23/04/2013 15:08 CEST - Interviste

Berdych: "L'anti-doping è un disastro"

TENNIS - "Perché mi chiedono dove sto in ogni singolo giorno se poi mi controllano due volte in quattro anni fuori dai tornei?". Berdych attacca il sistema antidoping in un'intervista alla Reuters e plaude al passaporto biologico. Alessandro Mastroluca

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Tomas Berdych
Tomas Berdych

“Perché vogliono sapere dove sono ogni singolo giorno se poi mi vengono a controllare solo due volte in quattro anni?”. Tomas Berdych attacca pesantemente il sistema antidoping dell'ITF e la regola che impone ai top players di comunicare alle autoritá antidoping dove si troveranno per un periodo di 60 minuti durante ogni giornata dell'anno. “E' un completo disastro. Se dipendesse da me, licenzierei subito chi l'ha ideata” ha detto all'agenzia Reuters.

Da inizio anno, tutti i top player hanno evidenziato la necessità, da parte dell'ITF, di potenziare i controlli, soprattutto quelli sul sangue e fuori dalle competizioni. Nel 2012, su un totale di 2185 campioni (1235 uomini e 950 donne), 1727 riguardano test sulle urine e 124 sul sangue durante le competizioni; solo 334 i test fuori dalle competizioni, di cui appena 63 controlli ematici. Dai dati dell'ITF, emerge anche che Nadal è stato l'unico tra top-10 nella classifica di fine 2012 ad essere stato testato più di 7 volte fuori dalle competizioni, Ferrer e Berdych hanno risposto a 4-6 controlli, da 1 a 3 test per gli altri. Discorso diverso per i test durante i tornei: da 1-3 per Rafa, vista anche la sua lunga inattività, da 4 a 6 per Federer, oltre 7 per tutti gli altri. Tutte le top-10 del ranking femminile di fine 2012 sono state testate da una a 3 volte fuori dalle competizioni. Nei tornei, solo Radwanska, Kerber, Errani e Kvitova sono state sottoposte a oltre 7 controlli, Azarenka, Sharapova, Li e Stosur da 4 a 6, Serena Williams (che ha giocato comunque meno delle altre) da uno a tre.

Nel 2011 l'ITF aveva raccolto 1824 campioni di urine (1023 uomini, 801 donne) e 110 (58 uomini, 52 donne) di sangue durante le competizioni; 195 di urine e appena 21 di sangue fuori dai tornei. Davvero pochi, se rapportati ai 3.314 svolti dall'Unione Ciclistica Internazionale nello stesso anno.

I campioni di urine sono più significativi, in quanto permettono di rilevare un maggior numero di sostanze illecite, tra cui l'EPO. Ma solo i test sui campioni di sangue possono rivelare l'utilizzo di ormone della crescita o il ricorso a pratiche e sostanze che aiutano il trasporto di ossigeno nell'organismo.

Anche per Dick Pound, fondatore ed ex presidente della WADA, il numero di controlli fuori dalle competizioni rimane troppo basso. In più, sottolineava come l'attuale formulazione della regola con costituisca un efficace deterrente, in quanto non viene utilizzata la fascia tra le 23 e le 6. In questo modo, con un programma di micro dosaggi, si può assumere EPO o altre sostanze proibite, come il testosterone sintetico alla base della squalifica di Lance Armstrong, e risultare puliti nel giro di sei-otto ore.

Berdych si è aggiunto così all'elenco di top players favorevoli all'introduzione del passaporto biologico. “Devono decisamente esserci più test. Per cui, qualunque innovazione rispetto alla situazione attuale è senza dubbio positiva”.

Rispetto ai test sul singolo campione, mirati a scoprire prove dirette dell'assunzione di una specifica sostanza, il passaporto biologico sul monitoraggio diacronico di parametri specifici la cui evoluzione può rivelare pratiche dopanti. È una tecnica indiretta, che non rileva la sostanza proibita ma individua gli effetti anomali della sua assunzione nel breve, medio e lungo periodo.

Federer è stato anche uno dei maggiori sostenitori del passaporto biologico, perché permette di scoprire eventuali pratiche illecite anche a distanza di tempo: “Chi bara deve avere paura di essere scoperto” ha detto.

I tornei dello Slam, che contribuiscono a finanziare il sistema di controlli, hanno deciso di raddoppiare gli stanziamenti per i test antidoping, da 150 a 300 mila dollari l'anno. Un passo significativo, che però da solo non basta, considerato che la raccolta e l'analisi di un singolo campione di sangue può arrivare a costare anche 1000 dollari.

“I rischi ci sono” ha ammesso Stuart Miller, il capo del programma antidoping dell'ITF, qualche mese fa a Tennis Space. “Non posso dire di no. I montepremi altissimi fanno crescere la tentazione di aggirare gli ostacoli. Onestamente devo anche ammettere che non possiamo prenderli tutti, perché non possiamo testare tutti i giocatori tutti i giorni. Dobbiamo bilanciare le risorse che abbiamo per educare, prevenire, combattere il problema. È chiaro che c'è, stato e ci sarà sempre un qualche uso di sostanze proibite nel tennis. Quest'uso però è sistematico, endemico? Non ne abbiamo alcuna prova. Questo non vuol dire che smetteremo di provarci, che smetteremo di cercare. Faremo il meglio che possiamo con i mezzi che abbiamo”.

Alessandro Mastroluca

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