27/06/2013 10:17 CEST - Rassegna Nazionale

La caduta degli dei Federer-Sharapova crollo a Wimbledon (Martucci, Clerici, Piccardi, Scanzi, Valesio, Semeraro)

27.06.2013

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Rubrica a cura di Daniele Flavi

La caduta degli dei Federer-Sharapova crollo a Wimbledon

Vincenzo Martucci, la gazzetta dello sport del 27.06.2013

Fuori Sharapova e fuori anche Federer: cadono gli dei più belli che si ritrovano senz'anima, senza cattiveria, senza coraggio. Cadono, e fanno un rumore assordante, indimenticabile, nella storia indimenticabile del torneo più famoso. Cadono perché aspettano ancora un aiutino dai loro avversari, perché l'erba è una superficie implacabile che esalta chi rischia, chi cerca il punto e punisce inesorabilmente chi gioca un colpo di più, di troppo, e pensa troppo. Cadono, non perché trovano avversari imbattibili, ma perché questo tennis è una voragine sempre più veloce che inghiotte tutto con violenza e fisicità. Cadono perché hanno tutt'e due altro nella testa: Masha ha il fidanzato-bambino, Grigor Dimitrov, il battibecco con la vecchia-nuova signora del tennis, Serena Williams, e la felicità di essere scampata a se stessa (leggi operazione alla spalla) ; Roger ha la schiena che non regge più l'urto dei supermen, e la stanchezza di tante battaglie, e lo spirito che non si ricarica più di voglia di vincere dopo aver vinto tutto, con l'aggravio e insieme la felicità di una famiglia al seguito. Menato 116 Roger cade alle 20.30 ora di Wimbledon, quando il re dei re, il padrone di 7 36 3 I quarti dl Foderar Da 36 slam consaclahn aveva raggiunto almeno I quark ultima sconfitta nel 2004 Ka.Sharapova Merla tre volte eliminata al secondo ramo a WImbledon: nel 2008, nei 2009 e lerl Wimbledon, il primatista di 17 Slam-record, dopo aver toccato 36 quarti di finale consecutivi nei Majors (dal terzo turno del Roland Garros 2004 contro Kuerten: «Gran numero, ne vado orgoglioso»), scivola addirittura nel secondo turno per mano del numero 116 del mondo, Sergiy Stakhovsky…..Sembra che Federer non sia più Federer perché gli avversari hanno preso fiducia, e l'attaccano sempre di più e sempre più spesso sul rovescio. L'ucraino Stakhovsky, arguto lavoratore del circuito, che non aveva mai battuto un «top ten», va a rete 96 volte, e lì mette a segno 61 dei 72 vincenti, contro i 57 del Fenomeno. La partita la vince sulla rete, sulla diagonale di rovescio, ma soprattutto nell'intensità e nel coraggio che non l'abbandonano mai nel match, comunque equilibrato, che Federer sembra riaprire quando, sotto due set a uno, pareggia da 1-3 a 3-3 e poi conquista un set point per approdare al quinto della speranza, come 12 mesi quando s'era salvato da due set a zero sotto contro Benneteau, ed aveva poi alzato il trofeo. Ma manca due passanti di rovescio e, sotto 3-1 al tie-break, non può fermare la disfatta, dopo 3 ore. Rispetto Il re parla a raffica: «Perdere dispiace sempre, particolarmente gli, è stata una sconfitta dura, ma ho apprezzato molto la standing ovation all'uscita. Mi sentivo bene, sembrava tutto normale, volevo vincere, eppure ho perso….

