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22/06/2012 13:16 CEST - Wimbledon

"Nessuno tocchi quell'erba!"

TENNIS - Intervistato da Mark Hodgkinson, il responsabile della manutenzione dei campi di Wimbledon Eddie Seaward difende senza mezzi termini la sua "creatura" attribuendo alla maggiore altezza dei rimbalzi il principale cambiamento. Massimiliano Di Russo

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Sono passati pochi giorni dalla finale di Halle, torneo che per gli appassionati sta assumendo sempre di più le parvenze di uno scrigno in grado di custodire quell’erba tanto cara agli aironi che fino agli anni ’90 affollavano il circuito. Più della vittoria del redivivo Haas o della sconfitta del plurivincitore Federer, ciò che è rimasto impresso nella mente degli spettatori è stata la rapidità di una superficie che si è rivelata ideale per il gioco d’attacco e assai ostica per chi invece era abituato a remare dal fondo.

Erba che va detto viene costantemente messa sotto accusa durante le due settimane in cui i riflettori sono puntati sui Championships. Il leitmotiv è sempre lo stesso: i campi di Wimbledon sono più lenti di quelli di una volta, uniformare le superfici si è rivelato un errore che ha generato finali come quelle dello scorso anno, mortificanti per tutti coloro che dai tappeti londinesi si aspettano maggiore imprevedibilità e con essa spettacoli di tutt’altro tipo.

Eddie Seaward, responsabile della manutenzione dei campi di Wimbledon nonché uno dei principali artefici della sanguinosa omologazione che per molti sa di profanazione del Tempio, ha rilasciato alcune interessanti dichiarazioni per il sito The Tennis Space.

“Non credo che i campi siano lenti. La palla viene fuori dall’erba alla stessa velocità rispetto al passato. Semmai sono i rimbalzi che sono più alti. I campi sono più duri per via del tipo di erba che abbiamo adottato: abbiamo privilegiato questo aspetto perché volevamo che i campi resistessero fino alla fine della seconda settimana. Fortunatamente da questo punto di vista abbiamo ottenuto ottimi risultati. Se la palla ti viene incontro all’altezza delle ginocchia a 140 miglia all’ora non hai la possibilità di colpirla, ma se ti viene incontro all’altezza del petto allora, grazie anche al nostro lavoro, hai maggiori probabilità di rispondere”.

“Quando sono stato assunto come capo giardiniere nel 1991 ricordo che tutti dicevano che il servizio era troppo determinante su questa superficie, che il tennis su erba stava morendo. Così abbiamo chiesto ai giocatori e ai loro allenatori cosa ne pensavano al riguardo. Ci hanno risposto che l’ideale sarebbe stato rallentare la palla verso il basso di un decimo di secondo. Ciò dimostra quanto siano rapide le loro reazioni: un solo decimo di secondo avrebbe fatto la differenza”.

“La cosa migliore del nostro lavoro è osservare il primo giorno i campi da tennis e dire “sì, è tutto merito nostro”. E’ sempre bello al termine della prima giornata vedere quegli stessi campi ed essere consapevoli del fatto che resisteranno per una quindicina di giorni. Abbiamo avuto tanti commenti positivi nel corso degli anni. Di tanto in tanto incontriamo i giocatori durante gli allenamenti e appaiono più rilassati. Ne parliamo con gli allenatori. Giocatori e allenatori sembrano essere soddisfatti. Quando un tennista termina un incontro, non importa su quale campo, incontra un membro del comitato, o qualcuno del club, al quale a questo punto avrebbe l’opportunità di sporgere un reclamo circa le condizioni del campo sul quale il match si è disputato. Non è mai successo negli ultimi otto anni”.

Massimiliano Di Russo

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