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12/07/2012 17:15 CEST - WIMBLEDON 2012

Andys, i gesti
più belli

TENNIS - Il bacio di Roddick e le lacrime di Murray i simboli più umani del torneo maschile di Wimbledon. Federer sale e pepe, Rosol Hannibal Lecter, Berdych e Gulbis Cip & Ciop, tetto verginello e MTO da abolire. Riccardo Nuziale

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Andy Roddick saluta il Centrale di Wimbledon con un bacio (Photo by Clive Brunskill/Getty Images)
Andy Roddick saluta il Centrale di Wimbledon con un bacio (Photo by Clive Brunskill/Getty Images)

FEDERER: q.b.
Quand'era cuoco alle prime pentole (non che l'esperienza abbia portato frutti), la vostra penna impazziva letteralmente nel leggere le ricette. Sorvolate con nonchalance le difficoltà date dai vari passaggi dopo aver preparato con cura le quantità indicate, si arrivava sempre all’Arcano, quella riga in fondo alla lista degli ingredienti, seminascosta ma potentissima: “sale e pepe quanto basta”.

Il disastro era assicurato: che diamine significa quanto basta? Mezza punta, una manciata, 22 chili? Gli enigmi teologici e il bosone di Higgs in confronto sono la tabellina del 2. E, per farvela breve, i peggiori abomini si sono mangiati in passato, in casa Nuziale.

Ecco quindi che, ubriachi dei numeri che descrivono Federer da domenica sera (1, 7, 17, 286, et cetera et cetera), si rilancia con un non voto, un rifiuto di giudizio: la penna diventa pia e devota anziana con il cesto delle offerte in chiesa, date voi il voto al Wimbledon di Federer. Perché l’autore di queste già dissennate righe non sa quantificare senza cadere in banalissime iperboli da maestrina elementare (chi non ha mai ricevuto un “super bravissimo” a doppia pagina? Sono cose che illudono).

Wimbledon dello svizzero che è stato difficile, pieno di insidie, anche inaspettate, ma vinto con la consueta classe. Il terzo turno horror con Benneteau può essere letto come il reboot del match di Parigi 2009 contro Haas, con un Federer bloccato dalla sconfitta di Nadal la sera prima e, nell’ottavo contro Malisse, si è aggiunta la chiave di lettura fisica, con una schiena non in perfette condizioni che ha fatto preoccupare gli appassionati di tutto il mondo. Il belga, talento purissimo ma cervello tattico e agonista piuttosto discutibile, non ha saputo approfittare di un Roger limitatissimo negli spostamenti che si è affidato solo al braccio: con un avversario più cinico lo svizzero probabilmente non sarebbe passato.

Superata la doppia paura, dai quarti in poi si è visto il vero Federer. Non il miglior Federer, forse, ma comunque un giocatore che ha dimostrato ancora una volta che sui prati fa quello che vuole. Annichilito un altro talento meraviglioso non votato all’intelligenza tennistica, Misha Youzhny (Dio l'abbia in gloria sempre e comunque), lo svizzero ha compiuto un doppio miracolo, contro Djokovic e Murray.

Con il primo è stato straordinario nell’impostare l’intero match esattamente come da lui voluto, con il servizio e dritto, con scambi da fame nel mondo, l’essenzialità più scarna. Poco più di due ore e il numero 1 e defending champion era già sotto la doccia.

Con Murray è partito probabilmente più nervoso dello scozzese, ha faticato a trovare la palla, ha subito la prorompente iniziativa dell’avversario, rischiando seriamente di andare sotto di due set. Poi però ha trovato, con le due volee che hanno concluso il secondo set e con il break arrivato dopo un game infinito nel terzo set, la brillantezza tecnica e la caparbietà dei giorni di lusso.

Perché – a Wimbledon in particolare - Roger è bravetto, tutto sommato. Quanto basta.

MURRAY: 8,5
Questa volta niente Muzza. Niente Murray Brown, niente Fab Four illeggittimo, niente inglese quando vince e scozzese quando perde (anche se…guardate in fondo). Questa volta solo applausi per Andy Murray. Che ha giocato il torneo della maturità, con l’eliminazione precoce di Nadal che l’ha aiutato da un punto di vista tecnico, ma l’ha fortemente penalizzato sul piano della pressione emotiva. Pressione che Murray ha gestito alla perfezione, con consapevolezza dell’occasione e dei propri mezzi.

Non sempre ha giocato bene, con Baghdatis e Ferrer è stato a dir poco discontinuo, ma il fatto che le abbia vinte entrambe (mettiamoci anche la semifinale con Tsonga, dominata in modo imbarazzante per due set eppoi lottata punto su punto) dimostra il salto di qualità sul piano mentale dello scozzese, che aveva tutto da perdere in questo Wimbledon.