Ciao Federer, non è più il tuo giardino

Gianni Clerici, la repubblica del 27.06.2013

C’eravamo appena ripresi, noi conformisti, dall'uscita di Rafa Nadal, ed eccoci una nuova volta, quasi increduli, nell'ora di chiusura del Club - e ahinoi, dei giornali - a sorprenderci per un'altra eliminazione inattesa, quella del grande Federer. Grande, ho scritto, forse per automatismo. Aveva di fronte, il mio svizzero, un tipo à nome Stakhovsky, uno che, in quattro Wimbledon, era giunto una sola volta in 2 turno, questa stessa. Controllato simile dettaglio, rimango a domandarmi il perché. A vederlo oggi, a chi perla prima voltalo ammirava, come lo Scriba, questo apparente gregario è parso l'ultimo rappresentante di una schiatta perduta, quella dei tennisti su d'erba, i giardinieri, come uso chiamarli. Per cominciare, Stakhovsky segue regolarmente tutti i secondi servizi, come nessuno osa più. Per meglio attaccare, si serve anche di un rovescio tagliato, che è tuttavia capace di mutare in passante liftato. Giunto a rete, angola benissimo la volè destra come la sinistra, e riesce anche a toccare con dolcezza. Nell'affermare, di fretta, tutto ciò, non posso dimenticare che la sua inattesa prestazione è stata complementare a quella di un Federer che qualcuno aveva creduto in forma per la recente vittoria di un torneino vinto contro un paio di ex-tennisti. Il Federer di oggi ha mostrato tutte le sue attuali incertezze proprio nei tie-break, quelli che erano stati una delle sue irresistibili specialità, per uno storico controllo non solo di palla, ma di se stesso. Ma va ricordato, prima di approfondire, un aspetto decisivo di simile sconfitta. Dopo soli tre giorni di gioco, l'erba non è ancora quella che io avevo definito "erba battuta", perla somiglianza con i campi in terra, vere e proprie aie di ferragosto. Su quest'erba si sono verificati sin qui sette e più incidenti, si è ferita Azarenka, è stata battuta Sharapova, si è ritirato Tsonga. L'erba è ormai tanto desueta, che nessuno sa più adeguarvi il suo gioco contemporaneo. E, lungi dall'essere severo - dio guardi - con Roger, varrà la pena di ricordare che nessuno dei celebri avversari battuti in finale era uno specialista dell'erba, da Philippoussis a Roddick, grandi battitori ma non volleatori, da Nadal a Murray, non certo giocatori di rete. Per ricordare sommariamente il punteggio delle tre ore di partita, osserverò che, in modo paradossale, il primo tie-break perduto è stato metabolizzato da uno Stakhovsky in grado di valutarlo e metabolizzarlo positivamente. L'atteggiamento di Federer, viceversa, pur nella sua abituale riservatezza, è stato di chi pareva non credere alla vicenda della quale diventava, invece, via via vittima. Sta ora affermando, Roger, in conferenza stampa, che lo rivedremo il prossimo anno. Mi auguro, per il grande rispetto che gli ho sempre riservato, che rifletta, a mente riposata. Per parlar di donne, par giusto ricordare l'uscita di scena, nemmeno drammatica, ad avervi assistito, dellaFavorita. Maria Sharapova. Confesso che, a simile vicenda, non avrei assistito, non avessi per caso incontrato quel mostruoso venditore di se stesso che è Ni Bollettieri…

