12/09/2013 14:26 CEST - ATP

Tennis arena, è qui l'esagerazione?

TENNIS - Il mondo del tennis è sempre più avvinghiato da certezze drastiche, sia nell'elogio che nella critica. La soluzione è dubitare delle proprie posizioni, sempre, qualunque esse siano. Riccardo Nuziale

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Tweet pubblicato da Flavia Vento
Tweet pubblicato da Flavia Vento

Non è un mistero che il tennis arena, come lo nominai in non ricordo quale articolo, non trovi il mio personale gradimento. Grande rispetto, certo: è un tennis tecnicamente difficilissimo, ai suoi massimi livelli, a suo modo bellissimo e vibrante, ma è un tennis che mi suggerisce molta più oppressione e tirannia di quanto la democrazia tecnologica sembra dire.

Lo stesso “leggendario” scambio da 54 colpi della recente finale di New York lo trovo in realtà piuttosto ordinario, se si escludono gli ottimi recuperi di dritto in controbalzo di Djokovic; il resto sono fanciulleschi back di Nadal (che poteva scendere a rete già dopo la risposta corta del serbo: ci ha pensato per un secondo, per poi sbagliare tornando nelle retrovie) e timidi rovesci di Nole. Pochino per gridare al miracolo. Ma sono perfettamente conscio che si tratta di una mia percezione, non di un difetto obiettivo che questo tennis epico sembra non conoscere.

Non credo sia necessario ricordare come sia mia convinzione che il tennis dovrebbe ritrovare equilibrio in una diversità evidente, apportando modifiche sostanziali, che va dai materiali, alle superfici, allo stesso decadimento delle 32 teste di serie Slam (un’enormità, gli 8 primi giocatori del mondo, ideali titolari del Masters, sarebbero più che sufficienti).

Ma tutto tace. Come direbbe Shakespeare, “il silenzio è l’araldo più perfetto della gioia: sarei ben poco felice se fossi capace di dire quanto”.

Se infatti c’è un’imposizione – che va oltre l’omologazione, i materiali, ecc. – di cui la scena del tennis in progressione negli ultimi 10 anni si è resa artefice, è quella di pensiero.

È tutto certo, fieramente manicheo. Si sono create fazioni consolidate, granitiche, inscalfibili. È un mondo di idoli, di sfoghi religiosi. Non è ammesso alcun errore, non è ammessa una visione alternativa al disegno. Non è ammesso il grigio, ma solo il bianco e nero. Sia chi esalta che chi disprezza questo periodo specifico della storia del tennis, il più delle volte esagera con smodata veemenza: è una realtà storica con i suoi pregi e i suoi difetti, come tutte. Non è la Golden Age che tanto si vorrebbe far credere, né l’epoca buia di arido ghiaccio che altrettanto si vorrebbe far credere.

Per questo ho così apprezzato l’articolo di Jonathan Mahler, che da ieri sta così facendo discutere. Non nei contenuti, che non esistono, per quanto apparentemente nelle righe finali diventino violentissimi e inquietanti, ma nella forma: sospeso ad libitum nell’ambiguità, l’articolo invita continuamente a riflettere. Se ben si legge, Mahler non dice nulla, elenca e si limita ad appoggiare le convinzioni pre-esistenti del lettore. Non un capolavoro di giornalismo forse, ma di scrittura probabilmente sì.

Il paragrafo finale, poi, rasenta il sublime: non è affatto un’apertura al doping, come frettolosamente si potrebbe credere (così come l’intero articolo non è un attacco a Nadal), ma una riflessione sulla percezione della realtà tennistica odierna.

Prima parlavo di cambiamenti che suggerirei, qualora mi fosse chiesto come cambiare il tennis per renderlo più appassionante. Ma è qui il fulcro della questione: il tennis di oggi non verrà cambiato perché piace. Enormemente. A tutti: giocatori, appassionati, addetti ai lavori. Giornalisti con anzianità e competenza decennali (grandi firme che hanno scritto le gesta dei campioni di 30-40 anni fa, profondi conoscitori della storia di questo sport) impazziscono, anche su Twitter, nel vedere spettacoli gladiatori che trovano la loro suprema espressione nei match tra Nadal e Djokovic. È un’apertura mentale che fa loro onore: apprezzano l’evolversi del tennis, non fossilizzandosi in realtà ormai superate. Forse.

