16/12/2012 10:06 CEST - ATP

McEnroe: "Togliamo il riscaldamento"

TENNIS - Le tv di tutto il mondo insistono nell’idea di voler accorciare i match di tennis per farli “digerire” meglio ai palinsesti tv. Le idee sono tante e John McEnroe dice la sua. Ubaldo Scanagatta

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targa commemorativa dello storico match tra Isner e Mahut (Photo by Oli Scarff/Getty Images)
targa commemorativa dello storico match tra Isner e Mahut (Photo by Oli Scarff/Getty Images)

Le tv generaliste, e non solo quelle, continuano a protestare per l’impossibilità di sistemare i loro palinsesti quando c’è di mezzo il tennis. Le partite, e non solo quella di Isner-Mahut 70-68 al quinto al Wimbledon di due anni fa, durano troppo, o possono durare troppo senza preavviso.

In passato parecchie proposte sono state fatte per accorciarle e naturalmente le tv più sensibili sull’argomento sono quelle americane. Non a caso l’US Open è il solo dei quattro Slam ad aver adottato il tiebreak anche nel set decisivo.

Certo ci saremmo persi match straordinari, non solo Isner-Mahut che durò tre giorni, e nemmeno il Roddick-El Ayanoui di un Australian Open finito 21-19 al quinto, così come il Federer-Roddick 16-14, il Federer-Del Potro 19-17, ma anche i vari 9-7 al quinto fra Nadal e Federer a Wimbledon, fra Ivanisevic e Rafter eccetera eccetera.

Qualche anno fa si era parlato di giocare sempre tre su cinque sul circuito Atp, ma con il tiebreak già sul 4 pari. Così si sarebbero avuti più momenti di grande interesse e suspense. “Ma - spiegava a Londra Greg Rusedski che mi ha rilasciato anche un’interessante intervista sul mondo junior, sui successi dei giovani britannici, sulle sue opionioni riguardo al nostro Quinzi (pubblicherò quest’intervista nei prossimi giorni) - può bastare un break ed un set è già pressochè finito se basta arrivare per primi a 4 per vincerlo. Troppo poco il tempo per recuperare.”

Chi sarebbe più contrario a queste innovazioni? I migliori giocatori. Per loro le cose vanno bene così, perché cambiarle? Più dura un match e più è facile che alla fine prevalga il più forte. Il più forte preferisce quasi sempre il tre su cinque al due su tre. Con certi giocatori (non solo Karlovic o Isner) è più facile perdere un set o due, al tiebreak o dopo essersi distratti in un game del proprio servizio, che non tre set. Ricordo che quando Nadal si era trovato sotto con Isner a Parigi, non appena riuscì ad arrampicarsi al quinto set ebbe un sospiro di sollievo. “Con un quinto set senza tiebreak penso che prima o poi il break l’avrei fatto più facilmente io a lui che lui a me”.

L’esperimento dei tre su cinque con fine del set a chi arriva prima a 4 games con due di scarto, o altrimenti al tiebreak sul 4 pari, fu condotto in Francia diversi anni fa, in sette tornei Futures.

Chi lo giocò disse che lo stress fu fortissimo, perché anche sulla terra rossa subire un break era un handicap spesso insormontabile, e quindi lo sforzo di concentrazione molto più elevato.

Così come non c’è dubbio che i game che finiscono ai vantaggi, quando ci sono le tante palle break magari, sono quelli che - nel tennis maschile dove i break sono rari - riservano le maggiori emozioni. Ma anche il punto secco, il no-ad, con il giocatore che risponde che decide se vuole rispondere da sinistra oppure da destra (e sceglierà quasi sempre di rispondere da destra se il battitore è mancino) sarebbe un momento chiave sotto il profilo delle emozioni. E sarebbe interessante anche per capire dov’è che un giocatore si sente più forte, o dov’è che crede sia più debole il battitore.

In doppio il set decisivo trasformatosi in un long-tiebreak a 10 punti è stato molto contestato all’inizio, ma ora però è accettato abbastanza tranquillamente. Anche perchè alcuni doppisti che vanno per la maggiore sono anzianotti, Mirnyi, Nestor, Paes, Stepanek, gli stessi Bryan non sono più bambini. Eppoi putacaso qualche volta i singolaristi top-player decidessero di cimentarsi in un torneo di doppio, bel il fatto che il match duri di meno, massimo due set e un long tiebreak, può essere un incentivo a giocarlo.

Ma c’è una cosa cui nessuno prima di John McEnroe, sempre “rebel with a cause”, nessuno aveva mai pensato e proposto: “Perché mai i giocatori si devono riscaldare davanti alle telecamere? A volte dal momento in cui due tennisti entrano in campo al momento in cui si gioca il primo punto trascorrono quindici minuti…Non potrebbero riscaldarsi su un campo contiguo? Immaginate che in una partita di calcio (o qualsiasi altro sport) prevista per le 20,30, con tutte le televisioni del mondo collegate, le partite cominciassero 15/16 minuti più tardi! Se una tv trasmette due semifinali nello stesso pomeriggio, o addirittura 4 quarti di finale nella stessa giornata, mezzora o un’ora è persa dagli spettatori (e da altri programmi) perché i tennisti palleggiano.

Che si riscaldino invece su un altro campo, poi arrivino sul campo dove devono esibirsi, facciano il sorteggio e comincino subito. In tutti gli sport si fa così, perche lo stesso discorso non può valere anche per il tennis?”.

Ubaldo Scanagatta

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