Stakhovsky chi? Federer scivola sull'erba di casa sua

Gaia Piccardi, il corriere della sera del 27.06.2013

Stakhovsky chi? Mirka fulmina il marito con lo sguardo mentre l'ultimo rovescio di Roger Federer si perde nel Tamigi, la caduta degli dei che al secondo turno coinvolge Sharapova (sconfitta nella gara tra urlatrici dalla portoghese De Brito), Azarenka (ritirata lasciando via libera alla Permetta) e Tsonga (che ha gettato la spugna con Gulbis) abbatte la divinità più eccellente al calar della sera, quando solo l'oscurità, o l'invasione dei marziani, avrebbe potuto salvare l'ultimo immortale (mai sconfitto a Wimbledon prima dei quarti dal 2003 in poi) dall'ineluttabile. Smanetta frenetica sul Blackberry aziendale, Mirka Federer, forse cercando su google informazioni a proposito di Sergiy Stakhovsky, sindacalista del tour, bielorusso di Kiev con graziosa moglie al seguito, incredula come noi tutti alla fine di un match tirato in cui il vero Federer è il carneade capace di 17 ace (contro 16) e 72 winners (contro appena 57), autore di una partita d'attacco incisiva e perfetta, una di quelle performance al di sopra delle proprie possibilità che a volte l'erba di Wimbledon, piegandosi alla volontà dei grandi battitori con propensione al rischio a rete, permette. (Sul centrale è successa una magia. Mi sento come se avessi battuto due giocatori: uno dei due è una leggenda» ha commentato con rispettoso garbo Stakhovsky, l'eroe per un giorno che spera di non fare la fine di Darcis, il killer a sorpresa di Rafa Nadal (a proposito, zio Toni assicura che il ginocchio non è del tutto marcio: «Rata sta bene. ll suo ginocchio è nelle condizioni di Parigi, solo che qui a Londra viene sollecitato maggiormente e non ha retto allo sforzo») che ieri non è potuto scendere in campo (problema alla spalla) per allungare il suo sogno. Un torneo stregato, fin qui, che sembra avere la volontà di spalancare la finale alla super-sfida Djokovic-Murray con finale già scritto, sotto accusa perle cadute e gli infortuni Meri k.o. anche Isner, quello del 7o-68 al quinto set nel 2010, Cilic, Stepanek, Shvedova e Wozniacld) c'è l'erba troppo corta e scivolosa, lo storico giardiniere Eddie Seaward è in pensione da quest'anno ma il club garantisce che nulla è cambiato nella gestione dei campi, i giocatori si lamentano (Sharapova «Erba pericolosa!»; Azarenka: «Qualcuno dovrebbe prendersene la responsabilità») però il caso Federer non è uguale a nessun altro perché è Roger a essere portatore sano di diversità…..

La caduta degli Dei

Andrea Scanzi, il fatto quotidiano del 27.06.2013

La caduta degli Dei. Ma - al tempo stesso - la vittoria del bel tennis. Dopo Nadal, Roger Federer. Eliminato pure lui, clamorosamente anzitempo. A casa sua, nel Centrale di Wimbledon. Ha perso in quattro set, ma più che altro ha vinto Sergiy Stakhovsky, ucraino somigliante al Kermit dei Muppets che è rimasto uno dei sei o sette a fare ancora serve and volley (infatti i feticisti dei funamboli lo adorano). Con buona pace della stampa di "regime", che continua a scrivere da anni che Federer giochi "il più bel tennis di sempre", Stakhovsky ha nuovamente dimostrato che lo spettacolo puro non è esclusiva dello svizzero. Anzi. C'è chi pur di vincere si normalizza e chi resta fedele a se stesso, fin quasi all'incoscienza masochistica. Sceso al 116 del mondo, Stakhovsky (31 al mondo nel 2010) ha stupito il mondo con un 6-7 7-6 7-5-7-6. Ha tenuto di testa, lui che spesso la dimentica, annullando perfino un set point nel quarto. Tennis celestiale. Lo stesso che ha permesso al circense adorabile Dustin "Dreddy" Brown, Bob Marley della racchetta, di sconfiggere Hewitt. É 189 al mondo e proviene dalle qualificazioni. Alla fine, tra volèe rare e prime di servizio che grandinavano, non ci credeva neanche lui (infatti ha pianto). Eliminata anche Maria Sharapova, da una ventenne sin qui conosciuta più per le urla (persino superiori a quelli della siberiana) che per il gioco. Si chiama Larcher de Brito, altresì detta "de Grido", e non ha sbagliato nulla. Ritirato (tra i tanti) anche Tsonga. Il Wimbledon delle sorprese, ma più che altro - sin qui - uno dei Wimbledon più belli degli ultimi venti anni.