Il culmine di questa mia consapevolezza è arrivato ieri a pranzo, vedendo che persino il TG5, non esattamente il massimo ente divulgativo di tennis in Italia (per trovar spazio solitamente bisogna aspettare una qualche impresa Slam delle nostre ragazze), ha premiato tra i titoli il break dei 54 colpi.

Il problema quindi non si pone: il tennis attuale è perfetto così e chi sostiene il contrario cade nel passatismo o chissà cos’altro. Ed è un ragionamento perfettamente sensato e democratico, sussistendo in una netta maggioranza.

Mahler quindi si chiede: l’epoca d’oro è tale giusto perché sorretta dal consenso democratico? E fino a che limite siamo disposti a portarci per sostenere questo? Quanto siamo disposti potenzialmente ad accettare?

Dando sacrosanta legittimità a quanto ci viene detto fino a incontrovertibili prove contrarie, l’(auto)imposizione di una verità suscita una catena d'ipnosi collettiva? La realtà è perfetta perché tale o perché non guardiamo? E fino a quando la nostra capacità di guardare "aldilà della superficie" rimane un diritto, prima che questa scivoli nel giudizio infamante e persecutorio? Il dubitare è già infamare?

A tal proposito è riemerso tra i ricordi un altro mirabile gioiello di scrittura, in questo caso narrativa, ma comunque sempre superba prova di ambiguità satirica: il nono episodio della decima stagione di South Park, la popolare sit-com animata resasi negli anni simbolo del politicamente scorretto.

Senza dilungarmi nel riassumere integralmente la puntata, mi dilungherò invece nella trascrizione dei punti salienti, per chi avesse difficoltà nel comprendere il veloce e “sporco” inglese parlato nell’episodio (ho scelto di non censurare due parolacce inserite nei dialoghi: mi auguro che la cosa non disturbi). Invito comunque a visionare l’intero episodio (è possibile farlo in streaming con sottotitoli inglesi sul sito ufficiale), in quanto estremamente stratificato e impossibile da spiegare e onorarlo in pieno in quest’articolo.

I quattro bimbi protagonisti della serie a inizio episodio arrivano a scontrarsi perché in disaccordo sulla veridicità o meno della ricostruzione dei fatti ufficiale degli attentati alle Torre Gemelle. Cartman, il bambino con il berretto azzurro, stuzzica Kyle, quello con il cappello verde, chiedendogli perché è “spaventato dalla realtà”, sottolineando che un americano su quattro crede alla teoria cospirazionista secondo cui a portare a compimento la distruzione delle Twin Towers sia stato il governo statunitense stesso. Kyle di tutta risposta afferma che un quarto della popolazione americana è composto da ritardati.

Così Cartman (per chi non conoscesse la serie bimbo sociopatico, amorale, manipolatore, razzista e per questo fortemente avverso nei confronti di Kyle in quanto ebreo), stizzito che tutti i suoi amici “si bevano quanto raccontato dai media”, l’indomani si presenta in classe con una relazione che avrebbe fatto impazzire di gioia Italo Calvino e Raymond Queneau:

“Per Mostra e Racconta oggi ho portato la mia scioccante relazione in Powerpoint sulla verità che si nasconde dietro gli attacchi dell'11 settembre. Ci è stato detto di credere che il fuoco provocato dal carburante dell'aereo avesse fuso il metallo delle strutture delle torri, portandole al collasso. Ma sapevate che questo carburante non brucia a temperature sufficientemente elevate da fondere il metallo?

Ci è stato detto che il Pentagono è stato colpito da un aereo dirottato, ma ora guardate questa foto del Pentagono. Il buco non è per niente abbastanza grande. E se un aereo l'ha colpito, dove sono i resti di questo aereo? Quindi, l'inevitabile domanda: se non sono stati i terroristi, chi è stato?

