09/09/2012 16:55 CEST - US OPEN 2012

Addio SuperSaturday Americani imbarazzati

TENNIS - Pioggia, maltempo, tornadi. Una finale dell’US Open rinviata al lunedì ci poteva stare. Cinque finali rinviate di fila no. Ora una decisione va presa. Da New York, Ubaldo Scanagatta

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US Open ancora tardati per il maltempo (Photo by Alex Trautwig/Getty Images)
US Open ancora tardati per il maltempo (Photo by Alex Trautwig/Getty Images)

Il SuperSaturday ieri è stato un vero fallimento. Una partita che non avrebbe dovuto nemmeno essere giocata, un (quasi) set interrotto per l’arrivo di un tornado, una finale femminile rinviata a oggi (e chissà se si potrà giocarla), la finale del doppio femminile trasferita su un campo dove non sono nemmeno in vendita i biglietti. Insomma un disastro che, di anno in anno si ripete insieme alle piogge che caratterizzano i primi 15 giorni di settembre.

Demenziale nel 1997, quando fu costruito l’Arthur Ashe Stadium, e poi fu tagliato un settore dell’Armstrong, non aver programmato il tetto. Ma demenziale anche aver insistito per tutto questo tempo a non concedersi un giorno di intervallo fra semifinali e finale maschile - e anche fra semifinali femminili e finale femminile - per consentirsi almeno la valvola di emergenza di un giorno di recupero in caso di pioggia.

E ciò al di là dell’aberrazione tecnica scritta mille volte da tutti, ma pretesa dalle tv americane per avere un weekend televisivo di fuoco. Beh da cinque anni ce l’hanno d’acqua, più che di fuoco. E l’aberrazione tecnica è sempre più clamorosa, man mano che il gioco diventa più fisico e i tennisti giocano match-maratone di 4-5-6 ore (com’è successo in Australia fra Djokovic e Nadal).

Ma dall’anno prossimo il SuperSaturday non ci sarà più. Per la gioia anche dei giocatori (salvo che il montepremi, così come il “contributo” televisivo diminuisca). Ieri è stata più che tempestiva la decisione degli organizzatori di rinviare la finale femminile a oggi, ma invece sapendo perfettamente del tornado in arrivo per le 17-18 avrebbero dovuto spostare Djokovic-Ferrer sull’Armostrong.

E’ anche vero che se per caso Murray-Berdych finiva in tre set e in meno di tre ore, anzichè in quasi quattro - senza neppure arrivare al caso estremo dell’infortunio e del ritiro di uno dei due - i 22.000 possessori dei biglietti sarebbero stati gravemente danneggiati per la metà (più di 10.000 sull’Armstrong non ci stanno: ma perché l’hanno fatto più piccolo allora? Così si sono tolti una chance di riserva…) e la stessa CBS ci avrebbe rimesso per non poter mostrare le due finali contemporanee…Ma non ci ha rimesso ancora di più così?
Quanti soldi hanno perso gli americani in questi 5 anni? Dicono che sia stato un bagno di sangue. E quanti ne perderanno ancora se non si sbrigano a prendere provvedimenti, a dotarsi di un tetto? Oltretutto anche per gli sfortunati spettatori non ci sono nemmeno molti posti coperti dove ripararsi.

Anche ai giocatori non piace molto essere confinati in un campo secondario, ora che questo è diventato davvero secondario. Il chairman della CBS, che ha più peso nel torneo della stessa USTA, Sean McManus, ha confermato quanto Ubitennis aveva scritto nei giorni scorsi. E cioè che l’US Open avrà un giorno di riposo fra semifinali e finali come tutti gli altri Slam.

Potrebbero giocarsi al sabato le semifinali e al lunedì la finale (così a me toccherà prenotare il volo di ritorno al mercoledì, perché un giorno di comporto converrà sempre tenerselo) perché quella è forse l’opzione preferita dalla tv (il lunedì sera c’è maggior audience televisiva che il venerdì pomeriggio e sera), oppure al venerdì e alla domenica come dappertutto. Le donne potrebbero giocare semi al giovedì e finale al sabato, oppure venerdì e domenica.

Anche Parigi non ha il tetto, ma lo hanno pianificato (e lo avrebbero già fatto se non avessero perso a favore di Londra le Olimpiadi 2012), e comunque - a parte il fatto che su Parigi non incombono i tornado - sulla terra rossa è più semplice sia coprire il campo con i teloni, sia che l’acqua si assorba senza bisogno di ricorrere a macchine asciugatrici e a decine di inservienti con scope ed imbarazzanti asciugamani.

Il SuperSaturday cominciò l’anno in cui per l’appunto io venni per la prima volta a seguire l’open degli Stati Uniti: nel 1984. Ne ho seguiti 29 di fila. Con le due semifinali che furono giocate, di cinque set entrambe, prima Lendl che battè Cash annullando un matchpoint e con due dei cinque set conclusi al tiebreak, poi McEnroe che battè a tarda ora Connors, dopo che la Navratilova aveva superato in tre set la Evert rimontandola, fu un successo clamoroso e una giornata memorabile. Forse la più bella mai vista. Fu battezzato SuperSaturday sulla scia del SuperBowl…e non a torto.

