13/08/2013 13:20 CEST - Approfondimenti

Doping genetico: nuova frontiera?

TENNIS - Nel giro di qualche anno, la FDA dovrebbe approvare le terapie geniche contro la distrofia muscolare. Cure che bloccano gli inibitori della miostatina e aumentano le fibre muscolari. I ricercatori avvertono: può essere la nuova EPO. Alessandro Mastroluca

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Controlli antidoping
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Prodotti leciti per scopi illeciti. Nuovi fronti si aprono nella lotta al doping. Dopo l'ormone della crescita e l'eritropoietina, naturalmente prodotti dall'organismo ma assunti in varianti sintetiche per migliorare le prestazioni sportive, il prossimo passo potrebbe essere l'uso degli inibitori della miostatina, una proteina associata alla crescita dei muscoli scheletrici, scoperta nel 1997 da McPherron e Lee, ricercatori alla Johns Hopkins University. La miostatina, che fa parte di una superfamiglia di molecole collegate dette fattori di crescita trasformanti beta (TGF-b), è codificata da un gene che ha due funzioni principali: limita il numero di fibre muscolari che si formano negli embrioni in via di sviluppo e la crescita delle fibre nell'arco della vita.  Un'anomalia nel gene, hanno scoperto i ricercatori, è alla base delle razze di mucche carnose e con una muscolatura quasi doppia rispetto alle altre (Blu Belga e Piemontese), create per poter fare a meno del gene della miostatina.

Anche B.H. Sweeney, fisiologo alla Scuola di Medicina dell'Università della Pennsylvania, studia gli effetti degli inibitori della miostatina. Usa virus per iniettare il gene nel fegato delle cavie e analizzarne gli effetti sulla crescita muscolare. Una terapia di questo tipo potrebbe aprire nuove possibilità nella cura di malattie degenerative come la distrofia muscolare o per ridurre il decadimento muscolare in caso di atrofia o di lunga inattività a seguito di interventi chirurgici. “Ma quello che fa stare meglio i muscoli da vecchi può farli stare ancora meglio da giovani” raccontava a Melinda Wenner di Scientific American nel 2008.

Già nel 1998 aveva pubblicato insieme ai suoi colleghi uno studio sul Proceedings of the National Academy of Sciences USA in cui comunicava gli effetti dell'IGF1, il fattore di crescita insulino simile: aveva usato un normale virus per iniettarlo nei topi, che avevano sviluppato una forza superiore alla norma del 15% nelle cavie giovani e del 27% in quelle più anziane. Immediatamente, il suo telefono ha iniziato a squillare. Una delle prime telefonate arriva dal coach di una squadra di college di football che gli chiede di dopare tutti i suoi giocatori. Sweeney naturalmente si rifiuta.

Ma il potenziale di questa terapia genetica, che in un futuro non troppo lontano sarà con molta probabilità approvata dalla Federal Drugs and Administration, è troppo allettante per chi vuole barare. Intervenire sul patrimonio genetico ha benefici più duraturi e meno effetti collaterali. Nella storia recente dello sport si sono registrati anche casi di “mutanti naturali”, come il finlandese Eero Mäntyranta, vincitore di due medaglie d'oro nello sci di fondo alle Olimpiadi Invernali del 1964. Anni dopo, i ricercatori hanno scoperto in tutta la sua famiglia una mutazione genetica che causava un'eccessiva risposta all'eritropoietina e garantiva un numero straordinariamente alto di globuli rossi nel sangue, così da avere molto più ossigeno e una più elevata resistenza alla fatica.

La WADA ha condotto tre meeting sul tema del doping genetico tra il 2002 e il 2008, e già allora il presidente Gary Walder ammetteva rassegnato: “E' solo questione di tempo. Gli atleti leggono le riviste scientifiche e conoscono i progressi della ricerca”. Gli inibitori della miostatina, ha spiegato il direttore Olivier Rabin alla BBC prima delle Olimpiadi di Londra, sono sulla lista delle sostanze proibite e possono essere individuati con le normali tecniche di laboratorio: “Il nostro obiettivo è scoprire chi bara. Se diciamo loro che c'è un nuovo test, perdiamo di vista lo scopo”. Per questo, l'agenzia mondiale antidoping ha firmato un accordo con la GlaxoSmithKline che fornirà indicazioni sulle sperimentazioni di prodotti che potrebbero essere usati per migliorare illecitamente le prestazioni.

Sweeney teme che gli inibitori della miostatina diventeranno “il nuovo EPO”. “Allora i medici potrebbero esitare a prescriverli per scopi leciti, per aiutare i malati di cancro o distrofia che mon possono più camminare. E sarebbe imperdonabile perché questi scopi sono molto più importanti che vincere una gara di corsa o ciclismo”.

Alessandro Mastroluca

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