In finale ha giocato uno dei match più belli della carriera, per qualità tecnica, solidità mentale, personalità. Convinzione personale che non potrà naturalmente mai trovare conferme e smentite, avesse trovato chiunque altro al posto di Federer, ora staremmo ad elogiare il primo vincitore di Wimbledon britannico dell'Era Open.

Le lacrime, le parole strozzate, quei silenzi che sembravano eterni con un Centrale ammutolito e commosso, sono stati il momento più bello delle due settimane, un autentico capolavoro di umanità. A dimostrazione che Andy Murray è persona molto più complessa e sensibile di quanto spesso si voglia far credere.

DJOKOVIC: 6
Non ci siamo proprio. A differenza di Parigi ha tutto sommato controllato in scioltezza fino alla semifinale, approfittando di un tabellone francamente molto facile (tutti giocatori nella top 50, vero, ma tutti giocatori troppo leggeri per poterlo impensierire), ma la passività mentale con cui ha accettato in semifinale a) la tipologia di gioco favorevole a Federer, quella sull’uno-due b) l’allungo dello svizzero tra fine terzo e inizio quarto set, ha del preoccupante. Arriva alla sufficienza solo perché una semifinale Slam è sempre risultato notevole.

L'involuzione di Nole sta diventando lampante, soprattutto a livello di personalità, di cattiveria, di convinzione. Con Nadal ha perso due finali chiudendo con doppio fallo, qui è sembrato il novellino alla prima semifinale contento di essere lì. E' qui la grande differenza rispetto al 2011, manca l'arroganza agonistica del ritenersi capace di vincere qualsiasi partita. Ai Giochi vedremo se questa tendenza rimarrà: in tal caso gli equilibri della piramide andranno rivisti.

ROSOL: 9
Mai questa penna era stata testimone di una simile possessione demoniaca su un campo da tennis. Mai vista un'incoscienza, una simile incapacità di capire e giudicare il proprio autorato, di valutare la realtà di quei determinati momenti. Mai visto visto un omicidio così efferato, brutale, senza tentennamenti, ripensamenti, rimorsi. La violenza di un sonnambulo in acido.

Probabilmente Lukas Rosol capirà solo fra qualche anno quello che è riuscito a fare la sera del 28 giugno 2012. Perché la sorpresa sportiva fa parte del gioco, è sempre esistita e guai se non ci fosse. Ma qui si è andati oltre, per due motivi: primo, perché battere Nadal in straight sets, tenendolo costantemente sott'acqua, tirando a tutta e azzeccando la partita della vita è un conto (Tsonga nella semifinale australiana 2008 ne è un esempio), batterlo al quinto dopo una lotta feroce e dopo avergli recuperato un set è tutt'altro conto.

Secondo - e ancora più importante - perché...il quinto set. Una cosa mai vista e che probabilmente mai si rivedrà. Il numero 100 del mondo che, riuscito a breakkare subito il numero 2 con l'aiuto di quest'ultimo, diventa il figlio mai confessato del T 1000 e di Hannibal Lecter, una macchina glaciale senza cuore e sentimenti, un cannone che nei turni di servizio dilania le difese del più grande difensore del mondo con una facilità e una freddezza inconcepibile. Cosa che nessuno è riuscito a fare in sette anni. L'ultimo game, il decimo, è imbarazzante: tre aces e un dritto vincente proprio quando tutti si aspettavano un attimo di braccinite cosmica.

E in premio - dopo aver perso prevedibilmente il turno successivo con Kohlschreiber - che ha avuto? Un calo di classifica (ora è n.103). Epico. Semplicemente epico.

NADAL: 5
La prima settimana dei Championships è sempre stata la più delicata, per Rafa: secondo turno fatale con Muller nel 2005, cinque set (sempre al secondo turno) con Kendrick nel 2006, maratone con Soderling e Youzhny nel 2007, match molto complicato – sebbene risolto in 4 – con Gulbis nel 2008, cinque set con Haase e Petzschner nel 2010, ottavo complicatissimo con Del Potro lo scorso anno.

Lo spagnolo ha bisogno di tempo per carburare sul manto erboso e nel momento in cui affronta quella tipologia di giocatore che tanto gli dà fastidio, l’attaccante tutto servizio e colpi esplosivi, ecco che può passare bruttissime giornate.

Che non fosse il suo anno a Wimbledon lo si era capito subito, con lo 0-4 nel primo set contro Bellucci, giocatore non certo eccezionale ma che ha nelle corde ottime accelerazioni. Solo la conigliaggine del brasiliano ha reso comodo e indolore l’esordio per Rafa.

