27/01/2013 09:09 CEST - Australian Open

La prima volta di un inviato agli Australian Open

Tennis - Il racconto di un debuttante nello Slam della terra dei canguri. Da Melbourne, Angelo Lo Conte.

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Melbourne Park
Melbourne Park

La mia prima volta a Melbourne è stata il 9 Luglio del 2011: inverno, freddo e tanta pioggia. Arrivavo da Sydney per trascorrere qualche giorno prima di partire per la Nuova Zelanda, domandandomi cosa potesse offrire di bello questa città che ormai da quattro anni è universalmente ritenuta come quella con il miglior indice di vivibilità al mondo. Per motivi professionali avrei potuto fiondarmi alla National Gallery of Victoria per vedere Memling e Correggio, andare a prendere regali ad amici e parenti al Queen Victoria Market, salire su un bus e andare a visitare i 12 Apostoli. Nessuna di queste possibilità avrebbe però potuto modificare il programma del mio primo giorno: Melbourne Park, Rod Laver Arena, i luoghi degli Australian Open.

Il 9 Luglio del 2011 ho pagato 15 dollari per visitare le aree interne del complesso, per vedere la sala stampa, le coppe, il corridoio dei giocatori e per sapere che a Melbourne Djokovic utilizza l’armadietto numero tre mentre Federer non abbandona mai il quattro. Se qualcuno mi avesse detto che esattamente un anno e mezzo dopo avrei avuto libero accesso a tutte quelle aree, che avrei avuto un accredito e che sarei stato un inviato agli Australian Open avrei riso di gusto, certamente non tralasciando il fatto di invitare il fantomatico, fantasioso interlocutore a farsi visitare da uno bravo, ma bravo sul serio.

Invece il mondo è bello perché è pieno di sorprese. Nel luglio 2012 sono tornato a Melbourne in pianta stabile (per qualche anno) e ho deciso di provare a contattare il direttore Scanagatta (che non finirò mai di ringraziare) per chiedergli se potevo essere in qualche modo d’aiuto per questo sito che da 5 anni è il mio punto di riferimento tennistico.

Ne è nata una collaborazione che da Luglio è sbocciata in un’esperienza che sta per concludersi e che già mi manca: l’espressione alla massima potenza della passione di una vita. E’ stato un po’ come ruzzolare nella tana del Bianconiglio: una caduta libera nella quale le sorprese non finiscono mai. . un giorno credi ormai di aver visto tutto, poi ti ritrovi con Federer in ascensore e con Djokovic che ti saluta mentre fa stretching. Ci si stropiccia gli occhi giusto per capire se si è svegli, si appura che lo si è e si va avanti.

La vita dell’inviato è una non vita, per due settimane. Esci di casa alle otto del mattino e non hai la più pallida idea di quando tornerai. Nelle ultime due settimane ho visto la mia coinquilina due volte, per pochi minuti. Si mangia quando capita, ci si riposa se capita, si vede tanto tennis ma si spende molto più tempo al desk a scrivere e aggiornare articoli. Partite, interviste, conferenze stampa, aggiornamenti, corri, chiedi, scrivi. Confesso che quando leggevo Ubitennis da casa non avevo la benché minima idea di quanto ci sia da fare nella sala stampa di un Grande Slam, soprattutto nella prima settimana. Si vive insieme ai colleghi, si diventa una famiglia senza nazionalità, si vive tutto il giorno sotto lo stesso impianto, si diventa parte del carrozzone.  Dopo un paio di giorni ti abitui al vivere a contatto con i giocatori e a respirare  tennis dall’alba a notte inoltrata; l’unica cosa alla quale non ci si può proprio abituare è la presenza del Prof. Clerici che ogni mattina passa a salutare i suoi giovani “colleghi” italiani. I brividi sono sempre gli stessi del primo giorno.

E’ ovvio che un dilettante allo sbaraglio commette tanti errori a meno che non sia ben guidato. Sebbene ci sia stata la sfortuna di non avere qui presente il nostro direttore (che comunque è stato prodigo di consigli ed incoraggiamenti per tutto il torneo), sia io che Roberto Salerno, entrambi alla prima esperienza, siamo stati magistralmente diretti da Daniele Malafarina che ha messo a nostra disposizione la sua organizzazione, esperienza, e tranquillità. Mi permetto di dire che se nel suo lavoro è bravo la metà di quanto è stato capace a gestire un dilettante allo sbaraglio è atteso da una grande carriera.

E’ a lui quindi che va il mio più grande ringraziamento, insieme al direttore che mi ha regalato questa esperienza fantastica e a Roberto Salerno, una penna vera, di altissima qualità. Un grazie a chi ci ha letto, a chi ha seguito e commentato il live, a chi ha espresso opinioni e anche chi si è goduto in silenzio questa orgia di tennis.

Io spero di essere qui l’anno prossimo, di fare altri giri sulla giostra, di provare a fare un lavoro migliore di quello fatto quest’anno.  Il tennis visto da dentro è qualcosa di diverso, molto meglio di come lo avrei immaginato.  Parola di un lettore di Ubitennis.
Alla prossima, Angelo.

Angelo Lo Conte

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