24/09/2012 19:32 CEST - Interviste

Tarpishchev: “Il tennis russo non ha futuro. Costa troppo”

TENNIS - Shamil Tarpishchev e la crisi del tennis russo. "In Davis non ho portato Youzhny perché me l'ha chiesto il suo coach" dice. "Non abbiamo soldi. Kukushkin, Golubev e Korolev sono andati via perché qui non potevano continuare" Alessandro Mastroluca

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Shamil Tarpishchev (foto Golovanov/Kivrin)
Shamil Tarpishchev (foto Golovanov/Kivrin)

In Unione Sovietica il tennis era considerato uno sport borghese. Se negli anni quest’immagine è radicalmente cambiata buona parte del merito è di Shamil Tarpishchev, che ha portato il tennis all’interno del Cremlino. Boris Yeltsin, che da giovane era stato un ottimo pallavolista, inizia a giocare a tennis per combattere lo stress e si appassiona a tal punto a questo sport da chiamare Tarpishchev, già capitano della squadra sovietica di Coppa Davis dal 1974, come suo maestro personale, e nel 1992 lo nomina Ministro dello Sport.

L’anno successivo è Tarpishchev a proporre una riforma che consente ai club sportivi di non pagare le tasse sull’acquisto di alcol e tabacco. Nel 1996 torna capitano di Davis, carica che mantiene ancora oggi. Nel 1997 viene nominato consigliere del presidente della federazione per lo sport e l’educazione fisica. Su suo suggerimento, vengono preparati 36 decreti e 44 disposizioni in materia di sport e fitness. Due anni dopo diventa presidente della federazione russa, nel 2002 assume anche la carica di capitano di Fed Cup ed entra nel Presidio della Cultura Fisica e Concilio dello Sport.

Laureato in filosofia, Tarpishchev ha vissuto il momento migliore del tennis russo, all’inizio degli anni 2000, ha guidato la nazionale di Safin e Youzhny alla conquista della Davis nel 2002 con la memorabile rimonta finale di Youzhny su Mathieu, ha vissuto i trionfi di Sharapova, Safina, Kuznetsova e Myskina. E ora attraversa il periodo più buio.

Eloquente l’ultimo match di Davis, uno 0-5 contro il Brasile che ha condannato la Russia alla retrocessione dal World Group, la prima dal momento del crollo dell’Urss. Contro il Brasile, il capitano ha addirittura convocato Stanislav Vovk, ben oltre il numero 400 del mondo. I motivi li spiega in una lunga intervista a Ria Novosti. “Chi altri avrei potuto chiamare? Il padre di Kuznetsov mi ha chiesto di non convocarlo. Innanzitutto mi ha detto che aveva un dolore a una gamba e non avrebbe retto cinque set. E poi, sta faticando a entrare nei primi 100, non è in forma. Sarebbe stato assurdo farlo volare in Brasile per giocare solo il doppio e costringerlo poi a saltare due o tre settimane nel circuito. Gli ho fatto un favore. Donskoy voleva giocare. Ma ha lo stesso problema di Kuznetsov, entrare nei 100. Non hanno abbastanza esperienza in partite di questo tipo, non ci avrebbero aiutato a battere il Brasile”.

E Youzhny? Anche lui, l’eroe di Bercy, voleva giocare. “Ma nessuno mi ha chiamato, nessuno me l’ha chiesto” ha detto a RIA Novosti. Tarpishchev dà un’altra versione. “Mikhail non dovrebbe giocare con la verità. Ho discusso la questione con il suo allenatore, Boris Sobkin e lui mi ha detto che non avrebbe avuto senso chiamarlo perché c’erano un sacco di problemi. Non dimentichiamo che durante le ultime competizioni a squadre, comprese le Olimpiadi, non c’è stata una sola occasione in cui i giocatori non abbiano chiesto una compensazione per il fatto che giocando avrebbero saltato i tornei successivi. E noi non abbiamo tutti questi soldi. E poi, se voleva giocare, perché non ne ha discusso con Sobkin? Parlo sempre prima con i coach”.

Dirty, sexy money
“Il tennis contraddice i metodi di allenamento” prosegue Tarpishchev. “Perché dovrebbero esserci 18 punte di rendimento in un anno, competizioni a squadre escluse. Un giocatore deve passare 34-36 settimane ai tornei. Chiunque può capire quanto costi tutto questo. Contrariamente ad altri sport, come l’hockey o il calcio, nessuno finanzia i tennisti”.

I problemi, sottolinea il presidente federale russo, crescono quando un giocatore supera i 14 anni. “Fino ad allora, l’attività costa 50 mila dollari l’anno. Ma mantenere un giocatore di 16 anni costa 200 mila dollari l’anno. Ecco perché in tanti si fermano a quest’età”. Non è il talento, insomma, che manca: “Negli ultimi 10 anni, abbiamo vinto otto campionati europei giovanili”, sottolinea. “se prendete il nostro budget e quello, per esempio, degli Usa e poi i risultati, credo che la nostra efficacia sia molto maggiore, indipendentemente da tutte le nostre difficoltà”.

Difficoltà che stanno crescendo negli ultimi anni, e soprattutto stanno finendo per coinvolgere anche la base del movimento tennistico russo. “A parte Mosca e San Pietroburgo, organizziamo solo tornei giovanili. Poi nessuno vuole più allenare. Eppure abbiamo un gruppo scientifico che è tra i migliori del mondo, abbiamo metodi di alto profilo, ma nessuno li applica. Faccio un esempio: una qualità come la velocità si sviluppa al meglio tra i 7 e i 9 anni. Ma normalmente, con bambini di quell’età, si creano gruppi di 16 elementi. Ma che lavoro puoi fare con 16 bambini di 7-9 anni? E se manchi quel periodo, hai perso almeno la metà di quelli che avrebbero potuto diventare dei buoni atleti”.

I problemi della base
C’è poi il problema dei club. Dal 1988, quando il tennis è tornato nel panorama degli sport olimpici e dunque nei radar dei finanziamenti statali, al 2004, il numero dei campi è decuplicato, da 200 a 2500. Un sistema trainato dallo storico Spartak di Mosca, da cui sono usciti Kournikova, Myskina e Safin. Ora, soprattutto nella capitale, il processo è inverso. Quattro campi sono stati chiusi, lo storico impianto con piscina all’aperto della Chaika sarà rimodernato: i nuovi proprietari della Bank Moskvy hanno in progetto di demolire i campi da tennis per far posto a un centro fitness con un’area per bambini.

“Se la situazione non cambierà” sostiene Tarpishchev, “non resta che allenare solo alcuni giocatori, preparare 5-6 tennisti, non cercare di sviluppare il tennis ovunque. C’era anche un accordo per aprire un’università per la preparazione atletica sotto l’egida dell’ITF, ma non abbiamo abbastanza soldi. Ora, la preparazione sarà organizzata attraverso l’università statale di educazione fisica. C’era anche il progetto di costruire 12 accademie da Mosca al Volga. Sulla carta è tutto pronto, ma ci serve supporto economico”.

Così, non può essere un caso che Mikhail Kukushkin, Andrey Golubev e Evgeni Korolev siano passati al Kazakistan in cambio di sostegno, tanto finanziario quanto logistico. La chiosa di Tarpishchev è amara. “Li abbiamo lasciati andare perché non avevamo abbastanza soldi. Se non avessimo fatto così, avrebbero dovuto smettere di giocare a tennis. Questo è sicuro”.

Alessandro Mastroluca

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