Poi è arrivato Rosol e le uniche due colpe imputabili allo spagnolo sono il non aver cambiato marcia dopo quel primo set vinto per il rotto della cuffia e l’aver ceduto il break in apertura di quinto giocando male: un giocatore della sua esperienza e del suo calibro non può commettere certe ingenuità.

Detto questo, la partita l’ha più vinta Rosol che persa Nadal, quindi un voto troppo severo nei confronti di Rafa sarebbe ingiusto. Un passo falso Slam dopo cinque finali di fila e dopo l’ennesima stagione sul rosso dominata ci può stare. Alle Olimpiadi avrà il dente avvelenatissimo, quindi gli avversari faranno bene a dimenticare in fretta la debacle ceca.

FERRER: 7,5
Lo chiamano operaio, il fabbro, il giocatore tutto sudore e niente tecnica. Eppure arriva sempre in fondo, qualsiasi sia la superficie. Arrivando addirittura a sfiorare l'unica semifinale major che gli manca, quella dei Championships. Perché se fosse andato due set a zero contro Murray (ha servito per il parziale e avuto un set point nel tie-break), chissà come sarebbe finita. Vero è che la stessa cosa, ma al contrario, gli era successa nel terzo turno con Roddick, con l'americano incapace per un soffio di andare avanti di due set, quindi il bilancio è tutto sommato pari.

Il capolavoro del torneo Ferru l'ha realizzato negli ottavi, dove ha spazzato via la potenza bruta di Del Potro, dimostrandosi più adatto alla superficie dell'argentino.

Se è innegabile che gli manca qualcosa per essere al livello dei primissimi, anche a livello di testa (l'emozione della prima semifinale parigina l'ha chiaramente bloccato, la differenza sul rosso con Nadal c'è tutta ma non è così abissale), è altrettanto innegabile che lo spagnolo, 30 anni compiuti, meriterebbe più rispetto: è un top player a tutti gli effetti, non uno zappatore con la racchetta.

TSONGA: 7,5
Non ha realizzato l’impresa da primissima pagina dello scorso anno, ma ha confermato di essere tra i grandi protagonisti sull’erba. Lo ha fatto con un percorso non comodo: per quanto sempre più devastato dagli infortuni, Hewitt al primo turno non era avversario da prendere alla leggera, senza contare i test Fish e Kohlschreiber, due giocatori che sull’erba hanno sempre ottenuto ottimi risultati (e l’hanno dimostrato con lo stesso francese).

Con Murray è stato travolto per due set, ha poi cercato la super rimonta riuscitagli con Federer l'anno prima ma non ha mai dato l'impressione di poterci riuscire; Tsonga è giocatore estroso e istintivo e quando entra in clima partita è il giocatore più ingestibile del circuito, ma è poco controllabile anche da sé stesso, capolavori ed errori grossolani sono sempre dietro alla porta. E contro un giocatore straordinariamente solido - e che soffre tecnicamente - come Murray, non può permettersi di scendere in campo nel terzo set.

RODDICK: 7
Je t'aime, moi non plus. Quel bacio che dice tutto o forse no (in conferenza stampa non ha saputo dare una risposta). Un gesto che ha saputo tanto d'addio verso il luogo più amato, sebbene di un amore complesso, stupendo ma doloroso, contradditorio, segnato dai numerosi insuccessi contro la nemesi Federer ma anche da incomprensibili ko contro Tipsarevic e Lu.

Eppure contro Ferrer, al terzo turno, l'orrenda attualità (resa solo meno amara dal successo di Eastbourne) sembrava svanita: dopo due turni sì vinti entrambi in tre set ma senza minimamente convincere, per due set si è magicamente rivisto il Roddick 2003-2004, quello dal servizio devastante, dal dritto non più mozzarella ma fulminante, da un preciso rovescio in back alternato a quello non trascendentale ma comunque solido in top, una propensione a chiudere il punto in pochi scambi. Nel primo set Ferrer non ci ha capito assolutamente nulla e anche nel secondo, nonostante il break subito all'inizio (subito ripreso), Roddick sembrava il padrone del campo. Una palla break per il 4-3 e servizio sprecata malamente e set point non convertiti in un intenso tie-break hanno però fatto capire che la magia era finita, che la fiducia e la convinzione dei propri mezzi non poteva essere tornata all'improvviso e così A-Rod ha dovuto accontentarsi di una dignitosa sconfitta in quattro.

Ma quel bacio rimane ed è la copertina del torneo. L'atto sentimentale di un giocatore che avrebbe meritato maggiore fortuna su questi campi e che, probabilmente, si sta avviando ad un'anonima, silenziosa fine carriera. Purtroppo.

BERDYCH: 4
Solo lui poteva perdere in tre set contro un Gulbis che non vinceva un match serio dall’avanti Cristo. Cip.

