allenarsi con Eduardo Infantino. La collaborazione durerà solo qualche mese, ma restituisce un Camporese reattivo, veloce, capace di giocare quello che per 18 anni rimarrà il match più lungo nella storia degli Slam. Per qualificarsi per la prima volta ai quarti degli Australian Open, Boris Becker deve lottare 5 ore e 11 minuti contro l’azzurro. Camporese cede i primi due set al tiebreak. Nel primo regge fino al 4-4, nel secondo non sfrutta un break di vantaggio in avvio e “Bum Bum” chiude per 7 punti a 5 con Omar che paga un paio di errori banali. Ma di punti ne fa solo 10 in tutto il terzo set: 6-0 Camporese, che prova nuove soluzioni tattiche e inizia a seguire a rete il rovescio in back. Nel nono game, per la quarta volta nel set Camporese si ritrova almeno 0-30 sul suo servizio. Salva quattro palle break che avrebbero portato il tedesco a servire per il match, poi trova il break che scrive la storia.

Il quinto set segue i servizi per 20 game. Sull’11-10, Becker ha tre match point con il servizio a disposizione. “Non credo di aver tirato nemmeno un colpo davvero buono in tutto il set” ha detto Omar a fine partita, “ma in quel momento mi sono detto ‘proviamo’. Sono arrivate cinque risposte fantastiche”. Nuovo break di Becker, 12-11, nuovo controbreak, 12-12, stavolta a zero e grazie anche a un doppio fallo. Camporese sale 40-0, ma la sua partita finisce qui, a un passo dal sogno. Si fa strappare il servizio, Becker chiude con due ace, l’ottavo e il nono della partita, sul dritto di Omar. A fine partita, quando si stringono la mano a rete, Becker alza anche il braccio dell’azzurro, che ha vinto più game del tedesco, insieme al suo per rispondere alla standing ovation del pubblico.

Diventano amici, ma questo non basta a evitare attriti e polemiche pochi giorni dopo, a Stoccarda. Saranno altri cinque set epici. Saranno cinque set di orgoglio e rabbia, di amarezza e complimenti effimeri.Sei davvero un giocatore incredibile” gli sussurra Becker stringendogli la mano. Ma il primo punto di quell’incontro di Davis è andato alla Germania, in un clima ostile e con un giudice di sedia, Malcom Huntington, decisamente non all’altezza. Nel terzo set Panatta e Camporese si infuriano, soprattutto per una seconda fatta ripetere a Becker, evitandogli così un doppio fallo che avrebbe dato il break all’azzurro. Ma nemmeno il tedesco è soddisfatto. Si arrampica sul seggiolone per urlargli il suo disappunto, poi si rivolge alla tribuna autorità: “Mandate via quest’uomo, è un incapace!”. La sottile guerra diplomatica porta alla sostituzione dell’arbitro durante la pausa alla fine del terzo set. Huntington viene sostituito da Bruno Rebeuh (lo stesso che quattro anni dopo sarà schiaffeggiato dalla moglie di Tarango a Wimbledon).

È una decisione estrema, quella di cambiare il giudice di sedia. L’unico altro caso celebre di sostituzione riguarda il memorabile Nastase-McEnroe al secondo turno degli Us Open 1979. Il rumeno, che finirà sconfitto, viene squalificato dal giudice di sedia Hammond, ma la decisione viene revocata per sedare la rivolta del pubblico che grida il suo disappunto e inizia a lanciare in campo di tutto. Dopo 18 minuti la partita ricomincia e sul seggiolone c’è il giudice arbitro del torneo Mike Blanchard.

A Rotterdam vince il suo primo titolo con un’indimenticabile finale su Lendl. Per il ricordo di quel match mi affido all’appassionato racconto del nostro Luca Pasta.

Non c’è Becker, a Bercy, nel più importante torneo indoor della stagione La sua assenza regala a Courier la certezza di diventare numero 1 e a Camporese la vittoria più importante della carriera dopo la finale di Rotterdam. Omar vince il braccio di ferro dritto contro dritto, stampa due servizi impeccabili per chiudere il tiebreak del primo set e d’autorità chiude 7-6 6-3. Chiude la stagione da numero 24.