Roger dopo Rafa. La storia è finita Federer sconfitto nel giorno folle dei sette ritiri

Piero Valesio, tuttosport del 27.06.2013

Quando la storia passa lo fa spesso in silenzio. E di sorpresa. Anche se una brava Sibilla del centro Italia oppure l'Oracolo di Matrix, interpellate sulla questione, avrebbero anche potuto metterci sul chi vive. C'era qualcosa nell'aria e pure sull'erba. Qualcosa di strano, una tempesta che si doveva sfogare, una diffusa sensazione di anomalia. Già il cambio di scarpe imposto a Roger era un segnale. Quelle indossate contro Hanescu avevano una velatura arancione sulla suola: a Wimbledon il bianco è d'obbligo, come è noto, e pure quel misero 20% della superficie totale dell'abbigliamento dei tennisti che può essere occupato da qualcosa che non sia il bianco deve ospitare un colore che non sia troppo acceso. Si può far cambiare le scarpe a un sette-volte-vincitore dei Championship perché hanno la suola arancione? Si può. Soprattutto in certi giorni nei quali il Centrale sembra il castello di Hogwarts e sopra di esso volteggiano spiriti smandrappati. TEMPESTA Spiriti che forse bagnano l'erba, la rendono più viscida, meno controllabile. Ma il loro intervento è più ampio. Steve Darcis, il belga che ha giustiziato Nadal il campo manco lo vede. Dovrebbe giocare contro Kubot (quello che Nadal l'ha battuto l'anno scorso aprendo il suo quasi anno di dolore) ma non si presenta. La spalla è dolorante, non può giocare. Poi tocca a Man n Cilic: pure lui resta in hotel perché dopo il match contro Baghdatis il ginocchio gli duole. E siamo a due. John Isner, uno dei due coautori del match più lungo della storia, in campo ci va contro Mannarino: gioca due game e poi va sotto la doc-cia. Il ginocchio gli faceva già male pritna, i cambi-elidi ne sull'erba glielo fanno dolere ancora di più. Siamo a tre. Poche ore dopo l'altro coautore di quella impresa storica, Nicholas Mahut reduce dall'aver vinto il primatorneo in can - xa Perdecouteauap. Robredo. che l'erba l'ha sempre solo innaffiata nel giardino di casa. RISCHI Li vede Tsonga che lotta contro Gulbis che però è troppo menefreghista per farsi condizionare da quattro tendoni strappati che oscurano il sole. Va due set uno il francese poi non se la sente di rischiare oltre. Quattro. Quasi contemporaneamente nonno Stepanek fresco fidanzato della Kvitova sente il ginocchio tirare e lascia spazio aperto a Janowicz. Cinque. E poi (immaginate un po'?) Petra Kvitova, fresca fidanzata di Stepanek manco scende con campo contro la Shvedova. Sei, e non fate battute. Vita Azarenka colpita dura dagli spiriti dell'erba già nel primo match, resta pure in albergo. Sette. Permetta per una volta ride. Sharapova e Wozniacki non le contiamo perché il loro match l'hanno finito: ma entrambe doloranti e furiose cause cadute. FINALE Poi arriva Roger, anzi: arriva Stakhovsky. Ucraino, leggero. Spesso impalpabile. Forse ha visto giocate Dustin Brown che ha fatto volteggiare i suoi dreadlocks ribelli sulla testa di un esterrefatto Hewitt. Forse no. Ma il problema è che Roger non vede lui. Si fa la storia. Roger non lo vede venire avanti sempre, allungarsi a rete come Tiramolla. Noti lo vede, lo subisce e si imbestialisce. Gli tira addosso due volte ma non basta. Roger è stufo perché capisce che non può. E' polemico con l'ucraino alla stretta di mano (Stakho dirà dopo: 'Per battere qui Federer bisogna battere due avversari: lui e il suo ego»). Torna quasi ragazzino quando spaccava racchette. Ha la maglietta della salute sotto la maglia da gioco ma la sensazione è che anche con la schiena di un ventenne non potrebbe nulla. Roger (che scenderà al n.5) si spegne. Come Rafa due giorni prima La storia si è fatta la più grande rivalità dell'ultimo decennio è nel passato e poco importa se dovesse vivere nuovi episodi. La storia atterra sull'erba del Centrale deserto e silente. E, pure lei, scivola via

