04/10/2012 14:34 CEST - Rassegna

Sorpresa, al Parioli ecco Becker (La Gazzetta dello Sport Roma); Arese, un campione anche nel business (Monti)

4 ottobre 2012

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Sorpresa, al Parioli ecco Becker

La Gazzetta dello Sport Roma del 4.10.2012

Bum Bum Becker a Roma. Oggi pomeriggio il campione tedesco, numero 1 del mondo nel 1991 e vincitore di sei prove del Grande Slam, sarà protagonista di una clinic sui campi del Tennis Club Parioli. Boris Becker è ancora oggi il più giovane vincitore della storia di Wimbledon (nel 1985 aveva solo 17 anni). II campione tedesco, ritiratosi ufficialmente nel 1999 con 49 titoli Atp all'attivo, torna a Roma a 18 anni di distanza dalla finale disputata al Foro e persa contro Sampras. Becker è oggi uno dei più apprezzati commentatori di tennis ed è grande appassionato di poker (è stato tra i protagonisti dell'ultimo European Poker Tour).

Arese, un campione anche nel business

Fabio Monti, Corriere della Sera Italie del 4.10.2012

La storia è cominciata trent'anni fa. A raccontarla è Franco Arese, presidente di Asics Italia spa: «Ho fatto I'Isef, insegnavo educazione fisica e vivevo a Torino; a una fiera di scarpe incontrai un amico, che distribuiva Asics in Grecia. Chiesi se erano già arrivati in Italia. Mi spiegò che c'era un distributore a Bolzano, ma che non erano soddisfatti. Così mi proposi. Andai a parlare con il manager giapponese che guidava il gruppo, che mi affidò l'incarico dopo sei mesi. Nel luglio 1982, iniziammo in quattro: mia sorella, mia moglie, un magazziniere e io. Non avevo un vero e proprio excursus imprenditoriale: a 38 anni mi sono rimboccato le maniche e qualcosa di buono l'abbiamo costruito tutti insieme. Ha avuto un ruolo importante mio fratello, Piero, che lavora con me, come il mio terzo figlio, Enrico, che ha 22 anni. Il più grande, Emanuele, è anche lui all'Asics, ma ad Amsterdam».
Asics è l'acronimo di Anima sana in corpore sano, variazione sul tema di quanto scritto da Giovenale nella Satira X. Fondata nel 1949 dal giapponese Onitsuka, oggi è una delle aziende leader nel mondo nella produzione e vendita di scarpe, abbigliamento e accessori sportivi e ha aziende sussidiarie in tutto il mondo. Ce n'è per tutti i gusti e gli sport: il running, il tennis, la pallavolo, il calcio, il fitness. Asics Italia è sistemata a Madonna dell'Olmo, frazione di Cuneo e non è una scelta casuale: «Quando abbiamo cominciato, avevamo pensato a una soluzione più centrale; ad esempio, Torino o anche Milano, ma alla fine abbiamo scelto Cuneo e non solo perché io sono nato a Centallo, che è a dieci chilometri, ma perché c'erano tutte le condizioni per fare un buon lavoro in una situazione ideale. Abbiamo trovato una location splendida nel 1986 e non ci siamo più mossi da lì. Nel nostro lavoro, abbiamo cercato di mettere il meglio di quello che da sempre è lo spirito piemontese: serietà, impegno, concretezza, voglia di fare e di lavorare, attenzione a ciò che siamo, ma aperti alle novità e al futuro. E poi efficienza, attenzione, cura dei particolari. Credo che questo rappresenti un po' la sintesi dell'orgoglio di sentirsi piemontesi.
Negli anni, Asics Italia si è fatta conoscere anche attraverso alcune sponsorizzazioni importanti. Ancora Arese: «Fra quelle che mi hanno dato più soddisfazione, resta l'accordo triennale che avevamo raggiunto con la Sampdoria nel 1990. È stata la prima vera sponsorizzazione che abbiamo realizzato nel mondo del calcio, dopo un accordo fra me e Paolo Mantovani. E al primo anno è arrivato lo scudetto. Ma è stata una collaborazione che è andata oltre il semplice accordo commerciale, e non solo perché siamo arrivati anche a Vialli e Mancini: due dei miei tre figli tifano ancora per la Sampdoria». Oggi Asics ha molto allargato il cerchio delle sponsorizzazioni: insieme con Di Natale e Giaccherini, ci sono Lemaitre, il miglior sprinter europeo e nel tennis Monfils e Stosur. Arese viene dall'atletica; l'ha praticata ai massimi livelli per quindici anni: «È stata un'esperienza fondamentale per diventare un imprenditore e questo al di là del fatto che, nel mondo del lavoro, ho potuto conservare la mia passione per lo sport. Ho cominciato a correre quando avevo 17 anni e non ho ancora smesso. Sono sempre di corsa, perché so che non è possibile fermarsi. L'atletica mi ha insegnato che cosa significhi prepararsi seriamente, allenarsi alla fatica, non perdere tempo, lavorare tutti i giorni, anche quando non hai voglia. Me ne sono andato da casa, con il diploma da ragioniere, quando avevo vent'anni, per trasferirmi da Cuneo a Varedo, alla Snia, il club per il quale correvo. Niente di drammatico, ma nemmeno una situazione allegra. Quando finivo di lavorare, mi allenavo nella nebbia. Ho imparato a soffrire. L'atletica mi ha portato in giro per il mondo: ho conosciuto tanta gente, ho imparato l'inglese, quando non era di moda. Ancora oggi c'è chi si ricorda della mia vittoria all'Europeo di Helsinki nel 1971 e io, grazie all'atletica, ho capito molte cose».
Essere manager oggi è più difficile di un tempo, ma Arese resta ottimista: «Viviamo anni durissimi e altri ci aspettano. Bisogna avere coraggio e non prendere tutti i profitti, ma lasciarne molti in azienda. Noi abbiamo fatto così ed è anche per questo che andiamo avanti. Io ho trovato dipendenti che hanno ancora voglia di lavorare. A tutti dico: dobbiamo metterci in mente che non si può più vivere come una volta, ma stiamo attenti a non provincializzarci e a non piangerci troppo addosso. La crisi c'è e lo vediamo, ma impegnandoci tutti, ci sono i margini per uscirne e per rendere meno complicata una situazione che semplice non è. Occorre mettersi ogni giorno in discussione. E anche in questo aver fatto atletica mi aiuta. Se ti sei allenato bene, hai la forza per superare i momenti di crisi. E ripartire».

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