Ricordatevi infatti che ci sono due torri. Due meno uno fa uno. 1-1, undici. Due meno uno fa uno. 1-1. E ci sono nove membri nel consiglio di amministrazione della Silverstein (Larry Silverstein è il magnate che vinse una gara d’appalto per l’affitto del World Trade Center per un periodo di 99 anni due mesi prima dell’attentato; una delle “prove” dei cospirazionisti sostiene che lui e i suoi figli, solitamente estremamente puntuali nel presentarsi al lavoro, quella mattina non si fecero trovare nel complesso delle Twin Towers perché resi noti del piano di una distruzione che avrebbe portato nelle loro casse miliardi di dollari grazie ad un’assicurazione stipulata poche settimane prima, ndr). Quindi uno-uno-nove. 11 settembre.

Prendete 2-1 + 9/11 che fa 12. Il che ci porta al colpevole degli attacchi dell'11 settembre. Kyle! 12 contiene i numeri 1 e 2, proprio come nel bagno ieri dove qualcuno ha fatto la numero 2 al posto della numero 1! E 1 e 2 più 911 danno 914! Scartate il 4 e ottenete 91! Esattamente il risultato ottenuto da Kyle nel dettato fatto 12 giorni dopo l'11 settembre! Chi ha ottenuto maggiore guadagno dall'11 settembre?! Kyle! Chi era introvabile la mattina in cui sono cadute le torri? Kyle! Chi ha fatto lo stronzo nell'orinatoio?! Kyle! Ma probabilmente la prova più schiacciante di tutte è questa foto della seconda torre! Quando ci ho zoomato sopra appariva all'inizio molto confusa, ma poi l'ho migliorata al computer. (compare un sommario disegno che ritrae Kyle con un pugnale in mano, ndr)”.

Come non riconoscere in queste montagne russe della visione univoca i detrattori di Nadal (perlopiù tifosi di Federer)? Che, proprio come l’ennesimo tweet simbolista di Flavia Vento - pubblicato ieri sera e da me subito promosso idealmente a foto copertina ancor prima della compilazione di quest’articolo - ambiscono non alla ricerca della verità, ma a una realtà estrema fatta di visioni estreme, di eliminazione dell’impurità criminale a beneficio del Bene. Sono pensieri piuttosto risibili, perché così spudoratamente drastici.

Perché, una volta per tutte: ammesso e non concesso che nel tennis esista il doping ad alti livelli, credere che Nadal sia la mela marcia in un frutteto edenico è un pensiero ridicolo, ancor prima che malevolo. Il dubbio deve riguardare tutti (mi piacerebbe dire nessuno), altrimenti il tutto si trasforma in una guerra personale, una caccia alle streghe. Bisogna essere aperti ad accettare qualsiasi verità, qualunque siano i protagonisti.

Nell’evolversi della puntata Kyle, cercando di provare la propria innocenza, chiede sostegno a Stan, il bimbo con il berretto blu. I due finiscono per essere aiutati però da un gruppo di cospirazionisti anti-governativi, quei “ritardati” che Kyle così disprezzava. Si ritrovano così addirittura nella Casa Bianca, finendo per scoprire la “verità” sull’11 settembre:

- Scusate, c'è stato un fraintendimento.
- Può entrare, Signor Presidente (ovviamente Bush, ndr).
- Signor Presidente, il mio nome è...
- Zitto! Credi che non conosciamo il tuo nome?! Noi sappiamo ogni cosa! Noi controlliamo ogni cosa! Abbiamo tutti lavorato sodo per mantenere segreto il nostro coinvolgimento nell'11/9! Ma voi lo manterrete sotto terra!
- Davvero?
- Non ve la caverete così! La gente sa!
- Gente? Volevi dire gregge. Teniamo la maggior parte di loro nella più beata ignoranza.

(dopo l’uccisione di uno dei cospirazionisti)

- Non ci credo. Aveva ragione. Avete causato voi l'11/9.
- Già. Abbastanza facile da capire, a dire il vero. Tutto quello che dovevo fare era avere
cariche esplosive piazzate alla base delle torri. Poi l'11/9 abbiamo finto che quattro aerei fossero stati dirottati. Quando in realtà li abbiamo solo deviati in Pennsylvania. Poi abbiamo mandato due jet militari carichi di esplosivo nel World Trade Center, e poi abbiamo abbattuto tutti i testimoni del volo 93 con un F15, dopo aver colpito il Pentagono con un missile Cruise. E' stato solo il piano più intricato di sempre e realizzato con una perfezione senza eguali.
- Davvero?
- Perché?!
- Il solito vecchio motivo. Denaro. Le torri cadono e i pecoroni americani sventolano le loro bandiere. Finalmente siamo riusciti ad invadere l'Iraq e a prendere il petrolio che ci ha fatto diventare tutti più ricchi di prima.
- Meraviglioso denaro!
- Davvero?
- C'è implicato tutto il governo?
- Siamo onniscienti e onnipotenti. Addio ragazzi.

