10/07/2013 10:38 CEST - Wimbledon

Il messaggio di Judy Murray ai genitori dei nuovi talenti (Quinzi?)

TENNIS - WIMBLEDON. La “scoperta” per la inattesa (per me) simpatia della mamma del campione di Wimbledon. “Andy? Più feeling con Nadal che con Djokovic”. “Andare in Spagna a 14 anni? Lo suggerì Rafa, scelse Andy, non io”. Decisione sempre condivisibile? Ubaldo Scanagatta

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Judy Murray con Toni Nadal allo stand Lavazza a Wimbledon
Judy Murray con Toni Nadal allo stand Lavazza a Wimbledon

Tony Nadal e Judy Murray, lo zio di uno sconfitto al primo turno dei Championships e la mamma del vincitore del torneo, il primo Brit a vincerlo con i pantaloni corti (Fred Perry li portava ancora lunghi, altrimenti avrebbe fatto scandalo. E poi in finale battè un barone, Gottfried Von Cramm).

Erano questi gli ospiti d’onore al Lavazza’s Day, nell’hospitality Tent  riservata alla stampa nel mercoledì della prima settimana quando Giuseppe Lavazza ha annunciato che il caffè di famiglia sarebbe stato l’official supplier di caffè per Wimbledon anche nei prossimi 3 anni, ma gli impegni massacranti della kermesse wimbledoniana mi avevano impedito di raccontare la chiacchierata che io ho trovato particolarmente interessante con la mamma di Andy, quando le ho chiesto se non avesse temuto di aver preso una decisione azzardata quando a soli 14 anni consentì al suo Andy di emigrare in Spagna alla Tenis Academy di Emilio Sanchez e Pablo Casal.

Premesso che colei che mi sembrava poco simpatica, per come l’ho sempre vista in tv e da lontano mentre seguiva i match di Andy, mi ha fatto completamente cambiare idea sul suo conto, l’ho assolutamente rivalutata.

E’ stata spiritosa ed autoironica anche nello scherzare sulla sua passione per Deliciano Lopez : poco dopo mi ha detto che ero il Deliciano dei giornalisti e naturalmente così mi ha conquistato! L’ho trovato anche molto più giovanile e carina di come l’avevo vista in altre occasioni, vestita semplice in jeans e camicetta. Un paio di colleghi di cui non mi sembra giusto fare il nome si lasciarono scappare. “Ma lo sai che è pure una bella donna…ha un  bellissimo sorriso “ e l’altro: “Già avrebbe però potuto mandare Andy da un bion dentista, quand’era ancora in tempo… A sorrisi lo battè 60 60!”

Alla mia domanda (che è stata in passato oggetto di infinite discussioni fra mia moglie e il sottoscritto quando mio figlio Giancarlo era pervaso dal sacro furore di voler diventare tennista e voleva frequentare una scuola più facile del liceo classico, ma mia moglie non ha voluto sentir ragioni: “E se impari solo a correr dietro una palla e non riesci bene poi che fai?”) Judy ha risposto: “ Andy era molto più determinato di Jamie che ha 15 mesi più di lui ed è un ragazzo più tranquillo, dolcissimo. Andy era competitivo al massimo in tutto quello che faceva. E le scelte le faceva già lui fin da piccolo. Perse una finale di un torneo under 13 in Francia da Rafa Nadal ma ne era diventato amico e Rafa gli aveva detto come si allenava, cosa faceva…e lo convinse che quella era la cosa giusta da fare. Così Andy un giorno mi disse: “Mamma qui non diventerò mai forte, non ho nessun con cui allenarmi, Rafa ogni tanto gioca con Carlos Moya, ma in Spagna ci sono tanti bravi tennisti, voglio andare in Spagna, portami lì…. Andammo in Spagna insieme, perché per fortuna da Edinburgo a Barcellona c’erano aerei poco costosi (Ryan Air). Emilio Sanchez gli disse: “Guarda che qui devi lavorare duro” Emilio è stato straordinario, e così anche Pato Alvarez, gente favolosa, un ambiente ideale”.

_E se avesse fallito, come tanti, non ebbe paura di farne un frustrato?

“No, perché era comunque un’esperienza importante, avrebbe imparato a vivere in un Paese straniero, avrebbe imparato un’altra lingua, sarebbe cresciuto comunque prima di tanti ragazzini che restano a casa. Avrebbe imparato a gestirsi, non solo sul cmapo, anche fuori. E oggi se anche uno non diventa professionista ma ha fatto quel tipo di esperienza può ancora studiare e crearsi un’altra professione. Lui avrebbe imparato ad essere responsabile delle sue cose, io non avrei avuto la responsabilità di essere per forza un buon allenatore, già era abbastanza inconsueto il ruolo di un allenatore donna per un ragazzo. Le prime volte che lo andavo a trovare nella sua camera non riuscivo nemmeno a entrare, ad aprire la porta, tanta era la confusione e le cose disseminate dappertutto, ma poi ha imparato anche ad essere un tantino più ordinato. All’inizio deve essere stata dura, per lui senza parenti a 14 anni in un Paese comunque straniero, ma dopo pochi mesi,  quando il 24 dicembre lo chiamai ricordandogli che lo aspettavamo per Natale, mi disse che no, che doveva allenarsi! Insomma ormai si era ambientato, avera fatto amicizie , l’inseparabile venezolano Daniel Vallverdu che era stato suo compagno di camera e che sarebbe stato poi suo viceallenatore e sparring-partner, chiunque fosse il suo coach ufficiale…”