GULBIS: 4
Solo lui poteva battere Berdych sul Centrale e perdere il turno successivo contro Janowicz. Ciop.

LE PICCIONAIE OLTRE A BERDYCH (DEL POTRO, CILIC, ISNER): 5
Che disastro. Delpo in particolare ha deluso non poco. E' vero che la sua gestualità molto ampia mal si sposa con l'erba (i precedenti lo dimostrano), ma ha faticato troppo già nei primi turni, con Haase e Soeda, e con Ferrer non ha proprio saputo contrapporre la minima resistenza se non tentando di provare a usare ancora di più la forza bruta. E' questo il suo cronico problema: conosce solo un linguaggio. Se non funziona quello, fa bruttissime figure, nonostante sia uno che a perdere non ci sta mai.

Il croato dall'indegno servizio (parola di Goran Ivanisevic, che l'ha paragonato addirittura a Chang) continua la sua carriera medioman, di buon livello ma indimenticabile come un discorso di Prodi. Ha eguagliato il suo miglior risultato raggiungendo gli ottavi, dopo aver vinto la maratona tra mediomen con Querrey (17-15 al quinto), ma è stato schiantato da Murray, che con tutti i difetti di questo mondo medio non lo è proprio.

Dulcis in fundo, ritrovate Big John Isner. Che dopo i fasti di Davis e Indian Wells non ne azzecca più una, gioca, lotta, ma non fa più un risultato che sia uno. Qui è uscito per mano di Falla dopo aver fallito match point. Sarebbe un peccato perderlo: non è il top player che gli Usa cercano da tempo, ma ora sta giocando decisamente sotto il suo livello.

FALLA: 7
Toccare the family jewels, il prossimo anno. Nel 2010 quasi buttò fuori Federer al primo turno sul Centrale, ora ha schiaffeggiato Isner, Mahut e tutti quelli che pregustavano (o avevano timore) del terzo capitolo tra l’americano e il francese. Falla+Championships=una buona dose di iella per il malcapitato di turno.

GLI ITALIANI: 4
Scialbi come questo commento. Peccato soprattutto per Seppi che, forse con i straordinari risultati raggiunti sul rosso e la finale di Eastbourne non ancora digeriti, non si è accorto quale comodo tabellone avesse di fronte per fare un buon torneo.

MTO: 2
Premessa: la richiesta di Federer nell’ottavo non è stata certo tattica. Il dolore c’era e, per quanto sia poi decisamente scemato nel corso dei giorni, soprattutto i fastidi nello spostamento in corsa verso il dritto sono rimasti evidenti fino a domenica. Oltretutto qualcuno spieghi a questa penna quale perverso piano criminale avrebbe escogitato lo svizzero per far sua la partita con una pausa sul 4-3 del primo set (set in cui Malisse ha servito per chiudere sul 6-5).

Detto questo, ancora una volta la beneamata pausa medica ha dato spazio a innumerevoli, troppe interpretazioni e ancora una volta ha reso evidente come il nome dell’infortunato o presunto tale abbia peso politico specifico per prendersi qualsiasi libertà, temporale in primis. E questo è semplicemente ingiusto. Chiudere un occhio solo perché il richiedente è Federer, Nadal o Djokovic è scorretto e offensivo verso il “pesciolino” di turno. Discorso che si fa inutilmente da anni: l’MTO andrebbe abolito. Non si farà, pazienza. Ma il problema rimane davanti a tutti.

ORGANIZZAZIONE: 2
L’ex firma di questo sito Enrico Riva l’ha detto meglio di chiunque altro: “Wimbledon sembra un video di educazione sessuale: facciamolo, possiamo partire?, l’hai coperto?, è tempo di scoprirlo?”. La questione tetto ha raggiunto vette grottesche, durante queste due settimane, dove si è cercato in tutti i modi di complicare un programma già reso complicato da condizioni meteo quest’anno più sfavorevoli del solito. La decisione di domenica di chiudere il tetto prima del match, riaprirlo prima del match per poi chiuderlo a inizio terzo set è stata la ciliegina sulla torta. La tradizione e il senso della tradizione sono ciò che rende Wimbledon uno dei più grandi simboli dello sport (non solo del tennis), ma questo non deve sforare nella testardaggine e nell’assenza di buon senso.

GENIO CHE HA PAGATO UN DOMINIO INTERNET GIUSTO PER SBEFFEGGIARE MURRAY E MOLINA CHE FA IL PUGNETTO SUL MATCH POINT DECISIVO DI FEDERER IN FINALE: OSCAR MASTERCARD
Che dire, chapeau (e facciamocela, una risata)!

Riccardo Nuziale

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