Ovviamente il tentato omicidio dei due bimbi fallisce e Stan e Kyle si ritrovano a fine puntata a fronteggiare un’altra versione dei fatti, data da esperti di cospirazionismo.

- I miei ragazzi stavano cercando chi aveva fatto la numero 2 nell'orinatoio nella vostra scuola, quando hanno scoperto qualcosa di strano, che gli ha fatto venire una deduzione.
- Ci ha fatto venire una deduzione ad entrambi.
- Quella deduzione ci ha portato ad un gruppo legato alle teorie sul complotto dell'11/9, che ci ha dato un sacco di deduzioni.
- Avevo una deduzione ogni due minuti.
- Ho avuto una deduzione così grossa che quasi non sparavo deduzioni appiccicosi tutto sopra Joe.
- Queste deduzioni ci hanno indicato che tutte le teorie sul complotto dell'11/9 possono essere smontate scientificamente. E qui Frank ha trovato la sua più grande deduzione.
- Era enorme!
- Tutti i siti web sul complotto dell'11/9 sono curati dal governo. Il complotto dell'11/9...è un complotto del governo.
- Oh Gesù.
- Perché il governo vorrebbe far credere alla gente che ha causato l'11/9?
- Per avere potere, un governo deve apparire come se avesse il completo controllo. Quale modo migliore per far paura alla gente di convincerli che si è capaci del piano più elaborato della terra?

A questo punto chi ritorna bruscamente in scena? Ma Bush, ovvio!

- Non credete a ciò che dice, ragazzi. Abbiamo provocato noi l'11/9. E' tutto qui in questi documenti segreti, ma voi non li avrete mai.
- Lo sapevo! Non avete pianificato l'11/9 e non avete veramente sparato a quel tizio!
- Ragazzi, non capite. La gente ha bisogno di credere che siamo onnipotenti. Che controlliamo il mondo. Se sanno che non siamo stati la causa dell'11/9 sembrerà che non controlliamo niente.
- Beh, perché non dite semplicemente alla gente la verità?!
- Abbiamo fatto anche questo. E la maggior parte della gente ci crede. Ma un quarto della popolazione è composta da ritardati. Se vogliono credere che controlliamo ogni cosa con piani intricati, perché non lasciarglielo credere?

Fino al magnifico colpo di scena finale.

- Ma il sito era curato dal governo?
- Sì.
- Quindi, chi è stato il responsabile dell'11/9?
- Che vuoi dire? Un mucchio di musulmani incazzati.
- Già. Cosa sei, ritardato? (rivolto a Kyle, ndr)

Siamo dunque creduloni imboccati da feticci mediatici o ritardati cervellotici alla ricerca oltranzista del marcio? Dove sta il punto ultimo di questa emicranica mise en abyme, nella superficie o nella contorsione?

Fino a prova (prova, non invettiva o che altro non riscontrabile da fatti accertati) contraria, tutto ciò che va contro la superficie è pensiero che va contro l’ufficialità e che va soprattutto contro il rispetto della dignità delle persone e sportivi coinvolti.

In alto i calici e viva il tennis arena, quindi (scusate se brindo con l’acqua). Ma senza dimenticare di pensare. Sempre. Senza pregiudizi e/o partito preso. Il mutamento percettivo da realtà paradisiaca a quella in cui “le creature di fuori guardavano dal maiale all'uomo, dall'uomo al maiale e ancora dal maiale all'uomo, ma già era loro impossibile distinguere fra i due” (conclusione de La Fattoria degli Animali di Orwell) e viceversa è costantemente a distanza di un battito.

Fatti e interpretazioni non sono mai veramente tali.

Riccardo Nuziale

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