01/08/2012 17:19 CEST - Olimpiadi

Ai Giochi non c'è passione

TENNIS - Nelle due settimane in cui tutti diventiamo esperti di nuoto, atletica e lotta greco-romana, il nostro amato sport propone una gara che non riusciamo a prendere sul serio neanche sforzandoci. Claudio Giuliani

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Tifosi inglesi a Wimbledon
Tifosi inglesi a Wimbledon

Volete farmi credere che vi state appassionando veramente al torneo di tennis di Londra 2012? Cioè veramente il torneo che ha nell’albo d’oro nomi come Massu e Rosset possa essere considerato una gara a livello delle quattro più grandi?

Quando ieri, al banco del pane di un supermercato, chi vi scrive ha visto la commessa disquisire delle sorti della Pellegrini alle olimpiadi, il pensiero è stato: ma la signora sarà interessata anche alle sorti di Roger Federer e alla sua rincorsa all’oro? E sarà al corrente che Nadal ha problemi al ginocchio e che quindi ha tranquillamente – almeno a giudicare dalle foto delle sue vacanze – scelto di rinunciare a Londra 2012 per prepararsi al cemento americano, questo sì meritevole di usura fisica? Non sappiamo rispondere a queste provocazioni ovviamente ma questo episodio testimonia (a meno che la banconista non sia un’amante del nuoto 365 giorni l’anno) che le Olimpiadi sono un evento ovviamente pop.

Avvicinano la massa agli sport di nicchia, quelli dei quali ci si ricorda ogni quattro anni giusto per aumentare la quota di patriottismo che è insita in ognuno di noi checché se ne dica. E allora viva gli arcieri, gli schermitori, i nuotatori (!) e financo i lottatori se questo serve a portare attenzione verso questi atleti oggetto quotidiano delle nostre distrazioni sportive.

Il tennis ha già puntualmente ogni anno i suoi avvenimenti di spessore, non serve neanche scriverne più di tanto. Il calcio ogni due, quando fra Mondiali ed Europei (o coppa America e via dicendo) le nazionali si confrontano e stabiliscono ogni volta i record d’ascolto in Tv. Ogni anno ci appassioniamo, seguiamo, gioiamo e ci disperiamo seguendo le gesta dei nostri beniamini in quattro tornei del Grande Slam che regalano emozioni e scrivono pagine bellissime di storia sportiva. Era un mese fa quando le ginocchia di Federer cedevano di fronte al peso dei record, consegnando all’erba di Wimbledon il campione del 2012. E ora, che in quei campi camuffati alla meno peggio, bardati di un colore cromaticamente improbo, si gioca al meglio dei tre set non ci sembra un torneo vero.

A Wimbledon poi, ci sembra ancor di più una sconsacrazione visto che su quei manti ci si veste di bianco e si assiste in un silenzio metidabondo agli scambi, con gli spalti pieni “in ogni ordine di posto”. E no, non riusciamo ad appassionarci ad un torneo che vede i giocatori distratti, felici di essere lì solo per poter frequentare il villaggio olimpico, una sorta di college americano con tutti gli annessi e connessi, sede perfetta di amicizie ed amori interdisciplinari. E poi sul campo? Pazienza se di perde. Non si è mica usciti dal secondo turno di Wimbledon, non ci sono finali o vittorie da difendere e giocare diventa agonismo solo per pochi, per quelli – come Roger – che vogliono completare la bacheca diventando olimpionici, visto che olimpico lo è già stato. L’agone insomma, non è quello a cui siamo abituati.

Vogliamo forse dire che ci piace vedere in sovraimpressione televisiva, o nei tabelloni sgami le tre lettere della nazione invece che il nome del giocatore nello sport solitario per eccellenza? Ci galvanizziamo pensando che singoli giocatori del nostro paese, gli stessi che magari abbiamo odiato fino a una settimana fa e ricominceremo a dileggiare dalla prossima, possano rappresentare la nostra nazione al cospetto dell’oppositore di turno? Ma non c’è la Coppa Davis per questo? Non si gioca ogni anno il torneo a squadre in catini che sembrano sì bolge infernali in quanto a tifo patriottico? O vogliamo ancora berci la storia della promozione di questo sport in alcuni continenti per tramite dei giochi olimpici? Ricordiamo che le Olimpiadi hanno escluso la disciplina della racchetta per 40 anni (dal 1928 al 1968) mentre dai giochi di Pechino 2008 la gara tennistica assegna punti ATP (vale un Master 1000) e WTA.

In conclusione, forse abbiamo sbagliato tutto. Forse il luogo deputato per eccellenza allo sport è l’Olimpiade, dove si duella per un pezzo di metallo senza pensare a premi e classifiche personali, giocando e lottando per un senso sportivo più ampio e comune. Magari il circuito professionisti ha privato il gioco di un senso più profondo, rendendolo invece solo egocentrico per via dell’importanza dei nomi e di poco altro, seguendo la logica della classifica e dei conti milionari. Ai giochi invece si gareggia più eticamente, e allora anche la banconista si appassiona proprio perché evento popolare, perché per una volta ogni quattro anni lo sport non è legato anche a gossip, soldi, imbrogli, contratti, bonus.. ma solo alla fatica, al sudore e alla passione. È così?

No, questa tesi potrà anche essere giusta, ma a parere di chi scrive il tennis alle olimpiadi è ricreazionale. In questo periodo si va in vacanza, non si ha voglia di prendere sul serio un torneo dove Davydenko batte Stepanek sull’erba. Ma tanto la campanella sta per suonare. Diciamocelo francamente: non stiamo tutti aspettando l’inizio dello Us Open?

Claudio Giuliani

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