“A 4 anni Andy faceva già meglio di me certi movimenti con il polso quando doveva colpire la palla soft, di spugna. Aveva riflessi e coordinazione straordinari Gli piaceva da matti Agassi, e lui faceva il…Santoro! E sul campo lo divertiva molto anche Marat Safin…A Nadal piaceva più il calcio, a Andy è piaciuto subito il tennis e comunque ha voluto lui decidere di …non perdere tempo. Io credo che se lo avessi ostacolato avrei sbagliato. Non ero per nulla certa che sarebbe diventato un professionista, tantomeno un campione, ma mi sembrava giusto fargli giocare le sue carte, farlo provare. Oggi se non lo fosse diventato avrebbe comunque trovato la sua strada, con qella determinazione che a volte solo lo sport, e i sacrifici che si fanno per emergere, ti possono dare quando sei molto piccolo. E oggi si può recuperare gli studi anche più tardi …è stata la decisione più giusta che abbiamo preso, anzi che ha preso Andy”.

Credo che anche il nostro Quinzi, che con l’accordo dei suoi genitori ha deciso di intraprendere un percorso simile (cambia poco se uno va in un Paese oppure in un altro, purchè non si impigrisca e non diventi un bamboccione come tanti) abbia fatto una scelta che lo ripagherà. E anche i genitori di Quinzi, così come il suo allenatore, bravo, dedicato, impegnato, sono capaci di lasciarlo crescere come si deve. Loro, addirittura, non guardano nemmeno le sue partite. Ricordo che un giorno un giornalista americano, forse Bud Collins, disse di Lindsay Davenport: “Dventerà forte, non ho mai visto i suoi genitori chiedermi pareri e consigli!”.

_ Ma quando lei mamma guardava giocare Andy piccolo, lui la guardava in continuazione?

“Beh sì, ma io non facevo mai brutte smorfie se sbagliava una palla. Ho sempre tenuto un atteggiamento positivo. Incoraggiamenti sì, tanti, ma scuotimenti di testa, facce seccate mai…I ragazzi hanno bisogno di quello e non di altro. Invece ho visto tanti di quei genitori comportarsi male, intervenire sulle decisioni arbitrali, intromettersi. Io non l’ho mai fatto. Ero responsabile anche di un gruppo di ragazzi, non volevo davvero perdere il loro rispetto. Gli ho sempre dato la sensazione che qualunque obiettivo lui aspirasse a centrare avrebbe potuto farcela, forse anche perché in fondo a me stessa non ho mai dubitato delle sue qualità. Ma credo che se anche ne avessi dubitato non glielo avrei fatto capire. I ragazzi, qualunque cosa facciano, hanno bisogno di sentirsi attorniati da persone che hanno fiducia in loro.

Beh, sentendole dire queste cose mi è tornato in mente quando un anno a Wimbledon, accompagnando Richard Williams verso il campo 13, dove si allenava una delle figlie, io gli dissi che non doveva essere facile convincere le proprie figlie che sarebbero diventate entrambe n.1 del mondo quando erano ancora ben lontane dall’esserlo. Lui quasi mi rese a male parole, prese i miei interrogativi (che erano poi i dubbi di un genitore) come espressione di negatività.

Vabbè…infatti mio figlio ha smesso di giocare a tennis (quando il suo bravissimo coach brasiliano è stato arrestato per traffico di transessuali ed è finito in carcere a Sollicciano e poi rispedito con foglio di via in Brasile…eppure vi assicuro che era un coach eccezionale, al Matchball dove si allenavano all’epoca con Fanucci e Rianna sia Volandri sia Starace, i ragazzi se lo contendevano tutti!), si è laureato in Bocconi, sta facendo uno stage di marketing e management a Shanghai…e non credo possa avere rimpianti, però se fosse stato figlio di Richard Williams o Judy Murray forse averebbe continuato a giocare a tennis….Boh, questo inciso non c’entrava granchè…scrivo a ruota libera.  

Beh, tornando a cose di interesse più generale, lì per lì, quando Giuseppe Lavazza mi ha invitato per quella giornata _ insieme a tanti altri giornalisti di tennis e non (erano venuti da Milano colleghi di Espresso, Mondadori, Vanity Fair, Grazia, di giornali economici,) _ avevo pensato che rispetto all’anno prima, quando gli ospiti d’onore erano stati Adriano Panatta e Goran Ivanisevic (guarda i video delle loro interviste), lo zio di Rafa e la mamma di Andy non sarebbero stati altrettanto interessanti sotto il profilo giornalistico. Ora Toni Nadal l’ho ormai incontrato tante volte, anche ai simposi organizzati  dalla ProPatria, dall’avvocato Massimo Rossi, e in Umbria nei meeting di Alberto Castellani, ma la mamma di Andy è stata davvero una piacevole rivelazione. Una persona che parla chiaro, che dice quel che pensa (anche quando ha detto che al mattino non rinuncerebbe mai al thé…e si era in casa Lavazza!...anche se poi ha ha aggiunto che “nel pomeriggio e dopo i pasti un bel caffè aiuta a digerire e a restar svegli contro l’abbiocco” e quando le ho chiesto se Andy fosse più legato a Rafa oppure al coetaneo Djokovic ha sì detto “è buon amico di entrambi, ma con Rafa gioca di continuo anche a distanza di migliaia di chilometri e non so come facciano, a PlayStation con il remoter…Direi che con Rafa oggi ha più feeling”) e che ad esempio non ha fatto nessuna difficoltà a darmi i suoi recapiti.

Anzi, ora che mi viene in mente quasi quasi la chiamo. Come minimo per farle le congratulazioni!

Ubaldo Scanagatta

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