28/01/2013 18:05 CEST - AUSTRALIAN OPEN 2013

Andy e l'asticella irraggiungibile

TENNIS - Pur avendo giocato le ultime tre finali Slam e vinto un major, otto 1000 e un oro olimpico, le critiche a Murray tornano a infiammarsi ad ogni ko dello scozzese. Mostrando poco rispetto per un campione. Federico Romagnoli

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Andy Murray
Andy Murray

No, lo scozzese non mi paga. Se sovente scrivo articoli in sua difesa, è perché personalmente mi piace vedere il tennis in maniera costruttiva.

Nella mia lettura dello sport in questione, uno dei pochi che riesca a appassionarmi veramente (sono immune al calcio), sono due i punti fondamentali: primo, il riconoscimento di un canone estetico con cui potersi schierare (detto terra terra: l'individuazione del tennista – o dei tennisti – rispondente al proprio gusto). Fin qui nulla di particolare.

Secondo, il riconoscimento del valore dell'antagonista. Perché senza questo viene meno anche il valore del proprio beniamino. Questo punto è davvero fondamentale, eppure sempre più spesso leggendo e ascoltando le discussioni fra gli appassionati di tennis questa prospettiva sembra non esistere.
Sempre più frequente è la gara volgare e infantile a sminuire i meriti e il valore di colui che si trova dall'altra parte della rete rispetto al proprio preferito.

Andy Murray continua purtroppo a essere una delle vittime sacrificali preferite di questo giochino. Andy Murray è incolpabile di qualsiasi cosa: in sostanza, è un tacchino. Un tacchino che ha vinto uno Slam, un oro olimpico e otto Masters 1000.
Fino a prima che vincesse uno Slam, era un tacchino perché non ne aveva mai vinto uno. Tutti affermavano che doveva assolutamente provare di essere capace di vincerne uno, o il suo valore non sarebbe mai stato riconosciuto.

Io invece ero sicuro che anche qualora l'avesse vinto, i suoi denigratori avrebbero alzato l'asticella delle pretese: averne vinto uno non sarebbe quindi più stato sufficiente, ma avrebbe dovuto anche fare dell'altro.

Così è avvenuto, ma state pure tranquilli: se in futuro farà dell'altro, anche quello non basterà, perché avrebbe potuto fare di più, e così via, l'asticella delle pretese andrà sempre ad alzarsi, ma i suoi meriti di grandissimo tennista e combattente non verranno mai riconosciuti.

Ho scritto combattente? Sì, l'ho scritto. Andy Murray è un combattente. Non è Jimmy Connors ovviamente, non è Rafael Nadal, non è neanche Roger Federer. Ma fino all'anno scorso arrivava sempre in fondo, battendo chiunque all'infuori dei big three.

Poi gli è capitato di battere Djokovic: non vale, c'era il vento. Ma perché, il vento c'era solo per Djokovic? Il gioco di Murray non viene penalizzato dal vento? Teoria simpatica, visto che lo scozzese venne annientato da Nadal a Indian Wells proprio a causa del vento. Però non si sa perché, quella sera a Flushing Meadows il vento penalizzò solo Djokovic.

Poi gli è capitato di battere Federer in un incontro tre su cinque, ma non valeva perché erano le Olimpiadi e Federer era stanco dalla partita con Del Potro. Il fatto che Murray in semifinale avesse liquidato in un tempo decisamente minore un avversario più forte di Del Potro a quanto pare non contava.

Per togliersi definitivamente le castagne dal fuoco Andy ha quindi pensato bene di battere Federer in un incontro tre su cinque, questa volta in un torneo dello Slam. Anche in questo caso però ha sbagliato: ci ha messo ben cinque set a batterlo, un vero scandalo, una cosa ignobile, che dimostra senza possibilità di appello che un Federer più giovane l'avrebbe distrutto.

Mutatis mutandis, un Agassi più giovane avrebbe distrutto il Federer del 2004, visto che il buon Roger impiegò cinque set per batterlo a New York. Come? In quel caso non vale? Lo sospettavo.

Io invece, nella mia visione romantica del tennis che accennavo all'inizio, ritengo che, così come la vittoria di Federer su Agassi nel 2004 è stata assolutamente lodevole, altrettanto lo siano le recenti imprese di Murray: ha battuto Federer, in una partita epica di cinque set. Chapeau. Ha battuto Djokovic lo scorso anno, in un'altra partita epica di cinque set. Chapeau.

Ci ha perso più spesso di quanto ci abbia vinto? Sì, ma dal momento che vale per qualunque altro tennista del circuito dal numero 5 in giù, e che a parte Nadal, Federer e Djokovic, nessuno fra i tennisti attuali ha un curriculum paragonabile al suo, sarebbe forse ora di iniziare a rispettarlo? Sarebbe forse ora di iniziare a appellarlo come "campione", quale a tutti gli effetti è? Sarebbe forse ora di piantarla con tacchini, burri e mozzarelle, e di mostrare un po' più maturità e rispetto?

Soprattutto: sarebbe forse ora di capire che ogni volta che lo si scredita, si stanno di conseguenza screditando anche i trofei che gli altri tre big hanno vinto battendolo?

Federico Romagnoli

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