Si pensò allora che McEnroe, che finì di giocare tardissimo (23 e 16 minuti, 12 ore e 16 minuti dopo l’inizio del SuperSaturday quindi) sarebbe stato danneggiato per aver riposato molto meno di Lendl, ma l’indomani invece vinse proprio McEnroe, vendicando la sconfitta patita al Roland Garros quando per due set aveva dominato.

Tutti contenti salvo Martina e Chris, che si lamentarono tantissimo per l’incertezza dell’orario di inizio della loro finale e per la lunga attesa nello spogliatoio. Dovettero infatti aspettare i 5 set di Lendl e Cash per entrare in campo. “Per una finale non è giusto” protestarono vibratamente.

Tre anni dopo, 1987, successe di tutto: le semifinali femminili sforarono, il tg della CBS slittò, il celebre anchorman Dan Rather lasciò gli studi infuriato e quando il match si concluse all’improvviso per 6 minuti la CBS mandò in onda una macchia nera. Mai successa una cosa simile. Fece scalpore e scandalo in tutti gli Stati Uniti.

Non finì così: il giorno dopo, causa solito maltempo in arrivo, gli organizzatori programmarono il match che a loro (e alla tv interessava meno) Wilander-Edberg alle dieci del mattino e Connors-Lendl a seguire. I due svedesi, per solito mostri di correttezza e tutt’altro che ribelli, non gradirono per nulla e a bella posta arrivarono in ritardo. Da parte loro un gesto clamoroso.

Poi anche le donne si sono trovate a giocare la loro finale di domenica, ma anche lì non erano contente di far da prologo a quella maschile. E hanno poi preferito accettare l’idea di giocare venerdì e sabato, ma di sera, dopo le due semifinali maschili. Con i vari Williams-show sarebbe stato un successo se non fosse che dal 1996 - quando Steffi Graf battè Monica Seles di domenica in due set ma grazie anche ad un errore arbitrale nel primo - tutte le finali femminili sono durate soltanto due set, piuttosto poco per chi si fosse sobbarcato il viaggetto da Manhattan (o da più lontano) a Flushing Meadows pagando un biglietto salato.

Ora se il SuperSaturday sparisce la tv potrebbe voler pagare meno. Ma i giocatori, che già si lamentano dei guadagni eccessivi che fanno gli Slam, non accetteranno mai una riduzione del montepremi. Loro vorrebbero sempre la botte piena e la moglie ubriaca. Ma d’altra parte è anche vero che la percentuale del montepremi rispetto ai ricavi dell’US Open è piuttosto irrisoria, inferiore al 20 per cento. Eppure gli attori dello show sono loro.

Insomma l’eventuale taglio di sponsorship proveniente da CBS, ESPN, Tennis Channel, ricadrebbe sull’USTA, che d’altra parte dovrà anche cominciare a preoccuparsi di salvare la faccia.

C’è anche chi dice, va riferito, che in tanti altri sport outdoor il maltempo fa parte delle variabili: quante regate dell’America’s cup furono sospese quando ero in Nuova Zelanda a seguire Luna Rossa, nel 2000 come nel 2003, perché mancava il vento o ce n’era troppo? E quante gare di golf sono state rinviate? E anche in altri sport, calcio compreso (anche se per esso a volte - salvo che in caso di nevicate furibonde - si sono viste, come quel famoso Perugia-Juventus, partite giocate con campi impraticabili) a quanti rinvii abbiamo assistito senza che nessuno si strappasse i capelli?

I problemi per il tetto all’US open sono notoriamente i seguenti (riassumo):
1) Il suolo paludoso che non reggerebbe un tetto molto pesante che coprisse l’Arthur Ashe, stadio molto spanciato. (non, come, ad esempio, quello nuovo costruito al Foro Italico).
2) appunto le caratteristiche dell’Ashe Stadium che è più largo all’ultimo anello 5 volte di quello di Wimbledon.
3) I problemi legati all’aria condizionata che andrebbe assicurata visto che la temperatura, spesso ben più alta che a Wimbledon dove pure sotto il tetto si suda e c’è grande umidità, aumenterebbe considerevolmente, si dice intorno ai 15 gradi. Sarebbe irrespirabile in certe giornate senza un impianto di condizionamento pazzesco.
4) Tutto lo stadio con un tetto a quel modo, e un impianto a quel modo, sarebbe sicuro per gli spettatori?
Per questo l’altro giorno Chris Widmaier, capo della comunicazione USTA, mi diceva l’altro giorno: “Noi speriamo che ingegneri ed architetti brevettino un tetto fatto con materiale leggerissimo…prima o poi ci riusciranno”.

Già, ma prima o poi?

Ubaldo Scanagatta

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