26/03/2013 10:02 CEST - Rassegna Nazionale

Seppi e Vinci vincono a Miami. Mai tanto avanti (Martucci), Per salvare il tennis rallentiamo la tecnologia (Semeraro)

26-03-2013

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Rubrica a cura di Daniele Flavi

Seppi e Vinci vincono a Miami. Mai tanto avanti

Vincenzo Martucci, la gazzetta dello sport del 26.03.2013

Un'altra battaglia. Andreas Seppi deve vincere così, soffrendo punto dietro punto, di difesa e di accelerazioni improvvise. Basta guardare i punteggi delle sue partite di Miami: 7-5 5-7 7-5 con Bedene, 7-5 4-6 6-2 con Bellucci. Non incanta, ma guadagna sempre il rispetto di avversari e pubblico. E' l'uomo-sicurezza del tennis, Mr Solidità, che stringe i denti e strappa il break appena l'avversario — un picchiatore mancino e scorbutico come il Thomaz il brasiliano —, gli concede tin unghia nel bombardamento di servizio e dritto. Così, nella sua crescita lenta, ma costante, l'allievo di Max Sartori raggiunge per la prima volta gli ottavi in un Masters 1000 al di fuori di Roma, dove è arrivato ai quarti-record solo l'anno scorso. Esemplo I1 tennis italiano ha fortissimamente bisogno di atleti come Andreas, lavoratore serio e taciturno, che s'è costruito pezzo a pezzo, aggiungendo un dritto che non c'era e un servizio che non s'immaginava, e quindi qualche punto più facile ad alleviare le faticacce da fondocampo….Così stronca anche Bellucci. Che diventa incandescente nel cuore del match, quando strappa il 6-4 e ha due palle-break d'acchito nel terzo set ma, dopo quattro incredibili soluzioni di dritto a spazzare la riga, cede il 3-1 e non riesce più a tenere, di testa, il 29enne di Caldaro, degno numero 19 del mondo. Che però ora ha il test Andy Murray, il numero 3 col quale ha perso le ultime quattro volte e senza vincere un set. Semplicemente, lo sorprende con fiammate di classe come quella che annichilisce Dimitrov sul 5-2 e due set point. Rimonta Dominika Cibulkova ha un tabù chiamato Miami: negli ultimi tre anni ha sempre vinto il primo set contro le grandi, due volte contro Azarenka, e ora con Serena Williams. Di più: 12 mesi fa — sempre negli ottavi e sullo stesso campo — avanti 6-1 5-2 contro la bielorussa «made in Usa» (all'epoca numero 1), ha avuto paura di vincere, stavolta arriva fino a 6-2 4-1, ma non riesce a tenere più il ritmo della favorita di casa, cede sette games di fila e saluta il match. Una caduta diversa da quella delle promettenti 19enni, la spagnola Muguruza e la croata Tomljanovic, wild card, che reggono un set a Li e Flipkens, ma vinceranno domani….Così, negli ottavi di ieri, quando perde netto il primo set, sembra impossibile che possa rimontare anche la rediviva Alizé Cornet. E ancor di più quando strappa un secondo set miracoloso, ma poi subito crolla 1-3. Invece, nell'ennesima battaglia di tic e toc dov'è *** maestra, la tarantina agguanta finalmente il 3-3 dopo quasi due ore contro la francese leggerina ma furbissima, finalista a Roma nel 2008 e 11 del mondo nel 2009, anche se oggi è 36. E alla fine la spunta con un 6-4 eroico, dopo 2 ore e 13 minuti. Come Seppi, anche lei non era mai arrivata così lontana a Miami .

Per salvare il tennis  rallentiamo la tecnologia

Stefano Semeraro, la stampa.it del 25.03.2013

In (quasi) tutti gli sport ormai la componente fisica è predominante. Come può reagire il tennis al tramonto della fantasia ed evitare il rischio-noia? Forse sposando la decrescita e tornando, in vista del dopo-Federer, a racchette più "umane" 
Quando un giorno, fra due anni o dieci, comunque il più tardi possibile, il tennis si troverà defederizzato – cioè privato della sua principale e difficilmente replicabile attrazione - forse tornerà a interrogarsi sul proprio futuro. Inteso non solo come magnifiche sorti e progressive dello sport o del business – o meglio, dello sport-business – ma anche come destino dello spettacolo. Del plaisir des yeux, il piacere degli occhi: di chi guarda. Decenni di miglioramenti tecnologici e di progressi nella preparazione, decenni di racchette sempre più potenti, leggere, facili da maneggiare, di corde performanti, di diete miracolose e allenamenti superbrillanti, ci hanno portato – ammettiamolo – in un vicolo cieco. Condiviso, sia chiaro, da altri sport. Oggi nel circuito si gioca un tennis straordinariamente fisico, veloce, quasi disumano, che nei suoi esiti migliori sfiora il teatro della crudeltà, lo show sadomaso. La finale degli Australian Open di un paio di anni fa ne è l’esempio più chiaro. Anche la sofferenza ha un suo fascino, per carità, ma può bastare? Oggi non c’è dubbio che il rovescio bimane sia da preferirsi a quello a una mano sola – lo ha ammesso persino Federer, parlando di quale tecnica consiglierebbe alle sue gemelline. E’ un colpo più efficace e più sicuro, considerando le velocità strappapolsi cui viaggia la pallina, ma anche molto meno bello da vedere rispetto alla variante classica. Ci riflettevo l’altra sera guardando in tv un match fra Roberta Vinci e Carla Suarez Navarro. Che sono ragazze, e non maschioni ipermuscolati; che giocano un tennis a bassa velocità ma ad alto tasso di variazioni e di fantasia. Osservando, ammirato, certe traiettorie di rovescio di Robertina e Carlita mi chiedevo se non fosse il caso, visto che togliere muscoli ai maschi è impossibile, di mettere almeno un po’ a dieta la tecnologia. Come? Riesaminando l’impensabile, ovvero considerando un ritorno ad attrezzi meno estremi, a racchette “più difficili”. Non per tutti, ma per i professionisti. Per evitare che i virtuosi, i più dotati di tocco e di estro – i Santoro, i Dolgopolov, i Llodra, gli Youzhny, i Gasquet di domani - finiscano definitivamente nel limbo dei tennisti “da esibizione”, buoni per qualche match eccentrico ma impossibilitati a lottare per l’eccellenza, e che noi spettatori ci si debba rassegnare a interminabili sfide a braccio di ferro. Per anni ci siamo detti che una contro-rivoluzione tecnologica era utopia, non senso, impossibilità materiale. Ma oggi che con la crisi è di moda la decrescita, il downshifting, perché non considerare la possibilità di rallentare un po’ la corsa alla “Racchetta Con Cui E’ Impossibile Sbagliare”? In fondo non si tratta di tornare a telai di legno, ma di intervenire su dimensioni, corde e piatti corde, materiali. Creando un doppio binario: racchette facili per i dilettanti e i semiprofessionisti, più difficili per chi vuole giocare da pro. Le aziende avrebbero di che approntare un doppio catalogo, e impugnando attrezzi che perdonano meno, che richiedono accuratezza e precisione, anche i muscoli dei tennisti tornerebbero a contare un po’ di meno, e ci sarebbe forse più spazio per gesti più equilibrati, più aggraziati, più belli da vedere. Un’idea assurda? Forse. Per ora una modesta proposta. Pensateci.

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