Il 1992 è il suo anno migliore ma è anche il suo canto del cigno. A Milano inizia a sentire quei forti dolori al braccio destro che lo costringeranno fuori per sei mesi nel 1993 e gli impediranno di tornare ad alti livelli. La diagnosi è “epicondilite”, il cosiddetto gomito del tennista. Inizia ad accusarli durante la semifinale con Cherkasov che comunque vince grazie a 20 ace e 17 servizi vincenti. Dà forfait per la semifinale di doppio, che avrebbe dovuto giocare in coppia con Ivanisevic, il suo rivale per il titolo, unica testa di serie rimasta in tabellone dopo il secondo turno.

Nella settimana in cui Courier diventa numero 1 del mondo, Camporese si difende alla grande nella battaglia dei servizi (12 ace a 11 per il croato a fine match, 31 a 17 i servizi vincenti). Perso il primo set 6-3, Camporese non si disunisce mentre Ivanisevic cala di tono. Omar vince il secondo 6-3, strappa un break decisivo nel terzo gioco del terzo set con uno splendido passante di rovescio, una bella risposta e un doppio fallo del croato e chiude 3-6 6-3 6-4 in un’ora e tre quarti. I quasi seimila tifosi festeggiano il primo successo di un italiano nella storia del torneo e Camporese celebra il suo best ranking di numero 18.

Il regalo è il primo turno di Davis contro la Spagna a Bolzano. È implacabile nel singolare d’apertura contro Bruguera, prima che l’esordiente Caratti porti al quinto Emilio Sanchez. Nel doppio Nargiso gioca la sua migliore partita da doppista e mette in crisi il biondo catalano Casal. “Panatta ci aveva detto di giocare su di lui e di martellare Sanchez sul rovescio” spiega Nargiso. Il piano funziona alla perfezione, Camporese esce alla distanza e con una coppia così l’Italia inizia a cambiare il suo destino.

Camporese apre la terza giornata contro Sanchez che l’aveva battuto tre volte su tre, l’ultima venti giorni prima a Sydney. È una mattanza. L’azzurro vince il primo set lasciando allo spagnolo appena 4 punti su 28, Sanchez vince il primo game quando è sotto 6-0 4-0. Omar sfoggia un tennis da cineteca, sfonda col dritto e incanta anche col rovescio, il suo colpo meno solido. Finisce 6-0 6-2 6-4. Camporese dà all’Italia il passaggio al secondo turno e toglie a Caratti la responsabilità di giocare il singolare decisivo.

Il resto è storia (quasi) nota. È un naufragare amaro nelle sabbie mobili di Maceiò su un campo improvvisato in riva al mare nella stagione delle piogge. Un campo con undici metri tra la riga di fondo e i teloni, raccontava Gianni Clerici. Con i tubi metallici a sorreggere le tribune, che in parte crollano sotto le raffiche di una specie di tornado che interrompe il secondo incontro tra Oncins e Canè. Il primo l’aveva vinto Camporese dopo 5 ore e 47 contro Mattar: è il terzo singolare più lungo nella storia della Davis. Dopo le sei ore, il dolore è troppo. Il sabato non si allena, mentre Canè finisce per perdere al quinto. La domenica gioca il doppio con Nargiso che serve sul 3-2 al quinto. Panatta lo incita: metti quattro prime. Ma è talmente teso che fa quattro doppi falli. Il più teso di tutti però è Pescosolido, che la mattina dell’ultimo giorno scopre di dover sostituire Camporese.

Nel 1993 Omar salta mezza stagione, ma quando rientra è già un giocatore con un grande futuro dietro le spalle. Ha bisogno però di un ultimo giro di giostra nella sua amata Davis. Per chi l’ha visto e per chi non c’era.

Alessandro Mastroluca

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