01/09/2012 00:15 CEST - Us Open

Dove può arrivare Laura Robson?

TENNIS - A 14 anni vinceva Wimbledon junior. Ai Championships ha messo in difficoltà Hantuchova e Sharapova. Australiana vissuta quasi sei anni a Singapore, Laura Robson è la nuova speranza britannica. E inizia a sognare a New York. Alessandro Mastroluca

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Laura Robson (Getty Images North America Elsa)
Laura Robson (Getty Images North America Elsa)

A 14 anni Laura Robson era già la regina di Wimbledon, la nuova beniamina del tennis britannico. Al suo primo Slam da junior, nel 2008, riesce a battere Melanie Oudin, testa di serie numero 1, prima di vincere il titolo in finale su Noppawan Lertcheewakarn. Diventa così la prima britannica a vincere Wimbledon junior dopo Anabel Croft, 1984.

Di britannico, però, ha poco. È nata a Melbourne il 21 gennaio 1994, terza figlia di Andrew, dirigente della Royal Dutch Shell, e di Kathy, ex giocatrice e allenatrice di basket. Quando Laura ha 8 mesi, la famiglia si trasferisce a Singapore per arrivare in Gran Bretagna sei anni dopo. Aiutata dalla LTA, si allena a lungo con Carl Maes, ex coach di Kim Clijsters, e con Olga Morozova. A 10 firma un accordo con la Octagon, agenzia di management cui era legato Murray nei primissimi anni di carriera, con Adidas e Wilson.

E’ facile che giocatrici così, bambine prodigio chiamate a reggere pressioni e aspettative, si perdano. Non è il caso di Robson, che a Wimbledon ha iniziato a dimostrare chi è nel 2009. Perde una partita tirata contro Daniela Hantuchova, 36 64 62. Chiude con un doppio fallo, il 14mo, ma come scriveva allora Barry Flatman, “a volte le lezioni dure fanno male alle quindicenni intelligenti e brillanti ma alla fine capiscono che fa tutto parte del processo di educazione. E la fine del processo è sempre un brillante risultato agli esami scolastici e un luminoso futuro”.

Per Laura, che prende lezioni a casa, “è il prologo di una grande carriera” commentava Martina Navratilova.

Passano due anni e ai Championships trova Maria Sharapova. Robson ha 17 anni, la stessa età che aveva Masha quando riuscì nell’impresa di vincere il titolo, nel 2004. La sfida è il manifesto delle difficoltà di emergere per le teenager di nuova generazione, ma è anche il manifesto del potenziale di Laura Robson. Lo descrive bene Virginia Wade, sul Guardian.

“So che chi ha lavorato con lei ha visto in Laura il cuore della combattente. Ha un buon movimento di servizio, ma deve imparare a pensare in ogni punto cosa fare, soprattutto quando ha avversarie solide dall’altra parte della rete. Ha un grande talento alla risposta, vede presto la palla e ha un buon timing. Il movimento è buona, anche se non è naturalmente rapida come potrebbe”.

A un anno di distanza, il ritratto rimane fedele. Il servizio agli Us Open ha funzionato bene, ma a Palermo pochi mesi fa, quando ha raggiunto la prima semifinale WTA in carriera, ha regalato la vittoria con 18 doppi falli. Gli spostamenti, laterali e in avanti, sono decisamente migliorati, appare più libera e più convinta.

Con queste armi ha chiuso il sipario sulla carriera di Kim Clisters e ha eliminato la campionessa del Roland Garros Na Li. Era dal 1998, ricorda il nostro Stefano Rosato, che una britannica non raggiungeva gli ottavi in uno Slam (Samantha Smith, Wimbledon) e dal 1991 allo US Open (Jo Durie).

Il nuovo coach, Zeljko Krajan, le ha fatto capire che il talento non basta, che senza il lavoro non può arrivare lontano. Per ora è numero 89 del mondo, ma il suo viaggio è appena cominciato.

Alessandro Mastroluca

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