06/03/2013 18:33 CEST - Personaggi

Fish: il sorriso dopo la paura

TENNIS - Mardy Fish è tornato in campo per il LA Challenge, un'esibizione con Djokovic. Non giocava dagli US Open, dal walkover prima degli ottavi con Federer. Il suo annus horribilis, tra un cuore matto e la paura di morire. L'aiuto della moglie Stacey e i nuovi orizzonti. Alessandro Mastroluca

| | condividi
Mardy Fish
Mardy Fish

“E' stato un bel test, dal punto di vista fisico e mentale”. Chiunque avesse detto queste parole davanti agli 8.500 spettatori del Pauley Pavilion della UCLA dopo aver contro Djokovic un set da otto game giocato per beneficenza, sarebbe apparso esagerato e fuori luogo. Ma il protagonista del match, e co-organizzatore dell'LA Challenge insieme all'amico Justin Gimelstob, è Mardy Fish, tornato al tennis dopo sei mesi (non gioca dagli Us Open, dal walkover prima dell'ottavo di finale contro Roger Federer) e alla normalità dopo un anno scandito da un cuore matto e dalle tenebre della paura di morire. E allora quelle parole hanno tutto un altro significato, raccontano la luce alla fine del tunnel.

L'annus horribilis di Mardy Fish inizia a febbraio, durante la sfida di Coppa Davis di Fribourg contro la Svizzera che esalterà John Isner. Si alza di notte col battito accelerato, con le palpitazioni e corre in camera del suo fisioterapista personale, Christian LoCascio. Di lui si fida, già una volta l'ha riportato alla “vita tennistica” facendogli perdere 30 chili con un programma di allenamento che comprendeva crioterapia, stimolazione elettrica, ultrasuoni e una serie di esercizi nella piscina della squadra di pallanuoto della UCLA. L'exploit su Wawrinka in Davis non cancella i dubbi di Fish sul futuro. “Non sono sicuro se voglio ricominciare domani a passare sei ore al giorno su un campo da tennis oppure se prendermi un mese di vacanza”. Per superare il periodo negativo si rivolge a un coach mentale, “ma possiamo dire che non ha funzionato”.

A Key Biscayne arriva il punto più alto del suo 2012 tennistico, i quarti di finale che però perde nettamente da Monaco, e insieme il punto più basso dell'anno. “E’ stata un’esperienza terrificante, il panico si era impossessato di me” ha raccontato l'anno scorso a USA Today. “Per mezz'ora ho pensato di morire. Era come se il cuore stesse per schizzare fuori dal mio petto. Durante il giorno era tutto normale, ma di notte, mentre dormivo, all’improvviso il mio battito cardiaco aumentava fino a 150-180 battiti al minuto [circa tre volte il battito normale per un atleta a riposo] senza alcuna particolare spiegazione. “Ero spaventato a morte, non riuscivo a coricarmi per paura che succedesse di nuovo, non volevo assolutamente rimanere solo e non riuscivo a dormire se non nel mio letto”.

Fish rinuncia al quarto di Coppa Davis contro la Francia a Montecarlo e si fa visitare a Los Angeles. Cerca di aiutare i medici “registrando” i sintomi grazie a una macchina portatile per l'elettrocardiogramma. Tenta un primo rientro a Houston, ma è una parentesi breve e non solo perché perde subito da Michael Russell. Il problema è più serio e richiede misure più serie. In estate si sottopone a un intervento di elettrofisiologia al Cedar Sinai Memorial Hospital di Los Angeles (a due passi dalla sua casa di Beverly Hills): i medici individuano e rendono inoffensive le terminazioni nervose che creavano l'aritmia.

I medici hanno guarito il fisico, ma non i problemi non derivano solo da un muscolo disobbediente. “Mi ci sono voluti mesi per tornare alla normalità” ha detto lunedì Fish, sempre molto riservato riguardo alla natura dei suoi problemi. “Non è facile per me parlarne, è stato il periodo più difficile della mia vita. Per mesi non sono riuscito a fare nemmeno quelle cose che consideriamo normali, bere un bicchiere di vino o portare mia moglie al cinema”. Proprio Stacey, con cui è sposato da quattro anni e mezzo, è stata la sua ancora di salvezza. “Da aprile ho dormito ogni notte nel suo letto. È un angelo. Non so dove sarei adesso senza di lei”.

Fish passa l'autunno come prigioniero in casa. Il corpo continua a guarire: la lunga inattività ha di fatto curato la tendinite al braccio destro che si porta dietro da tre anni. Ma la mente ancora no. Chiede consulto a psicologi e psichiatri dello sport, fa visita anche alla Mayo Clinic, una delle migliori del mondo “per essere sicuro che tutto funzionasse bene”. I medici lo rassicurano. Tutto funziona bene.

In quei mesi ha pensato molte volte a lasciare il tennis, perché tra l'uomo e l'atleta non c'è partita: lo sport è una prospettiva lontana. “Dentro di me ho pensato di dire addio almeno 15 volte nei primi 3-4 mesi dopo gli Us Open”. Poi però la luce comincia a filtrare, arrivano giorni e settimane migliori, arriva la nostalgia per la competizione, per gli allenamenti. Fissa la data del ritorno prima a Memphis, ma la procrastina, poi a San Jose, ma sposta anche quella. Tornerà a Indian Wells.

“Dagli Us Open ho fatto una vita incredibilmente sana e controllata, è da un mese che non vado a dormire più tardi delle 10. Vedere come reagirà il mio corpo ai cambi di fuso orario, alle partita in notturna, sarà forse l'aspetto più duro, almeno nei primi tempi”.

“E' stato un percorso difficile, fatto di alti e bassi”, ha spiegato il suo agente, John Tobias. “Ma la fiducia sta tornando. Si sta allenando di nuovo per tre, quattro ore al giorno. Non vede l'ora di tornare. Ha tutta l'intenzione di mantenere una programmazione completa per il 2013”. Gli orizzonti di Mardy sono tornati luminosi e lontani. “Non ho niente da dimostrare. Sento di poter giocare ancora molti anni”.

Alessandro Mastroluca

comments powered by Disqus
QS Sport

Si scaldano le trattative di mercato: Milan e Juventus attivissime, la Roma blinda Florenzi; Thohir dice no all'Atletico Madrid per Icardi e Handanovic. Maxi Lopez è del Chievo, Trezeguet torna al River Plate

Ultimi commenti