Federer cade dal trono. A Wimbledon finisce un'era

Stefano Semeraro, la stampa del 27.06.2013

«Non si chiude un ciclo anche se oggi sono il solo a pensarla così» più che una giornata nera è stata n'apocalisse, un Armageddon triste, una di quelle date che nessuno avrà mai veramente voglia di ricordare. Probabilmente il sipario su un'età d'oro che chissà quando rivivremo. Sharapova La tennista russa, un trionfo a Wimbledon (2004), eliminata ieri dalla portoghese Larcer De Brito Dopo Nadal, uscito malamente al primo turno lunedì, ieri sono rotolati ingloriosamente fuori da Wimbledon anche Roger Federer e Maria Sharapova. Nel mercoledì del record di ritirati nella storia Open dello Slam, ben sette, e delle accuse all'erba troppa secca e scivolosa, a fare notizia è soprattutto il flop degli dei. Il tonfo del Genio, il campione uscente del torneo, è veramente epocale. Era dal 2002 che Federer non perdeva al secondo turno a Wimbledon - e in uno Slam l'ultimo scivolone prima dei quarti risaliva al terzo turno smarrito contro Kuerten nel 2004 al Roland Garros. Ma allora a II francese semifinalista negli ultimi due anni ieri si è ritirato sul 3-6 6-3 6-3 contro Gulbis sorprenderlo sul verde fu Mario Ancic, un talento puro, giovanissimo, poi rovinato dai troppi infortuni. Stavolta a raccogliere le spoglie del campione è stato Serghiy Stakhovsky, 27enne numero 116 del mondo, che in sei partecipazioni ai Championships aveva vinto fino a ieri una sola partita. Per carità: un attaccante nato, che ha azzeccato la partita perfetta, aggredendo Federer con un serve & volley da integralista (96 discese a rete, numeri vintage persino a Wimbledon) e un pressing continuo, ispiratissimo. Certo però non lo si può considerare un predestinato, un possibile erede come proprio Federer fu per Sampras nel 2001. Fra l'altro Stakhovsky è il sindacalista più arrabbiato dell'Atp, un cobas della racchetta che più di una volta ha biasimato l'egoismo dei top-player. Quella di ieri è stata, sotto tutti i punti di vista, una lotta di classe. A vincerla è stato Stakhovsky, ma è la sconfitta di un Federer alla fine sfibrato, senza troppa anima, irritato soprattutto da se stesso e incapace di sfruttare le occasioni, che passerà alla storia. Il divo dei sette Wimbledon vinti, dei 17 Slam, è uscito dal Centre Court a testa bassa, fissando le radici della sua crisi, mentre dalle tribune gli pioveva addosso una standing ovation malinconica, rassegnata, smarrita. Crepuscolare: e non solo per l'ora tarda. Un tributo alla memoria. Questo è lo Slam che Federer, 32 anni ad agosto, un solo torneo vinto quest'anno, aveva eletto a rifugio. Farsene scacciare in questa maniera è uno schiaffo, un'umiliazione che pesa. Accoppiata all'uscita prematura del suo grande rivale Nadal ha il sapore di una «finis tennis», almeno nella versione in cui l'abbiamo conosciuto negli ultimi dieci, dodici anni. I due grandi rivali non avevano mai perso con- temporanea- mente così presto in uno Slam, il bilancio in grigio è difficile da evitare, anche se dopo il match Roger ci ha provato. «Perdere fa sempre male, perdere a Wimbledon, in questa maniera, ancora di più. Mi hanno fatto piacere gli applausi alla fine, ma è una delle sconfitte più dure da digerire. La cura sarà tornare a lavorare, non farsi prendere dal panico. La striscia di 36 quarti di finale che si è interrotta è un gran numero, ma ci penserò quando mi sarò ritirato, non oggi. Anche Nadal ha perso subito, è un segnale, lo capisco; ma non parlerei di fine di un'era, anche se magari sono l'unico oggi a pensarla così. Mi sento bene, a Wimbledon spero di rifarmi l'anno prossimo, e conto di giocare ancora molti anni a tennis». Il discorso di un re pronto ad abdicare.

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